Le feste celebrate per il santo il cui culto divenne di particolare rilevanza alla fine del XV secolo, si svolgono in diversi centri della Sicilia con riti che variano da paese in paese e che si concretizzano in banchetti o "cene" per i poveri del luogo.

Le Cene di S.Giuseppe a Salemi

Un processo di riappropriazione della nostra terra non può prescindere da una lettura della storia siciliana vista anche attraverso le tradizioni popolari che costituiscono, ancora oggi, un forte elemento di arricchimento culturale. Di tali tradizioni, che rappresentano, innazitutto, momenti di aggregazione popolare non disgiunti da una notevole carica di sentimenti, fanno parte un gran numero di feste, riti, cerimonie, in cui motivi pagani si mescolano a quelli religiosi. Fra le manifestazioni che ancor oggi hanno luogo nell'isola, un posto di sicuro rilievo è occupato dalle cerimonie in onore di S. Giuseppe. Secondo il Pitrè " ... l'uso del banchetto detto di S. Giuseppe e di altri usi popolari nel giorno 19 marzo... può esser nato... dalla sua particolar prerogativa... diessere il Santo tutelare dei poveri, degli orfani, di chi volge in grandi strettezze di vita... Il banchetto si fa da tutti i Siciliani con più o meno pompe, con maggior o minor lautezza e profusione di vivande". A Salemi, importante centro agricolo nella valle del Belice, antica Alcidia degli Elimi e Salem, "luogo di delizie", degli Arabi, che la conquistarono intorno ai primi decenni del nono secolo, si svolgono, da tempo immemorabile, "Cene" di S.Giuseppe estremamente suggestive e coinvolgenti, sia per gli "apparatiscenici" che fanno da sfondo al banchetti, che per il cerimoniale, costituito da suoni, da preghiere, da spari, da poesie. Il rito, che si poneva alle origini come rito pagano con carattere propiziatorio, fu adattato nel tempo a culto cristiano. Esso segnava l'inizio di un nuovo ciclo stagionale e del risveglio della natura (equinozio di primavera); dedicandolo a S.Giuseppe, divenne, in conseguenza, esaltazione della famiglia e del lavoro. Le "Cene",ancor oggi "sentite" e vissute dalla popolazione di Salemi consistono in banchetti offerti da alcune farniglie del luogo, per voto e/o devozione, a gruppi di bambini poveri (in numero di tre) rappresentanti la Sacra Famiglia. Talvolta i devoti possono estendere l'invito anche ad altri "Santi" o "Virgineddi"(così vengono chiamati comunemente tutti i personaggi) che impersonano in particolare S. Anna e S. Gioacchino. I preparativi della festa, che culmina nei riti del 19 marzo, si protraggono per diversi giorni. Alle donne, riunite nelle case ove avranno luogo le "Cene",è affidata la preparazione dei pani, elementi fondamentali del rito, modellati con speciali arnesi e straordinaria maestria. Tali piccoli capolavori presentano una notevole varietà di forme, nelle quali sono individuati temi pagani e cristiani, arricchitisi nel tempo con gli apporti della fantasia popolare. I pani rappresentano soggetti legati al mondo contadino quali fiori, cestinelli ricolmi di frutta, grappoli d'uva, baccelli di fava; animali quali farfalle, uccelli, cavalli, pavoni. "E da datare all'ascesa al trono di Sicilia di Carlo V d'Asburgo, ("Un'ipotesi sull'origine e sul significato delle "Cene"di S. Giuseppe" di A. Planeta Catalíotti). Le forme cosi modellate evidenziano una predominanza di elementi pagani, mentre la presenza di pani con immagini di pesci, agnelli, gigli, rose, angeli, o quelli inerenti all'attività di falegname del Santo, quali martello, sega, tenaglie testimoniano la valenza religiosa del rito. Alle donne delle case ospitanti ed alle foro vicine è demandato il compito di estrinsecare in tali manufatti la loro fantasia, con l'osservanza di una tradizione ben determinata, mentre è affidata agli uomini la costruzione della "cappelletta'' e dell'altare sottostante, in un ambiente dell'alloggío in cui si svolgerà la cena. La struttura portante di tale piccola "chiesa" viene rivestita interamente con rami di mirto e di alloro, "simboli agresti con significato propiziatorio" e decorata con arance, limoni e pani, tanto da dar forma a festoni di gusto rinascimentale. Al centro dell'altare, in alto, si pone un'immagine raffigurante la Sacra Famiglia e sul ripiano più basso vengono collegati i grandi pani, che corrispondono generalmente al numero dei "santi" invitati. Al centro della stanza si dispone la tavola del banchetto. Nei giorni antecedenti la festa si preparano le pietanze che verranno consumate il giorno 19 e dalle quali viene esclusa la carne poiché la cerimonia si svolge in un periodo di Quaresima. Il pranzo è il momento più importante della festa: i pani e l'altare vengono benedetti da un sacerdote, mentre i padroni di casa accompagnano i "Santi" a tavola, dopo aver loro lavato e baciato le mani; quindi, servono le pietanze che vengono divise anche con coloro che sono presenti al banchetto, perchè tutti possano ottenere, con questo rito propiziatorio, delle grazie ed assicurarsi bene ed abbondanza. L'ingresso di ciascuna pietanza nella stanza viene salutato da un rullo di tamburo (in passato veniva evidenziato da uno sparo di fucile), mentre la padrona di casa spiega il significato delle singole portate. Una componente importante della festa è rappresentata dalle cosidette "parti" di San Giuseppe, composizioni poetiche popolari che vengono tramandate oralmente di generazione in generazione e che, in forma spesso molto ingenua, esaltano le virtù dei "Santi" della Sacra Famiglia. Le invocazioni erano, in passato, di esclusiva pertinenza di "poeti",i quali, visitando le case ove si svolgevano i banchetti, recitavano in dialetto. Col trascorrere del tempo, tale consuetudine è andata purtroppo, scomparendo quasi dei tutto.