Un
medico di campagna
Non era solo il titolo di un suo libro, ma era lo
stile di vita di un professionista che aveva fatto della medicina una
missione nel suo paese natio. E dire che avrebbe potuto ambire, data la
sua preparazione, a ruoli e posti più prestigiosi, ma lui ha preferito
così. Chissà forse spinto dall' amore che ha sempre avuto
e mantenuto per la sua terra, manifestato non solo con un attaccamento
sviscerato per la sua gente, ma anche, reso noto con alcune pubblicazioni
che sono rimaste pietre miliari nella storia di Chiusa Sclafani. Uomo
umile e mite che rendeva umana la sua professione. Un'attività
svolta con dignità
ed abnegazione, dove l'esperienza, conseguita giorno dopo giorno, diventa
elemento indispensabile per acquisire la fiducia dei pazienti. Una figura
che è rimasta indelebile nella memoria delle ultime generazioni.
Era metodico. Alle otto dei mattino, con il suo passo lento e dondolante
appariva, con i suoi cento chili abbondanti, dall'atrio dei castello che
fu di Matteo Sclafani; attraversava Piazza Castello, quindi passava davanti
il circolo Trinacria, il municipio, via Ferina ed ecco arrivato all'Ufficio
postale. Ritirava la posta, poi il giornale dall'amico Nino Masseria e
tornava a casa rifacendo inversamente il medesimo percorso. Nelle giornate
di pioggia utilizzava la sua 127 verde. L'ambulatorío, che nel
frattempo lasciava aperto, al ritorno era già gremito e quindi
poteva iniziare le visite mediche che si protraevano finché non
c'era più nessuno che chiedeva di essere visitato. Per tutti, oltre
alla medicina, aveva sempre una parolina dolce e rassicurante che rappresentava
la vera cura a tante sofferenze, non solo fisiche, ma anche psicologiche
e purtroppo economiche. Nel pomeriggio si recava a visitare i suoi malati
con la pazienza e la gentilezza di un galantuomo spinto dalla passione
e l'amore per il prossimo. Uomini di altri tempi, che non hanno niente
di meno di quei medici "in prima linea" che puntualmente la
televisione ci propina. la domenica pomeriggio partecipava alla santa
Messa celebrata dal suo carissimo amico padre Vincenzo Fici, interlocutore
per qualche ora preserale al circolo Trinacria. A lui era riservato l'angolo
a destra della chiesa di san Sebastiano; se ne stava lì immobile,
raccolto come se non volesse farsi notare. Padre e marito esemplare, sfortunatamente
rìmasto vedovo in età giovanile seppe mantenere un
serio contegno, senza mai creare dicerie o pettegolezzi. Non esisteva
malattia che lui non spiegasse al suoi pazienti. In siciliano perfetto,
trovando espressioni scientifiche facilitate, esprimendole nella maniera
più comprensibile ed accessibile a tutti: malattia, decorso e cura.
E se per caso i suoi pazienti non capivano, tornava a rispiegare. Dei
suoi malati conosceva ogni loro segreto. la gente con lui si confidava;
sapeva inoltre ascoltare virtù oramai dimenticata. E li ascoltava
fissandoli negli occhi, nel frattempo, mordicchíandosi le labbra,
vizio, si fa per dire, che non riuscì mai ad abbandonare. Per Giuseppe
Di Giorgio ognuno, anche Il più umile e semplice, nascondeva un
tesoro prezioso per agli altri. Medico, confessore, amico, una lunga sommatoria
di professioni conseguite sul campo che metteva a disposizione della sua
gente. Era nato a Chiusa Sclafani il 16 novembre del 1915. Il padre Ferdinando
svolgeva la professione di farmacista ed era discendente, da tre generazioni,
di un'illustre dinastia di speziali ed aromatai.
la conoscenza farmaceutica, argomenti che aveva appreso da ragazzo sostando
nella farmacia dei padre, intento a preparare pomate, infusi di poligola
e figlio per le affezioni polmonari, colliri, ecc. gli consentivano di
sapere dare la giusta prescrizione medica ai suoi pazienti. Giuseppe,
terminate le scuole elementari, proseguì gli studi classici. Conseguita
la maturità si iscrisse alla Facoltà di Medicina e chirurgia,
che frequentò con assiduità e passione, laureandosi nel
1941 in Medicina e Chirurgia con 110 e lode. Negli ultimi anni di frequenza
si perfezionò nelle varie materie (specialmente in
medicina chirurgia ed ostetricia), per cui, quando iniziò la professione
di medico condotto, aveva giù una certa preparazione, con la quale
poté affrontare con sicurezza i casi più disperati. Sposò
Celestina Cornetta, dalla quale ebbe tre figli: Celestina, Ferdinando
e Maria Pia; purtroppo, la sua compagna lo lasciò troppo presto
con i tre figli in tenera età. Nonostante la morte prematura della
moglie, al figli non venne meno l'affetto, colmato "dalla meravigliosa
e bellissima nonna Sebastiana Napoli Per anni esercitò la professione
di medico condotto e successivamente anche quella di Ufficiale Sanitario.
Era un medico senza orari né onorari e conosceva benissimo la sua
professione. Chirurgo, ginecologo, dermatologo, ecc. era uno degli ultimi
medici condotti a sapere risolvere i casi di primo intervento, il tutto
contraddistinto da una modestia francescana. Una umiltà che mantenne
anche quando fu nominato ufficiale sanitario. Dal 1980 fino al 1987 tenne
l'attività come libero professionista, dedicandosi anche con passione
alla medicina preventiva contro i tumori e la droga. Il buon Dio lo chiamò
a sé qualche giorno prima dei Natale del 1996, lasciando tra i
suoi pazienti e compaesani l'affetto e la stima che per tutta la vita
l'avevano contraddistinto. Un uomo che ha sofferto nel silenzio e nella
solitudine di vedovo e di padre e che avrebbe lasciato volentieri al figlio
Ferdinando, ragazzo dotato di spirito libero, cui il mondo non ha avuto
mai confini, la sua eredità professionale, raccolta egregiamente
dalla figlia Maria Pia. La testimonianza più sincera è stata
il suo libro "Memorie di un medico di campagna", nel quale ha
saputo raccontare In maniera semplice la sua professione, il suo modo
di porgersi, la storia della sua gente e dei suo paese. Giuseppe Di Giorgio,
oltre ad essere un ottimo medico, è stato un valente letterato;
sulla scuola dei due grandi studiosi siciliani Giuseppe Pitrè e
Salvatore Salomone Marino, ha saputo, attraverso il rapporto clinico con
i suoi pazienti, evidenziare la ricerca antropologica e farla sfociare
in quella scienza più comunemente conosciuta come demopsicologia.
la sua opera risulta così preziosa perché semplice e vera,
dove emergono, a parte i suoi libri di storia, personaggi e poveri cristi
di cui nessuno ha fatto cenno, e che grazie alle sue pubblicazioni resteranno
immortali. Una maniera intelligente per ricordare la sua professione,
la storia dei suo paese dell'ultimo secolo, un secolo pieno di contraddizioni
e di speranze. Giuseppe Di Giorgio trasferiva lo stesso rigore clinico,
adoperato per i suoi pazienti, anche a tutti gli aspetti sociali e culturali.
Una radiografia ad occhio nudo che gli consentiva di carpire e catalogare
con capacitò scientifica, gli umani ed inumani segreti di ogni
suo paesano, rapportato con l'intera famiglia, andando così a costituire
un mosaico dell'intero tessuto sociale ed economico locale. A ciò
si aggiunga la conoscenza di ogni singola pietra dei paese. Da tutto ciò
si ottiene una mistura sapiente di elementi che con maestria ha amalgamato,
dando vita ad una rappresentazione di Chiusa Sclafani, di cui egli stesso,
non è solo il regista, ma anche l'attore protagonista, cambiando
di volta In volta ruolo e trama. Allo studioso Di Giorgio va dato anche
il merito di avere salvato dalla globalizzazione, oltre alla cultura di
un passato, condizione indispensabile per affrontare il futuro, la sapiente
cultura enogastronomia
di una comunità fortemente ricca di segreti com'è quella
chiusese, anticipando il nuovo filone dei turismo enogastronomico. Un
salvataggio fatto attraverso la conoscenza di prodotti e piatti tipici
che ha consegnato alle generazioni future, suffragato, tra l'altro da
supporti storici, su cui improntare una serie di iniziative valide a creare
presupposti di sviluppo. Tutta le sua attività letteraria costituita
da libri ed articoli è esposta in maniera semplice e comprensibile
e rappresenta la pietra miliare della storia di Chiusa Sclafani e della
sua popolazione. le opere più significative sono: Storici di Chiusa
Sclafani e della Frazione di San Carlo; Memorie di un medico di campagna;
Il Castello di Patellaro; Chiusa Sclafaní in
cucina usanze, tradizioni e ricette; Dizionario dei chiusesi (dal 1320
ai giorni nostri). Uomo, padre, medico, letterato modello da seguire;
l'uomo più insigne dell'ultimo secolo di Chiusa Sclafani e forse
per questo, per mantenere vivo il suo ricordo, sarebbe d'obbligo dedicargli,
almeno, la Biblioteca comunale dei suo, tanto amato, paese.
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