• La Festa di San Francesco di Paola in Palermo

 

 

 

 

 

 

 

 

In Sicilia, come un po’ dappertutto, oltre il santo o la santa patrona di un comune, si ha sempre un altro santo o santo che raccoglie le simpatie dei devoti e con la simpatia la venerazione, che confina, se talora non supera, con l’adorazione. E però se Messina vanta l’Assunta, Catania Sant’Agata, Siracusa S. Lucia, Girgenti San Calogero, Caltanissetta S. Michele Arcangelo, Trapani, l’Annunziata; Messina, Catania, Siracusa, Girgenti, Caltanissetta, Trapani e via discorrendo vantano pure e venerano di preferenza quale un santo e quale una santa, con preghiere, voti, offerte. Tra questi santi non è ultimo Francesco di Paola, specialmente nei paesi nei quali era ed è un convento di frati Parlotti, che teneva e tiene desto il culto del buon fraticello di Paola: Termini, Castrogiovanni, Nicosia, Girgenti, Sciacca, Castelvetrano, Salemi, Pacco, Trapani, Marsala, Mazzara, Alcamo, per dire solo di una delle due province monastice paoline dell’isola. Palermo ha S. Rosalia, ma ha altri compatrioni: i SS. Cosimo e Damiano, dei quali dirò nel seguente articolo e S. Francesco di Paola, al quale fa una festa annuale e consacra tutti i Venerdì e con particolarità i primi tredici dell’anno. Il nostro Santo fino al 1860 avea in Palermo quattro chiese: S. Francesco di Paola fuori Porta Carini, con uno splendido convento provincializio, ov’era un noviziato; S. Maria della Vittoria a Mezzo Monreale, con un altro convento; i Sett’Angeli, con monastero di donne, presso il Duomo; S. Franchisello, con una congregazione, in via Candelai. Dopo il 1866 la chiesa della Vittoria, dov’era conservata una bandiera che la tradizione voleva del Re Ruggiero il Normanno, diventò quartiere militare, ed i Sett’Angeli, Scuola Superiore Femminile. Il convento di S. Francesco di Paola fuori Porta Carini è l’ombra di se stesso. I lunghi corridoi delle cento celle dei frati, sono stati tramutati in gran quartiere di fanteria. Spariti gli affreschi del chiostro rappresentanti la vita del Santo; sparito egualmente il più grande, il più artistico tra tutti: quello della morte di Lui, nella Portineria, opera del celebre Zoppo di Ganci. I pochi sacerdoti che officiano la chiesa, confinati in quella parte che fu già noviziato, bastano col loro buon volere e zelo a tener vivo il culto del Santo. E qui accorrono numerosi i fedeli della città, e da qui s’irraggia per la città medesima e si diffonde per la Conca D’Oro lo spirito di devozione pel Santo. Uomini e donne indistintamente gareggiano di devozione al Santo Padre (nome sotto il quale s’intende S. Fr.), ma le donne specialmente; e tra esse in particolar modo le incinte. In tutti i Venerdì dell’anno tu le vedi recarsi dalle case loro a "fargli il viaggio". Chiamasi viaggio l’andata in chiesa recitandosi un rosario, come tanti se ne recitano in Sicilia, consistente in una orazione, ripetuta, con una corona alla mano, 13 volte, ad ogni dieci voltetramezzata da un gloriapatri, seguito da una altra orazione, che chiameremo paternostro, per distinguerla dalla prima, che è un’avemmaria. Il rosario si recita da due o più persone, e si principia ad una certa distanza dalla chiesa.Una donna dice: - Diu vi sarvi, Santu Patri, tuttu chinu ‘i caritati! e l’altra o le altre rispondono: - Ajuatatimi e assistitimi, ‘nta li mè nicissitati! Alla fine della posta è il gloriapatri, da recitarsi in comune, e l’orazione:  San Franciscu di Paula mio dilettu, Viniti a la mè casa, cà v’aspettu, E aspettu ‘n vostra compagnia Gesù, Giuseppi e Maria. V’aspettu cu gran divuzioni Grazia vogghiu e cunsulazioni: Pi li tridici uri chi parràstivu cu Maria. Cunciditi sta grazia a mia. L’ultima posta del rosario (e le poste son 15) deve coincidere in vicinanza della chiesa, e allora si attaccano le litanie, le quali si dicono in chiesa nell’offrirgli il viaggio. Quivi la donna incinta si presenta ad un oblato che siede ad un tavolo, contro la elemosina di qualche soldarello riceve un cordone di lana nera, una candeluzza avente attorno in forma spirale una strisciolina con la leggenda stampata: Ora pro ea S.P. Francisce de Paula. Ut digna efficiatur promissionibus Christi, una o più fave nere dette favi palini, e qualche ostia benedetta. Il cordone si cinge alla vita e si fa benedire da un sacerdote dell’Ordine; le fave, ricordo di quelle che il Santo soleva, secondo la leggenda, dare ai divoti, si mangiano per devozione in momenti di gravi disturbi fisici, oppure si conservano come preservativi di mali; l’ostia si ingoia all’apperssarvi dello sgravo; la candeluzza si accende nelle ultime doglie quando allo sgravo della povera incita si presume necessario l’intervento del Santo. La candela brucia brucia, le parole si consumano, e le doglie crescono, incalzano violente e frequenti sì che il lume non si è spento ancora ed il feto è venuto alla luce. I primi tredici Venerdì dell’anno, da Gennaio a Marzo, dalla chiesa e dai fedeli vengono celebrati con grande solennità: e sono proverbiali sotto il titolo di Tridici Vènnari. Ma perché questo giorno favorito della settimana? Perché 13 e non 12 0 14 i Venerdì? E perché il rosario di 13 paternostri e non uno di più o meno? È  presto detto: S. Francesco di Paola, secondo la storia, nacque e morì di Venerdì; secondo la leggenda, avrebbe avuto un colloquio con la Madonna, e questo sarebbe durato 13 ore. Nato il 27 Marzo 1416. Egli avrebbe avuto concesso da Dio 13 grazie al giorno, liberissimo di dispensarle ai suoi devoti. Se non che, pare si appongano al vero coloro che trovano la ragione del n. 13 nella predilezione che il Santo ebbe per i 12 apostoli con G.C. In chiesa è in gran da fare in messe lette, messa cantata, compieta solenne, sermone, processione della reliquia del Santo: tutto preceduto da scampanio allegro di tre campane battezzate sotto i nomi di Cicca-Paula (Francesco di Paola), Oliva e Michela: una delle quali, perché malandata è uno strazio d’orecchi. I tredici sermoni, una volta affidati ad un "soggetto"dell’Ordine, che ne riceveva un compenso in onze 3 (L. 38,25), ed ora ad un sacerdote qualunque, svolgono vita, morte e miracoli del taumaturgo dietro la scorta del più illustre biografo di esso, il Perrimezzi. Alla fine del 13° Venerdì non si fa più nulla, perché sopravviene la Settimana Santa. Bisogna attendere la seconda Domenica seguente alla Pasqua per la festa annuale, che è un fistinu nicu della città, superiore a quello della Madonna del Carmine.