La Valle dello Jato, circondata a nord da una dorsale di rilievi montuosi che la separano dalla Conca d’Oro, ci accoglie superato il Vallone della Chiusa, fertile di vigneti e abbondante di acque, ma soprattutto ricca di testimonianze storiche. Emergenze archeologiche greche e romane, casali, mulini, masserie testimoniano l’intensa vita svoltasi in questi luoghi. Un’area che grazie alla sua ubicazione e morfologia ha avuto un ruolo strategico da tempi antichissimi e che ha suscitato grande interesse anche per la fertilità del suolo. Alle spalle della città e nascosta dalle montagne, le vicende storiche della Valle sono strettamente legate alla storia di Palermo. I dipinti di Grotta Mirabella testimoniano la presenza dei primi abitanti in epoca preistorica. Su Monte Jato sorse il primo insediamento di abitazioni attorno al primo millennio a.C., da qui si dominava la valle sottostante e la vasta area ai piedi della Rocca Busambra, un luogo quindi sicuro e difficilmente accessibile soprattutto dal versante nord in direzione della città. Attorno al VI sec. a.C., si ebbero i primi contatti col mondo coloniale greco, il Tempio di Afrodite, primo edificio pubblico sul Monte Jato, risale infatti a quel periodo. Quindi nel IV sec. a.C., nell’ambito di una ripresa economica e urbanistica avviata da Timoleonte in Sicilia, la città di Iatas fu riscostruita e dotata di nuovi edifici: il teatro, l’agorà, la casa privata a peristilio. Qundi Iatas cadde sotto il dominio Cartaginese sino alla conquista da parte di Pirro re del’Epiro nel 278 a.C.. Successivamente, nel corsodella Prima Guerra Punica, (264 a.C.), gli ietini si consegnarono ai Romani e ripresero possesso del Monte. Nel 79 d.C. Ietas (denominazione latina) divenne una delle 45 città siciliane tributarie di Roma. Quindis eguì la dominazione Bizantina sino alla conquista araba del 827. Alla fine del XII sec., la Valle dello Jato faceva parte della Magna Divisa Iati, che con la Magna Divisa Corilionis e la più piccola Kalatatrasi costituiva il vasto territorio dell’Arcivescovato di Monreale. Un documento del 1182 contiene la distinzione dei casali concessi da Guglielmo II il Buono al Monastero di Santa Maria la Nuova e l’esistenza di 10 mulini tra cui è citato il mulino dello Jato (oggi rudere). Il frumento, che rappresentava la maggior fonte di reddito, veniva ammassato nelle procure dove l’arcivescovato imponeva i dazi. Nel 1246 gli Svevi di Federico II distrussero la città, i musulmani che l’avevano abitata fino allora furono costretti ad abbandonare i casali ed esiliare a Lucera in Puglia.

Una carta del 1567 delinea l’organizzazione del territorio diviso in feudi, il grano veniva ammassato nelle procure della Scala, Alcamo, Balletto e Busachino. Più tardi, nel 1779, il Principe Beccadelli Bologna fondò il centro di San Giuseppe dei Mortilli, l’attuale San Giuseppe Jato, nell’omonimo feudo attorno ad un casale ed una chiesetta dei gesuiti che erano stati espulsi dal regno da Carlo III re di Spagna.

 

L’itinerario

 

Si consiglia di raggiungere la Valle dalla vecchia strada che costeggiando la Conca d’Oro, sale per Monreale, Pioppo, Giacalone, P.lla Paglia, quindi attraversa il Vallone della Chiusa ed infine si apre sull’ampia vallata. A sud si innalza il Monte Jato (l’area archeologica dagli inizi degli anni 70 è oggetto di studio e scavi da parte di una missione dell’Università di Zurigo). L’accesso al monte è dalla località Perciana lungo la strada per Santa Cristina Gela, una deviazione a sinistra per una strada sterrata conduce in salita in prossimità della necropoli (qui l’itinerario si congiunge con un’altra strada che sale dalla Scala di Ferro), superata la Porta Occidentale si raggiunge la sommità di un pianoro dove sorgeva l’antica città. L’agorà, la piazzza principale, è del IV sec. a.C., quindi segue il teatro di tipo grecocon una capienza di 4.400 persone, composto da 35 gradinate. Qui sono state rinvenute 4 statue raffiguranti menadi e satiri oggi conservate presso l’antiquarium di San Cipirrello. La casa a peristilio è uno dei più grandi edifici privati rinvenuti del periodo ellenistico, essa si componeva infatti di due piani e ben 1600 mq. di superficie. Dall’ingresso si accede al cortile con colonnati, quindi sale banchetto, il bagno, cisterne ed il forno.

Adiacente alla casa vi è il Tempio di Afrodite, l’edificio più antico (circa 550 a.C.) a "okios" costituito da un vano posteriore, la cella ed il pronao separato da due colonne. Il percorso archeologico può concludersi con la visita al Museo Civico Jatino, che custodisce le "cariatidi", statue di menadi e satiri prelevate dalla facciata del teatro greco, ed altri reperti del periodo elimo, greco, romano.

Qui ha sede anche il Museo Etnoantropologico contenente un’ampia collezione di antichi pezzi di artigianato.

San Cipirrello è anche nota per le sue cantine di produzione dei vini Pietralunga e Solada che è possibile visitare. San Cipirrello è nata dalla frana che distrusse nel 1838 per due terzi l’abitato di San Giuseppe Jato. Gli abitanti scampati alla frana, edificarono la nuova cittadina in continuità spaziale con il vecchio centro. A San Giuseppe Jato si trova la Chiesetta delle Anime Sante, la Chiesa della Madonna della Provvidenza, la Chiesa di SDan Francesco di Paola che conserva all’interno sei dipinti su seta opera di Gabrile Meiring. A piedi, lungo la Valle, è possibile percorrere l’antico tratto della Regia trazzera che un tempo passava dalla Valle e collegava Palermo a Mazara prima dell’attuale strada di Portella della Paglia. Dal feudo della Chiusa, dove si trova un mulino, la cartiera e i ruderi della Masseria del ‘500, si procede in direzione della Masseria della Procura dove venivano pagati i dazi, quindi a destra si sale per la "scala della Corte" lungo il Vallone della Procura, giungendo alla Masseria Cannavera e alla Portella Busino. Dalla Masseria della Procura è possibile raggiungere anche il Santuario della Madonna della Provvidenza.

Il Percorso dei Mulini testimonia l’antica vocazione agricola della zona: lungo il fiume si trovano il mulino Gambascio; il mulino Jato del 1182, il più antico; il mulino del Principe, costruito nel 1800 dal Principe di Camporeale, molto scenografico per la condotta d’acqua su arcate ogivali; il mulino della Povvidenza, anch’esso del 1800.

Lasciato il fiume, si raggiunge la Masseria Dammusi, prima casale dei Gesuiti, poi trasformato in residenza estiva del Principe Beccadelli.