l'eroe solitario Da
piccolo sentivo ripetere che "i Comunisti mangiavano i bambini e
che erano persone cattive ed invidiose". Diffamazione che mi rimase
impressa negli anni della fanciullezza e che svanì nel nulla, quando
conobbi 'u zu Lunardu Librinu, compagno con la "C" maiuscola.
Nonostante la mia giovane età, capii subito che quella infamia
nei confronti dei Partito Comunista Italiano era una farfantaria (bugia)
messa in giro dai ,soliti" per denigrare l'operato degli avversari
politici, calunnia, che anche oggi, qualcuno fomenta e ripropone, sperando
di conquistare qualche consenso elettorale in più. Leonardo Gendusa,
resosi famoso come Lunardu Librinu, portava con serena dignità
tale soprannome, indispensabile
per accertare il ceppo d'origine, poiché in paese i Gendusa sono
tanti; Stillo, Panza, Faccícizza, Spirlingrisi, Mangiasuli, ecc.
'U zu Lunardu "apparteneva" ai Librini. Il nostro amichevole
rapporto ebbe inizio quando seppe che scrivevo canzoni popolari. Un giorno
mi mostrò dei quaderni dove aveva raccolto un cenfinaio di poesie,
alcune in italiano ed altre in dialetto. Per me fu una grande sorpresa.
leggendo quei versi ebbi modo di esplorare l'animo e di apprezzare la
sensibillità di Leonardo Gendusa. Altro che mangiatore di bambini.
Le sue poesie parlavano d'amore fraterno, d'i giustizia, di natura, di
stati d'animo ecc. Scoprii un uomo dalle virtù nascoste. Leonardo
era nato il 16 febbraio dei 1910 ed è morto il 15 marzo dei 1997;
nonostante non si fosse fatto mai i cavoli suoi, è vissuto 87 anni,
di cui tredici di questi, trascorsi tra vita militare e prigionia. Catturato
dagli Inglesi in Africa, fu trasferito in India e successivamente in Australia.
Tornato a casa il 6 dicembre dei 1946, nel mese successivo s'iscrive al
partito comunista. Di professione esercitava il mestiere di imbianchino,
occupazione che svolse fin quando le forze glielo consentirono; lavoro,
che dovette abbandonare per un intervallo di circa quattro anni, poiché
una forte crisi economica, costrinse tanta gente, compreso il nostro eroe,
ad emigrare a Calvy (Germania), seconda patria di molti emigrati chiusesi.
Leonardo pare, che lavorasse presso una fabbrica di gessetti. Le condizioni
climatiche ed una tormentante nostalgia lo riportarono nella sua Chiusa.
'U zu Lunardu aveva conseguito a stento la prima classe elementare, ma
poiché era dotato di una morbosità di conoscenze leggeva
continuamente, tanto da accumulare nel tempo, una cultura davvero ragguardevole.
Leggeva e scriveva, scriveva e leggeva. Ogni articolo di giornale che
riteneva valido per "la causa" lo ritagliava e lo conservava;
con meticolosità appuntava anche ogni avvenimento che si verificava
in paese. E grazie al "nostro eroe", oggi è possibile
ricostruire le vicende dell'ultìmo cinquantennio di Chiusa Sclafani.
In ventinove libri c'è di tutto. Un racconto appassionato e meticoloso
fatto di date, persone, riferimenti, appuntamenti, persino discorsi. Vengono
narrate le lotte dei braccianti forestali, quella dei lavoratori a domicilio,
ecc. Non è certo dimenticata la vicenda dell'accorata richiesta
dei locali della stazione ferroviaria da parte della cooperativa Alberobello,
per adibirla a sede di trasformazione dei prodotti tipici locali, così
come le difficoltà per la costituzione della cooperativa edile
Rinascita. Racconta anche l'evento dei Natale dei 1977, quando fu rapinato
il circolo socialista Brodolini di Chiusa Sclafani. Raccoglie anche la
rabbia dei compagno Provenzano che lamentava la mancanza d'acqua nelle
"biveratoie paesane" e altrettante storie che vale la pena leggere
per capire ed approfondire. Sovente lo si incontrava con i giovani a parlare
di politica, ogni occasione era buono per cercare di portare forze giovani
nel Partito Comunista. Faceva riferimenti storici, citazioni, date, mettendo
spesso in difficoltà quanti lo ascoltavano, di sicuro non per cattiveria,
ma per mostrare che anche lui era erudito e quindi titolato a dialogare.
Insomma, era fatto così. La suo "ascesa politica" iniziò
nel 1964 quando fu eletto consigliere comunale con i compagni Vincenzo
Notte e Giuseppe Puccio. Nel 1969 la lista P.C.I. porta in consiglio un
solo candidato, che sfortunatamente decedette dopo qualche mese. Leonardo,
in quanto primo dei non eletti, subentrò nella carica. Racconta
"il nostro eroe" che furono anni terribili, perché venne
accusato dal Suoi stessi compagni di partito di "essersi venduto"
alla Democrazia Cristiana. Infatti, il suo voto fu decisivo per la creazione
di un'amministrazione di centro-sínistra composta da undici consiglieri
(DC, PSI, e P.C.I.) contro i nove dei l'opposizione. Egli si difendeva
sostenendo che aveva scelto il male minore, in quanto il "sindaco
era un operaio" e pertanto era giusto votarlo, perché avrebbe
difeso la classe operaio". D'altronde il nostro eroe per gli operai,
aveva un debole. Forse, lungimirante com'era, aveva intuito viceversa,
che i tempi erano maturi per il futuro compromesso storico. Nel suoi scritti
emerge la voglia di riscatto per l'Italia "schiava dei capitalismo
americano"; arriva ad anticipare, già negli anni Settanta,
un'Europa unita e forte contro lo strapotere dell'America. Alcune pagine
sono accuse durissime contro il lavoro nero, in particolare quello femminile
a domicilio. Prende finanche posizione sul problema della disoccupazione,
raccontando tutte le vicende che portarono il governo nazionale ad emanare
la famosa legge 285/77 sull'occupazione giovanile. Viene raccontata, inoltre,
la vicenda umana dei giovane compagno Vincenzo Caldarera, il quale a causa
di una disfunzione cardiaca rischiava la vita. In quell'occasione vi fu
una massiccia partecipazione di solidarietà, non solo della popolazione
chiusese, ma anche dei paesi limitrofi. Gendusa, con parole toccanti,
racconta l'avvenimento e la grande commozione per la grave malattia dei
povero Caldarera. Circostanza che portò il nostro eroe a girare
le Camere dei lavoro dei paesi vicini, invogliando gli iscritti a contribuire
alla raccolta di sei milioni che dovevano servire ad operare il compagno
Vincenzo, alla clinica Villa Pia di Torino. Dei compagni più giovani
ha una grande venerazione; simpatizza particolarmente per Giuseppe Bilello,
ma apprezzamenti trovano anche Pietro Ragusa, Giuseppe Cerasa, Dino Paternostro,
Pino Colca, finanche i compagni socialisti Ignazio Volpe e Giuseppe Cicchirillo,
il cui partito, "per la sete di potere si è alleato con la
Democrazia Cristiana". Dà grande enfasi alla prima festa dell'unità
tenutasi il 5,6,7 agosto dei 1977, il nostro eroe, tiene a precisare:
"la prima nella storia di Chiusa Sclafani", dove dice di essere
stato "soddisfattissimo per la riuscita", in quanto oltre al
consenso di folla, si era raccolta la somma di 1.200.000 di lire, di cui
1.069.300 erano servite per pagare le spese e la restante differenza "servirà
per pagare l'affitto della sede della Camera dei lavoro". Nello stesso
capitolo mi trovo citato, insieme con gli altri amici dei complesso "Raccordo
Anulare", per avere offerto gratuitamente una serata musicale. Il
nostro eroe, dopo avere scritto i libri, li faceva leggere ad amici e
conoscenti, i quali, puntualmente, vengono menzionati nelle ultime pagine,
con i relativi giudizi sul suo operato politico. Gran parte di questi
apprezzamenti sono segni affettuosi di stima e di compiacimento. Per l'insegnante
Pasqualino Cottone: ''Leonardo Gendusa è una persona simpatica
e molto affettuosa con tutti, qualunque sia il suo credo politico democratico
professato dal suoi interlocutori. Egli ama il prossimo come se stesso,
è, in linea, a mio giudizio, coi Precetto Evangelico, desidera
fare agli altri ciò che ogni uomo fosse fatto a se stesso".
Giuseppe Bilello dice: "Per noi giovani militanti deve essere un
punto di riferimento per il nostro impegno costante e coerente. Se si
desidera esprimere un parere sul compagno Gendusa Leonardo, non si può
fare a meno di ringraziarlo per l'altìvità svolta, a ora,
sapendo che per tanto tempo è stato come una luce nella tempesta,
per tutto il movimento'. L'undici dìcembre dei 1976 annota che
"i braccianti a Chiusa Sclafani sono passati da 33 a 154 iscritti",
ed orgogliosamente completa la pagina dicendo che "mi costerà
sacrifici, ma non mollerò mai, di fronte ai desiderosi di vedere
indietreggiare la nostra CGIL che è stata la guida degli operai
di tutte le categorie". Il 22 dicembre dei 1976 la sezione veniva
trasferita da Via Zito, 2, in Via Zingari n. 14 luogo, secondo Gendusa
" più accentrato dietro la Piazza di S. Rosalia il cuore dei
paese, Vi' sono concentrati auti dí linea, e c'è pure la
Polisportiva". Entusiasmo che venne meno perché la sede era
troppo distante da casa sua; infatti, quando la Sezione si trasferì
il 1 marzo 1978 in via Cannella, 5, ebbe a dire, esagerando un po' , che
"Finalmente non farò più cinque chilometri al giorno
per andare a lavorare". Non accennare alla poesia di Leonardo Gendusa
sarebbe come nascondere una parte della sua vita. Scriveva in italiano
ed in versi, una poesia semplice nella forma ma ricca di contenuti. Per
anni ha lavorato sodo, combattendo contro un sistema che certo non era
facile, anzi ostile, che emerge in ogni riga dei suoi volumi; nonostante
ciò, non sì arrese mai a nessuno. Con serenità e
abnegazione, convinto che la causa di tutti i mali dei mondo era dovuta
"all'imperialismo americano", e che presto o tardi potesse essere
annientato. Una fede certa, convinto che il mondo intero si sarebbe ravveduto
e che potesse creare quella nuova società fatta di giustizia e
d'i uguaglianza che solo i miti e gli umili aspirano. Sognatore utopico,
ma senza alcun dubbia, uomo! Uomo vero, con i suoi limiti, che ha saputo
tenere ferma la fede dei comunisti locali contro un sistema politicamente
molto più forte. L'amarezza di trovarsi solo contro tutti la manifesta
il 21 gennaio dei 1977, in occasione dei suo trentesimo anniversario d'iscrizione
al Partito Comunista, circostanza che viene festeggiata con l'affetto
di diversi compagni, che in quell'occasìone gli regalarono cinque
volumi della storia della Terza internazionale socialista; ricordando
la lunga militanza, ebbe a dire: "I sacrifici che Facevo erano una
medicina che mi legava sempre più al partito. Non era solo sacrificio,
ma anche qualche umiliazione capitava spesso. Capitavano circostanze curiosi,
spesso ci chiamavano i maresciali che comandavano la stazione, e ci metteva
sempre In brutte acque, ci minacciavano, non era solo la minaccia che
ci impressionava, la chiamata in caserma, mia moglie, mia madre, si impressionavano
quando vedevano i carabinieri davanti la porto, ma questo accadeva spesso,
ci mandavano a chiamare pure il parroco, qualche amico insegnate, per
distoglierci la niziativa verso il partito. Quelle trenta tessere che
il 3 7 gennaio festeggio testimoniano l'attività di militante,
non li passai tranquilli, ma tribulanto continuamente, e senza pensare
neanche agli interessi di famiglia. Ogni anno il rinnova della tessera,
per mè era una conquista, perché ci teneva ad avere una
tessera in più; e le conservava come se quelle tessere fossero
per un raggiungimento d'una pensíone. Ma l'importanza era ancora
a molto elevato, mi credeva l'uomo più libero del paese, non dipendeva
da nessuno, se a qualche persona la voleva rispettare, non l'ho faceva
per paura, come se voleva montare a quel paese, non era neanche paura.
Per trent'anni, sono stato libero. (pag. 39-40 "fatti di casa nostra"
di Leonardo Gendusa). Anni in silenzio, fatti di grossi sacrifici e difficoltà,
ma impronfati a sostenere la classe operaia. E finalmente arrivarono i
giovani compagni, come Leonardo li chiamava: Giuseppe Bilello, Pietro
Ragusa e Giuseppino Cerasa che nel tempo e a lunga corsa si sono rilevatí
"cavalli di razza". Un profeta che ha aspettato per decenni
l'avvento di nuovi cuori comunisti che avrebbero potuto degnamente sostituire
e riscattare la sua opera. Una delle sue virtù più spiccate
era la pazienza, che sposata al suo sorriso sereno e sincero lo facevano
apparire un eroe sognatore. E si! Eroe lo era per davvero, solitario,
ma eroe. Tenere alto il vessillo comunista in quegli anni di dominio democratico-
cristiano non era facile. Ma il nostro eroe, pur nell'ema rgi nazione,
nella sudditanza psicologica, nel silenzio, per tutta la sua vita non
si è mai chinato ai potenti, anzi è rimasto "in piedi"
contribuendo a difendere le attese dei compagni chiusesi. Uomo mite e
sereno, da tutti riconosciuto come "cristionu bonu", ma io aggiungo,
non fesso, visto che, dalle nostre parti i due aggettivi vanno a braccetto.
A differenza di Don Peppone il nostro eroe intratteneva con i sacerdoti
locali un ottimo rapporto. lo sì Incontrava spesso a dialogare
con padre Fici di cui aveva grande stima, così come con mons. Giuseppe
Cataldo. Al suo capezzale era posto il quadro della Sacra Famiglia, e
non ha vietato mai alla sua signora di frequentare le funzioni religiose;
i suoi libri sono un continuo richiamo al quel Gesù "che doveva
essere comunista' visto che il suo programma politico coíncideva,
per certi aspetti, con quello dei compagni . Una volta mi arrivò
a dire che Gesù era socialista, io ridendo risposi che personalmente
non l'avevo visto votare, nè fare comizi per le sinistre, così
come per altri partiti. Pazienza!
Era questo il clima di quegli anni. Il mondo è veramente cambiato.
Peccato che il nostro eroe non ha visto Massimo D'alema presidente del
Consiglio o l'entrata di parte del grande impero Russo nella Nato. Di
certo di una cosa sono sicuro, da lassù farà il tifo per
Cofferati e magari dibatterà ed insisterà con s. Pietro
per sapere se Gesù tifa per l'Ulivo o per il Polo. Comunque sia,
caro eroe solitario, grazie per tutto quello che hai fatto. Grazie per
la tua disponibilità, per il tuo coraggio e l'abnegazione. Leonardo
"eroe solitario di sinistra", io ritengo che gli eroi sono di
tutti! Purtroppo, peccato che ne nascano sempre meno! |