Salomone Marino sulle usanze pasquali nell'800 In questa rubrica, di volta in volta riporteremo brani di autori che oggi possiamo definire classici, relativi ad aspetti della cultura contadina (usi, costumi e tradizioni). Cominciamo con Salomone Marino dal cui volume" Costumie usanze dei contadini di Sicilia", edito nel 1897, abbiamo estratto una pagina dedicata alle feste pasquali. "La mattina del lunedì santo, quei rami benedetti (d'ulivi) si portano e piantano in mezzo ai campi coltivati, dal contadino stesso che li divelse dall'albero. Egli, nella settimana di passione, non smette il lavoro fino alla sera del mercoledì. La mattina del giovedì va in chiesa a far la confessione dei suoi peccati, si comunica, assiste alle sacre funzioni poi va in giro per le chiese del Comune a visitare il Sepolcro di Cristo, innanzi al quale prega fervorosamente e lungamente. Il venerdì e il sabato (salvo poche eccezioni) ritorna al lavoro, essendo solitamente, questo della Pasqua, tempo di lavori urgenti in campagna, quali la semina, del grano marzuolo, la sarchiatura, ecc... E ciò dà ragione del perchè alla processione del Cristo morto ed alla resurrezione veggonsi intervenire, nel Comuni rurali, in gran numero le donne dei contadini, in numero sparutissimo questi. Ma benchè sul campo lavori il devoto contadino non dimentica di fare il digiuno " a pane ed acqua" nel venerdi; sarebbe grave peccato il non farlo, perchè "il venerdì santo (egli dice) anche gli uccelli digiunano". I nostri villici non celebrano in modo speciale la Pasqua, né hanno speciali usi per essa. Per antica costumanza, che hanno in comune con altre classi sociali, ma che più stabilmente di esse conservano, pel giorno di Pasqua fanno le paci. Due congiunti, due amici, due vicini, due famiglie, hanno raffreddate o rotte le relazioni durante l'anno, per cagioni più o meno serie; e bene, il giorno di Pasqua, si cercano, si trovano, ed un abbraccio ed un bacio hanno tolto di mezzo ogni ombra, ogni dissapore, ogni nimista. Col risorgere del Cristo si vogliono veder risorgere e rifiorire le gioie dell'amicizia e dell'amore; ma è giusto notare, che a queste paci contribuiscono certo le confessioni e i pentimenti dei peccati e la comunione eucaristica, che ogni cattolico ha in obbligo di pigliare almeno la Pasqua. E non c'è contadino che tralasci la comunione eucaristica per la Pasqua. Un'usanza, rimasta ora al messinese, ma una volta praticata anche nelle altre parti di Sicilia, è questa che soggiungo. La mattina del sabato santo, grande copia di contadini d'ogni sesso ed età vengono dalle abitazioni campestri ai Comuni, o da' sobborghi alla Città: recano tutti delle bisacce o dei panieri con uova, pasta e pane confezionati in casa, caci, ricotta, ma principalmente polli. Sono i coloni, i mezzadri, i lucarii e annalori, che vengono a presentare ai padroni uno dei tre annuali tributi a cui sono tenuti o per contratto o per tradizionale uso. Perché è da sapere, che il tributu o dono (donu si chiama, più che tributu) che fa il villico, è sempre ricambiato dal padrone con altro dono, e cioè: l'ovu per Pasqua, lo scacciù per Natale, la sinava per la festa del Santo Patrono. Il tributo, ad essere giusti, è tutto a vantaggio del contadino, e tributario è di fatto il padrone. Perocchè l'ovu risulta non solo dall'ovo vero e proprio ricinto di pasta dolcificata (pupu cu l'ovu, cuddura d'ovu), ma da una certa quantità di pasta d'arbitriu (di bottega), da came, da qualche intingoletto, e da qualche moneta". |