Il televisore, "il caro amico", oramai è entrato a far parte integrante della nostra vita quotidiana; compagno stimolatore delle nostre monotone giornate è assiso anche ad elemento "essenziale ed insostituibile". Suggeritore, consigliere, maestro, per la sua insostitui-bilità, ne abbiamo sistemato uno in cucina, uno nel soggiorno, persino nella zona più intima: la camera da letto. Ogni famiglia che si rispetti, possiede due o tre televisori, ciò, per assolvere a tutte le esigenze dei componenti dei nucleo familiare. Si accende la mattina e si spegne la sera. Oramai è l'unico elemento di certezza delle informazioni. Il televisore consiglia cosa mangiare, come vestirci, quale comportamento tenere, suggerisce come votare, ci intrattiene nel tempo libero, insomma, è il conducente della nostra vita. In passato, e mi riferisco agli inizi degli anni sessanta, le cose non andavano proprio così. Il televisore, special modo nel piccoli paesi, era proprietà delle persone più facoltose o di qualche circolo ricreativo o bar. La vita familiare, fatta di stenti e sacrifici, stimolava i componenti all'arte dell'arrangiarsi. Tra questi, Benedetto Orestano, uomo di grande ingegno, aveva escogitato il sistema per arrotondare il suo reddito sfruttando il nuovo strumento tecnologico. Benedetto Orestano, o se volete, 'U zu Binidittu, era figlio di Mastrangelo, stagnino di professione, re dei cortile degli Olivetani, un uomo di grande risorse e devoto della divina Provvidenza, tanto d'avere procreato dieci figli. In paese lo si ricorda sempre con stima e simpatia, con la battuta pronta e gradevole, e soprattutto, dotato di giudizio salomonico. Benedetto era il terzo o il quarto figlio, il quale, si distingueva dagli altri, per eleganza e compostezza, tanto da esternare un fare unico e reverenziale. lui la professione se l'era scelta con grande dignità ed amore. Fanatico com'era delle macchine, aveva deciso di fare il noleggiatore. A quei tempi bastava avere una macchina, calzini bianchi, un berretto, vestito scuro, occhiali da sole, aspetto piacevole e la licenza da nolo era conseguita. I benestanti per recarsi a Palermo o a Corleone, o qualche paese limitrofo, noleggiavano il taxi, mentre, i meno facoltosi utilizzavano la corriera. Antagonisti di Benedetto erano un signore piccoletto e grasso Il cui nome e cognome non l'ho mai conosciuto, ma da tutti era soprannominato 'u boruneddu', forse per l'aspetto ed il contegno che si dava, mentre, l'altro concorrente era Don Mimì Fici un uomo dall'aspetto minuto e sempre freddoloso. Si racconta, che anche d'estate indossasse i vestiti invernali; inseparabili erano la sciarpa attaccata al collo e la classica brilla. Caratteristica di Benedetto da sempre è stata l'allegria e la comicità. Nei momenti di pausa, lo si vedeva spolverare e lavare costantemente la sua 2800 Fiat nera, mentre, in bocca nervosamente rigirava, un prospiru (fiammifero d'i legno). le Domeniche d'estate, posteggiato davanti l'Ufficio Postale, aspettava i clienti per portarli al mare o alla festa di qualche paese vicino. Uno, due, tre, quattro, e così via, fin quando la macchina era piena; qualcuno ricorda che il numero spesso arrivava fino a dodici, cioè quattro persone in più. Un giro di chiave, un colpo d'acceleratore, l'area si intorpidiva di fumo nero e la partenza, anche se lenta, era assicurata, facilitata dal fatto che lasciava la vettura in leggero pendio. Binidittu era anche uno stimato batterista; da giovane aveva suonato con un gruppo musicale locale; quando incontrava i suoi ex colleghi, specie negli sposalizi, era disponibile ad accompagnare qualche brano musicale con il jazz, atavico nome della batteria. Ma la sua genialità era molto più grande e andava oltre il consentito. Intelligente com'era e coi senso degli affari, si era comprato un televisore della gloriosa marca Allocchio Bacchini. Al quei tempo, nel quartiere di Piazza Castello il televisore era in possesso, almeno che io ricordi, dei dottori Maniscalco, Di Giorgio, dei circolo dei Civili e dei bar di Carmínuzzu Di Chiara. Una sala attigua di quest'ultimo esercizio, di giorno utilizzato per giocare a carte, la sera, si trasformava in una sala televisiva. Era sempre affollatissima, la puzza di fumo e di sudore creava una "cappa pesante' che conciliava perfino il sonno. Benedetto, diversamente, per assistere al programmi televisivi, faceva pagare Il biglietto. la tariffa andava da cinque lire a persona, alle venti lire per l'intera famiglia, con l'obbligo, da parte degli utenti, di portarsi le sedie da casa. Si, perché, di sedie Benedetto ne aveva pochine; tra l'altro, costavano, ed era perfino difficile trovarle, infatti, tutti attendevano la fiera di s. Bartolomeo, il 24 agosto, per poterle comprare. L'audince maggiore era raggiunto durante le serate dei Musichiere o dei Campanile sera, due fortunatissimi programmi di giochi musicali che le trasmissioni di oggi scimmiottano a copiare. Le strade dei quartiere dopo cena, normalmente silenziose, si animavano con mormorii, rumori di sedie che venivano trascinate, urla eccitati di bambini, tutti di fretta si recavano verso il piazzale Canalicchio dove abitava Orestano. le sedie, spesse volte, venivano portate da noi ragazzi nelle ore pomeridiane per cercare di accaparrarsi "un posto in prima fila". Il televisore, posto al centro di una saletta di trenta metri quadri, priva di mobili e suppellettili vari, per favorire la presenza di più sedie, era coperto da una tendina bianca ricamata, le cui cadute laterali, lo facevano apparire sobrio ed elegante. Rimaneva spento fin quando la stanza non si riempiva di pubblico, cosa che avveniva mezz'ora prima dell'inizio della trasmissione. Si! La trasmissione per Benedetto iniziava alle otto e trenta puntuale; lui era solito ripetere che accendere prima avrebbe contribuito ad aggravare le spese della luce, che già erano abbastanza, in questo modo, Orestano giustificava le spese anche sostenute per il fantomatico biglietto. E non era neanche il caso d'anticipare l'inizio delle trasmissioni, poiché, come diceva Benedetto, il notiziario, che di solito precedeva il programma principale, era di scarso Interesse, perché riguardava fatti, notizie ed avvenimenti molto lontani dal paese. Alle 20,30 in punto, la signora Angilina, come da copione, toglieva il velo che copriva l'apparecchio ed aspettava che il marito, con un tono di voce autorevole, la invitas a pigiare l'unico bottone per accendere il televisore: "adduma!" Un attimo di silenzio riempiva la stanza, tutti trattenevano il respiro, e nell'attimo in cui apparivano le prime immagini la gente emetteva il tanto trattenuto fiato di sollievo. Già, l'unico bottone; a quei tempi non esistevano altri canali, lo stesso pulsante serviva anche ad alzare ed abbassare il volume. La gente inghiottiva la voce, noi bambini sgranavamo gli occhi e non ci restava che attendere; doveva passare qualche minuto prima che comparissero le prime immagini. Benedetto, con tono familiare, di chi conosce tutto della "scatola magica", rassicurava i presenti dicendo: "hannu a codiari i varvuli prima ca affaccianu i facci'. In quel frangente gli occhi di noi tutti si riempivano di un luccichio che era indescrivibile. Chi l'avrebbe mai detto, questo strano apparecchio avrebbe cambiato le nostri abitudini, ed inoltre, avrebbe "fatto" l'Italia e gli italiani. Chi poteva mai prevederlo che quella strana scatola, cui tutti grandi e piccoli guardavamo la parte posteriore per capire se realmente dentro ci fosse qualcuno, che movimentava le nostre serate, potesse diventare l'amico amato-odiato dei giorni nostri. Ciò nonostante, dopo appena dieci minuti, la stragrande maggioranza dei presenti, stanchi dal lavori della giornata, cadevano m un sonno pesante. Si alzava così un coro di gente che ronfava, che spesso copriva la voce dell'apparecchio. Benedetto, allora, accendeva la luce e ripeteva il solito tormentone: 'Vinistivu cca pi dormiri o pi viclivi a tilivísionì ? Ma era tutto inutile, bastava che spegnesse la luce perché tutti crollassero nuovamente in un sonno profondo. Alle 22 era tutto finito. I programmi terminavano a quell'ora, una piacevole melodia dolcemente eseguita da un corno con una serie di immagini di antenne chiudevano le trasmissionì televisive. I genitori prendevano i bambini in un braccio, e con l'altro trascinavano le sedie da portare a casa. i più falcoltosi potevano vantare il lusso di lasciare la propria sedia per le successive serate, e allora Benedetto ricordava che la tariffa era di cinque lire al giorno. Coi boom economico in ogni casa è entrato il televisore insieme ad una serie di elettrodomestici di rito, la macchina incominciò a comparire davanti ogni casa e la sete dei benessere coinvolse tutti. Benedetto, oramai investito da questa evoluzione si trasferisce a Torino dove trova lavoro presso la notissima fabbrica di autovetture Lancia. Ogni estate torna in paese, una macchina familiare gli consente di caricare la sua inseparabile fisarmonica, le sue tre belle figlie, la consorte, e, dopo avere attraversato tutto lo stivale, si ritrova nel suo paese natale. E lo si incontra ad animare la festa della Madonna dell'Assunta accompagnando il coro dei devoti, che in un antico siciliano, Intonano il santo Rosarìo alla Madre Celeste, o girovagare, a notte tarda, con un gruppetto di musicanti "a purtari 'a notturna", una piacevolìssima serenata a coppie novelle o ad amici, rinverdendo così una piacevole tradizione. Un attaccamento che non è venuto meno neanche da quando le figlie, con Interessi diversi, hanno ricusato il paese scegliendo posti più piacevoli. Benedetto, viceversa, e finché vorrà Dio, e speriamo il più a lungo possibile, con i primi caldi, come le rondini, torna sempre. Coi suo sorriso simpatico, nascosto da un folto baffo di colore variopinto, i suoi occhini neri, arriva e, anche se qualcuno non dovrebbe accorgersene, c'è la suo inconfondibile fisarmonica, che con le note dì "Ciuri Ciuri" riesce a ravvivare l'intero quartiere ed a ricordarci che l'estate è arrivata. |