Quando in redazione ci è arrivato un
plico proveniente da New York tutto potevamo immaginare tranne ricevere un'opera
teatrale in due atti. Incuriositi abbiamo letto l'opera ed alla fine il grande
fenomeno sociale dell'emigrazione ci è riapparso in tutta la sua evidenza.
Vergognandoci un po’, poiché, presi come siamo dalla quotidianità, lo abbiamo
accantonato nel passato. Il riportare la prefazione dell'Opera, scritta dal
regista teatrale Vittorio Capotorto, vuole essere un nostro piccolo atto di
amore verso tutti gli italiani che vivono e lavorano nel mondo. Enzo Carollo
è nato a Torretta (PA) nel 1946. Figlio di un musicista e di una insegnante,
dopo avere fatto studi umanistici a Palermo, nel 1970 si è trasferito negli
Stati Uniti dove ha lavorato per l'ICE fino al 1985. Dopo questo periodo ha
continuato i suoi studi in lettere al Marymount Manhattan College e al New
School for Social Research dove, ottenuto un Master's Degree in Scienze
Politiche, prosegue i suoi studi in relazioni internazionali. Attualmente vive a
New York ed è titolare di una società d'importazione. Scrive poesie e racconti.
Jo Ann Cavallo (M.A. Ph.D. Yale) è docente di ruolo nel Dipartimento di
Italianistica della Columbia University. E' autrice del Boiardo's Orlando
Innamorato: An ethics of desire, co-autore di Fortune and Romance:Boiardo
in America, ed ha pubblicato saggi su Dante, Castiglione, Ariosto, Tasso,
Giordano Bruno ed Elsa Morante. Ha inoltre reso episodi dell'Orlando Innamorato
di Matteo Mario Boiardo in due commedie che hanno debuttato in Italia nel luglio
del 2000 e del 2001.
Il coraggio di varcare la soglia
di Vittorio Capotorto
Quando Enzo Carollo mi narrò la storia “racchiusa” nel suo
racconto, fui affascinato dalla particolarità dei suoi contenuti, legati in
modo indissolubile alla vita di ognuno di noi, in qualunque parte del mondo essa
si srotoli. Infatti, gli avvenimenti che coinvolgono il protagonista Turi e la
sua famiglia si dipanano come un gomitolo di filo grezzo che dalle colline a
sud-ovest di Palermo rotola verso il piccolo paese di Ciachea.
Un paese immaginario, ma al
tempo stesso reale come Torretta, Borsetto, Capaci, Carini; luoghi di grande
emigrazione nel dopoguerra siciliano, che proiettò tante menti e braccia valide,
ma irrealizzate, verso nuovi mondi, a cominciare proprio dall’America. Così
nacque la voglia di fare scrivere un testo teatrale che facesse vivere sulle
tavole del palcoscenico, in uno spettacolo appunto “dal vivo” le pulsioni di un
autore che ha incarnato, in prima persona, la vicenda di uno dei tanti italiani
del Sud che “rischiarono” di combattere una nuova battaglia di rinascita. Una
rinascita che oggi ha prodotto “America! America!”, un testo teatrale che non è
quindi l’ennesima storia di emigrazione, anche se in chiave positiva, bensì
l’ideale ma visceralmente vissuto attraversamento di una importante soglia di
vita verso l’incognito, che ci riguarda tutti, involontariamente chiamati da
subito al primo attraversamento, quando veniamo fuori dal grembo materno. Una
emigrazione portatrice di un cocente desiderio di affermazione, libera da
costrizioni di ogni genere, a cominciare dal tentativo di riscatto da un passato
non vissuto, in una realtà ideale “dove basta solo lavorare per guadagnarsi da
vivere”. Una emigrazione quale alfiere del coraggio necessario a sprigionare la
voglia di cambiamento che è in ognuno di noi, per il passaggio dalla condizione
di personaggi di una storia solo fantastica a protagonisti di una commedia di
vita vera. Una emigrazione, infine, verso un nuovo mondo, sconosciuto, spaesante,
ma in cui portare con sé le proprie radici, la propria essenza di vita,
emblematicamente rappresentata dalla pietra che il protagonista ha strappato
dalla propria casa e consegnato alla figlia Rosetta, per piantare i primi chiodi
nel muro del nuovo mondo, ove appendere i ritratti della propria famiglia, quali
testimonianze perenni delle proprie memorie.