Prosegue
il nostro viaggio per scoprire la Sicilia “nascosta”. Visitiamo
Leonforte, un comune della Provincia di Enna, che ancora oggi, a tratti
riesce a mantenere intatto il fascino dell’antico agglomerato
rurale. Grazie alla sua posizione baricentrica, è facilmente
raggiungibile in poco tempo basta uscire allo svincolo di Mulinello
dell’autostrada Catania- Palermo.
Il fascino
dell'antico borgo feudale. Leonforte
Un passo indietro nel tempo
di Antonella
Paternò

I tavulati di San Giuseppe
di Barbara
Vanadia
Un cicerone d'eccezione
di N.P.
Escursioni da non perdere
di Agata
Nicosia
Per riempire lo stomaco
di Santina
Gioviale
Appuntamenti annuali di
Carlo Giannini
Un passo indietro nel tempo
di Antonella Paternò

Vedere
posti nuovi, originali e possibilmente ricchi di tradizione, credo sia
un po’ il desiderio di chi ama viaggiare. Oggi più che
mai gli impegni ci rincorrono e non danno facilmente l’occasione,
un po’ per stanchezza un po’ per mancanza di tempo, di poter
visitare posti dove storia, folklore, tradizione e progresso si mescolano
in maniera tale, da creare incantevoli località con incomparabili
bellezze paesaggistiche. Vi invitiamo questa volta a visitare Leonforte,
una simpatica cittadina dove passato e presente si alternano armoniosamente.

Leonforte
nasce nei primi del seicento come borgo rurale, sotto la dinastia della
famiglia Branciforti. Questa famiglia ebbe origine da Obizzo, alfiere
a portabandiere di Carlo Magno, che durante una delle numerose battaglie
fu assalito da tre nemici col fermo proponimento di toglierli lo stendardo.
Gli mozzarono addirittura le mani ma Obizzo abbracciò fortemente
l’insegna con i moncherini resistendo loro fino al sopraggiungere
dei soccorsi. Carlo magno, ammirandone il coraggio lo ricompensò
con l’ordinare che la sua famiglia da quel momento in poi si chiamasse
Branciforti ( da “branchiis fortibus”) e che il suo stemma
gentilizio raffigurasse un leone rampante con la corona d’oro
che sostiene una bandiera ( da qui Leonforte). Alle origini vi era un
piccolo villaggio, chiamato Tavi, che prendeva il nome dal rudere di
un castello saraceno di quella zona: nel 1597 passò sotto la
baronia del principe Nicolò Placido Branciforti. L’abbondanza
d’acqua, la vallata fertile e lussureggiante, la presenza di parecchi
mulini nella zona, quel primo nucleo di abitanti, indussero il Principe
a fondare in quel luogo (1610) un nuovo borgo, dandogli un nome che
ricordasse la sua stirpe e quindi il suo stemma di famiglia: Leonforte.
L’impronta che diede questo vero e proprio “principe macenate”
è senza dubbio di alto valore: si occupò con amore e passione
di questo paese affrontando parecchie spese ed enormi sacrifici per
costruire strade, chiese, e per realizzare opere d’arte di notevole
pregio.
Delicatamente “Barocco”
E’
ormai risaputo che negli ultimi anni si tende a far riscoprire un nuovo
tipo di turismo. Ci si accorge che “turismo è cultura”
(come sostiene sinteticamente ma in modo forte ed espressivo la pubblicità!)
e cultura è soprattutto il nostro passato. Leonforte è
ricca di “passato”. Il suo impianto urbanistico fu costruito
seguendo un determinato progetto scenografico realizzato con criteri
e schemi prettamente rinascimentali. Non dimentichiamo che dal Medio
Evo in poi per molti comuni siciliani il fulcro era il Palazzo Principesco
da cui dipartivano tante viuzze strette e tortuose fra le case che scendevano
fino alla vallata. Ed è così che ancora oggi Leonforte
si presenta: sembra un quadro di straordinaria bellezza, dove le casette,
addossate le une alle altre, si confondono tra le verdeggianti colline.
A
spasso per il paese
E’
stato veramente simpatico ed affascinante visitare Leonforte: percorrendo
le sue stradine, parecchie delle quali pavimentate ancora in pietra,
si incontrano file di casette con intere facciate di pietra intagliata,
balconi in ferro battuto, antichi porticati, sottopassaggi ad arco,
naturalmente, in una atmosfera tranquilla. Tutto questo è nel
centro storico dove, nonostante la mancanza di adeguate tecniche di
ammodernamento, ritroviamo gli elementi tipici del primo barocco settecentesco,
nella sua linearità e “delicatezza”. Non è
quindi un barocco aggressivo, ma uno stile che è presente, uniformemente,
in tutta la struttura urbana. Dopo una rapida ascesa al Monte Cernigliere
arriviamo, finalmente, nello spiazzale che ospita la piccola chiesetta
di Croce Santa. E’ il punto più alto di Leonforte e da
qui, vi assicuriamo, si vede un bellissimo panorama. Si può ammirare
dall’alto un paese con i suoi tetti spioventi in tegole, tante
piccole case che a colpo d’occhio formano un manto uniforme, tale
da circondare il maestoso palazzo Branciforti. Scendiamo per andare
a visitare questo grande palazzo seicentesco, con i suoi bastioni, i
suoi baluardi, i merli, le sue torri… Purtroppo lo stato di conservazione
non è dei migliori e tutto l’edificio necessiterebbe, per
riacquistare il suo splendore, di un adeguato recupero funzionale. Nel
giardino antistante il palazzo Branciforti si trova la villetta comunale.
Lì vicino c’è da ammirare la bella Chiesa Madre
(Matrice)
che si presenta in un “composto” stile barocco
classicheggiante, ordinata dal Principe Nicolò Placido Branciforti
nel posto dove sorgeva un santuario che egli volle ingrandire.In linea
d’aria, si sviluppa anche un altro grande monumento: la Scuderia,
nella quale nei secoli scorsi, erano allevati cavalli rinominati in
tutta Sicilia. Da qui cominciamo a scendere per i caratteristici vicoli.
Sono delle viuzze strette e tortuose dove alle case moderne, si alternano
scorci di angoli in pietra bianca intagliata, panchine, lampioncini,
tanto verde ed una micro-piazzetta pavimentata a ciottoli. E dopo tante
scale ed una miriade di domande al nostro “cicerone”, scendiamo
a valle dove, quasi in periferia del paese, è situata la bellissima
“Granfonte”.
Quando il Principe Nicolò Placido Branciforti
iniziò a la costruzione di Leonforte, pensò di costruire
ed abbellire il grandissimo fonte di Tavi, conosciuto soprattutto per
l’abbondanza dell’acqua. Questo monumento, che emblematicamente
rappresenta Leonforte, ha una forma simmetrica: presenta 22 arcate a
tutto sesto, aperte a 21 “cannoli” di bronzo da dove sgorga
l’acqua ed una vasca sottostante, rettangolare, in cui la stessa
confluisce. La vicino sgorgano altre sorgenti che alimentano diverse
fontane, acque che una volta azionavano mulini ed irrigavano il terreno
della zona. Dal “Corso”, la strada principale di Leonforte,
arriviamo ad una ampia scalinata che, posta a nord ovest del paese,
porta ad un ampio cortile di forma quadrata dove si ergono il Convento
e la Chiesa dei Padri Cappuccini: originariamente erano un po’
isolati e quindi lontani dal centro ma nell’odierna Leonforte
sono stati inglobati nel tessuto urbano. Il Convento fu costruito nel
1627 dai frati minori Cappuccini grazie anche all’aiuto del Principe
Nicolò Placido Branciforti ed ai suoi successori. Ricordiamo che
sin dalla fondazione il Convento è stato sede di una fornita
biblioteca dove si conservano manoscritti di notevole pregio. Dopo solo
tre anni i frati costruirono accanto al convento, la Chiesa dei P.P.
Cappuccini. La Chiesa dei Frati accoglie le tombe dei principi Branciforti
ed anche numerose opere d’arte. L’opera che campeggia sull’altare
maggiore è un quadro di Pietro Novelli che rappresenta “l’elezione
di S. Mattia ad Apostolo”. Appartenevano a questa chiesa un trittico
in legno del Beato Angelico ed un quadro di Raffaello (“Fuga in
Egitto”) regalato da Papa Urbano VIII ai Branciforti come dono
di nozze. Purtroppo queste opere non sono più a Leonforte perché
oggetto di singolari vicende. La vita culturale del paese ebbe grande
impulso con la nascita, nel 1600, della Scuola degli Scolopi, frequentata
principalmente dalla media borghesia, e che fu uno dei fattori che più
contribuirono al sorgere di un fenomeno dottrinale.

Una
mentalità aperta
Leonforte
è una cittadina vivace, dove si respira un’aria “innovativa”,
un paese che nonostante la sua fondazione “recente” ha creato
supporti solidi su cui basare la propria economia. Peculiarità
di Leonforte è la sua grande vallata ricca di agrumeti, ma il
paese è soprattutto rinominato per la produzione della saporitissima
“fava larga”. Da qualche anno a questa parte sta acquistando
grande importanza la coltura delle pesche ( a polpa dura) che maturano
tra le fine di settembre e l’inizio di ottobre. Grazie all’ingegnosità
dell’agricoltore leonfortese, si stanno sperimentando delle colture
biologiche realizzate con un particolare procedimento che consiste nell’insacchettare
il singolo frutto, in modo da proteggerlo dai parassiti, evitando così
di ricorrere ai pesticidi, a sostanze chimiche e ad altri anticrittogamici.
E’ ormai consuetudine festeggiare la prima domenica di ottobre
con la “Sagra de Pesco”, manifestazione di notevole
rilevanza commerciale e turistica, nella quale vengono allestiti anche
padiglioni dedicati ai prodotti dell’artigianato. Purtroppo oggi
Leonforte si ritrova con una produzione agricola ed artigianale in
ribasso, a causa di un fenomeno di abbandono delle terre e di
un’emigrazione verso “mestieri diversi”. Quella di Leonforte è comunque
una ”economia borghese”, frutto di una mentalità aperta ai problemi più
attuali, economia che si “adegua” alle nuove esigenze. Oggi nel paese,
nonostante i problemi riguardanti il mondo della campagna, quelli degli
squilibri urbanistici ( un forte contrasto tra la parte antica e quella
moderna) ed il momento difficile per il recupero dei monumenti storici,
riscontriamo comunque una voglia di fare da parte dei cittadini.
Obiettivo primario comunque resta il turismo, trasformandolo da turismo
di transito in turismo stanziale. Ma per ottenere tale risultato
occorrerebbero strutture ricettive che a Leonforte mancano del tutto.
Dopo un’intera giornata, durante la quale abbiamo visitato per lungo e
per largo Leonforte, ubriacandoci delle sue bellezze (storiche,
monumentali e paesaggistiche) ci troviamo già in un calmo tardo
pomeriggio: ad un tratto si accendono le luci ed il cielo diventa sempre
più buio e Leonforte acquista un’aria nuova, ed insolita. E’ interamente
illuminata da lampioncini e da faretti sapientemente posizionati che
danno l’idea di .......un suggestivo presepe.

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I “tavulati” di S. Giuseppe
di Barbara Vanadia
Per
noi giovani la preparazione alla festa iniziava qualche mese prima,
quando i più intraprendenti di noi “preparavano”
un nutrito repertorio di “canzoni” da cantare in coro davanti
agli “artara” per spingere gli ospiti a farci gustare le
più impensabili delizie della loro “tavolata”. Per
i nostri ospiti invece la preparazione iniziava mesi e mesi prima della
festa di S. Giuseppe, quando per voto decidevano di allestire la loro
“tavolata” per i “Santi”, “Signuri e Apostuli”,
per un numero che andava da tre a redici, sempre in numero dispari.
La preparazione degli addobbi , per lo più realizzati con tendaggi
e tovaglie finemente lavorate, genuine espressioni dell’artigianato
leonfortese, la ricerca delle primizie di frutta anche la più
rara ed introvabile, la preparazione di innumerevoli tipi di dolci,
decine e decine di chili di “pane di S. Giuseppe” i “cudduri
di S. Giuseppe” artisticamente lavorate e decorate con “paparina”,
richiedevano per i devoti notevoli sforzi anche economici. Tutto il
vicinato era coinvolto nella preparazione. Ed alla fine la “tavolata”
sfarzosamente illuminata, addobbata e riccamente imbandita era pronta
il pomeriggio prima della festa. Proprio quando iniziavano le nostre
visite che con maniacale precisione, non escludevano alcuna tavolata.
Non senza avere preparato prima il “lazzo” dove legare i
“cuddureddi e pipiddi” frutto delle nostre bravure canore.
Gli ospiti ci aspettavano, vestiti a festa, seduti attorno alla tavolata,
con la stanchezza stampata in volto, dopo giorni e giorni di fatica,
ma felici. Il nostro repertorio canoro “pi’ S. Giuseppuzzo”
veniva fuori al naturale allegro, scanzonato e, a volte improvvisato;
ad ogni pezzo erano “cudduri e pupiddi” assicurati da infilare
al “lazzo”. E tra
l’incredibile confusione ogni tanto
si levava un “attia i manu” rivolto al malcapitato che non
resisteva alla tentazione di servirsi, furtivo, di quel ben di Dio.
Inutile dire che assieme agli assaggi, ai “cudduri ai pupiddi”
ci scappava pure qualche buon bicchiere di vino. E via a “furriari”
altre “tavolate” allegri e fieri del nostro “lazzo”.
A mezzogiorno del 19, dopo la benedizione delle tavolate da parte del
Sacerdote venivano i “Santi” scelti tra i poveri del paese.
“A quannu a quannu c’è l’angiulu santu, nome
do Patri do Figghiu e do Spiritu Santu, cala Gisuzzu cu la vera luci,
mangiamu tutti ch’è fatta la cruci”. Si iniziava
con tre spicchi d’arancia e si proseguiva con tre assaggi di tutto.
Alla fine tutti i prodotti della tavolata venivano portati via parti
eque dai “Santi”. Roba d’altri tempi? Assolutamente.
Basta andare il 18 marzo sera a Leonforte per vedere come tradizione,
fede, devozione e folklore, irremovibili ingredienti delle tavolate
di S. Giuseppe, resistono tuttora imperturbabili al logorio del tempo.
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Un cicerone
d’eccezione: Il Capitano Salvatore Petringa

L’appuntamento
è per le 9 di mattina di una soleggiata domenica di fine novembre
presso il comando dei Vigili Urbani, Il Capitano Salvatore
Petringa, comandante dei vigili urbani di Leonforte, sorridente e cordiale ci ospita nel suo ufficio e con l’entusiasmo
di chi ama profondamente il proprio paese, ci fornisce un esauriente
quadro della realtà sociale, economica e culturale leonfortese.
Il tutto puntualmente documentato dalle numerose opere prodotte da quell’autentico
focolaio di fermenti socioculturali che è il Lions Club Leonforte.
Ci racconta la storia del suo paese, ce ne descrive con competenza le
bellezze monumentali, artistiche, paesaggistiche, ci parla dei suoi
concittadini, dei giovani, della classe politica, dell’economia
del comprensorio. Con estrema lucidità fa emergere luci ed ombre
di quella che un tempo era una fiorente economia rurale dove l’emigrazione
forzata, la mancanza di centri di aggregazione per i giovani e per gli
anziani attraverso i quali fondere le due culture, fanno si che le tentazioni
di appiattimento sociale culturale ed economico siano sempre in agguato,
creando falsi miti, se non dannose pratiche per i giovani e rassegnazione
per i meno giovani. A questo punto il Capitano Salvatore Petringa ritiene
opportuno iniziare “il giro” per la “sua” Leonforte;
un giro entusiasmante, che è durato fino al tramonto, e reso
tale dal nostro cicerone d’eccezione.
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Escursioni
da non perdere
di Agata
Nicosia
Monte
Altesina
La culla delle Ninfe
Se vi trovate dalle parti di Leonforte non perdete l’occasione
di fare un’escursione sul monte Altesina. Magari, visti i luoghi
impervi, fatevi accompagnare da qualcuno del posto. Sul
monte Altesina
(1200 mt s.l.m) le tracce della presenza dell’uomo risalgono alla
preistoria: strutture murarie, cocci di argilla cotta solo rudimentalmente.
Pare che il monte sia stato la culla delle Ninfe. Per credervi basta
visitare la sua rigogliosa e lussureggiante natura di selvaggia macchia
mediterranea, dove querce, pini, eucaliptus, si mescolano armoniosamente
con il sottobosco formato da ginestre, asparagi ed erica. A quota più
bassa boschi di pini ed eucaliptus di recente impianto. Numerosa la
fauna costituita da volpi, conigli, lepri e volatili. I cacciatori non
si facciano illusione. L’area è rigorosamente protetta
dalla forestale. Attenti anche alle vipere, per cui tenete sempre il
vaccino antivipera a portata di mano. Le escursioni possono partire
dalla casa rifugio posta a quota mt.800 vicino ad un bellissimo laghetto
collinare.
****
Diga
Nicoletti
Carpe da 12 kg.
Se siete dei pescatori dilettanti, di quelli che contribuiscono a mantenere
in vita, con appetitose esche e sostanziose pasture, la fauna ittica
delle nostre acque, non mancate di fare una puntata alla Diga Nicoletti,
un enorme invaso artificiale capace di contenere circa
20 milioni di
metri cubi di acqua, realizzato dall’ ESA tre il 1962 e il 1968
per irrigare i 2000 ettari di terreni agricoli a valle. Per quest’ultimo
uso la diga non è servita molto, i terreni a valle, infatti,
attendono ancora le condutture di distribuzione, però con le
sue tinche, le carpe, alborelle, carpe regine e con gli splendidi paesaggi
che la circondano è una irresistibile tentazione per quanti intendono
trascorrere alcune ore serene. I contadini della zona sussurrano che
qualcuno ha pescato una carpa di ben 12 kg.
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Per
riempire lo stomaco
di Santina
Gioviale
Se conoscete qualche leonfortese doc fate in modo che vi inviti
a pranzo, facendovi preparare piatti tipici del posto. Potreste iniziare
con un antipasto a base di “alivi cunsati” con aglio, origano
e peperoncino rosso con un contorno di “smuzzature affucateddi”
o di “carduna fritti”. Per primo un buon piatto di maccheroni
con “finucchieddi ri campagna”, magari con un assaggio di
“frascatula”, polenta di farina di grani; in alternativa
un buon piatto di pasta con la “fava larga” di Leonforte
( famosa in tutto il mondo), se le fave sono fresche oppure “pasta
co maccu” se sono essiccate, o “fava a maccu”. Per
secondo delle buone costate di maiale, ingrassato, magari, con “favi
di pughia”. Oppure se è periodo, un bel pezzo di “sausizza
pasqualora”, di quella, preparata a febbraio e fatta “vintiari”
per essere pronta da mangiare giusto per il periodo pasquale. Il tutto
con pane casereccio e “fruati cunsati” con olio e “sardi”
salati innaffiato con dei buoni bicchieri di vino. Infine, per il dolce
fatevi procurare i “picciddati di natali” gustoso dolce
a base di mandorle sgusciate e fichi secchi. Magari con un po’
di “mostarda di ficurinni”, cannoli ca ricotta”,
“sfingi”
e “pagnuccata”. Per frutta, sempre se è periodo,
l’ottima pesca a polpa dura di Leonforte, possibilmente affettata
ed immersa in un buon bicchiere di vino.
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Appuntamenti
annuali
di Carlo
Giannini
Festa
di San Giuseppe
Tradizione, devozione, fede e folklore sono le componenti delle “Tavolate
di San Giuseppe” : “artara” addobbati e riccamente imbanditi
di tutte le primizie, dolci, frutta e “pane lavorato”, allestiti per
voto da alcune famiglie. Dal pomeriggio del 18, per tutta la notte, fino
al giorno dopo si visitano le tavolate.
Settimana Santa
Domenica delle Palme ( Parrocchia Santo Stefano) “A Ramaliva”. Processione e rappresentazione sacra in costume
che ricorda l’entrata di Gesù a Gerusalemme.
Particolarmente suggestive sono le funzioni religiose della Settimana
Santa ed in particolare quella del “Venerdì Santo”.
Le confraternite portano a spalla in processione “ U mulimentu”
( urna col Cristo morto) e la statua della Madonna Addolorata; gli anziani
del paese intonano “ u lamientu” (canto doloroso), lungo
le strade, al passaggio dell’Urna vengono accese le “luminarie”
(cioè cataste di fascine di legna e paglia).
13 Giugno –Festa di S. Antonio da Padova
Particolare importanza riveste la fiera del mercato che si svolge dall’11
al 13 giugno.
Agosto Leonfortese
Per tutto il periodo sono organizzate dall’Amministrazione Comunale
varie manifestazioni (canore, sportive, musicali, folkloristiche). Particolare
importanza assume il Premio Letterario (concorso di Poesia, Narrativa
e Saggistica) di rilevanza nazionale.
16 Agosto –Festa del Santo Patrono ( Madonna del Carmelo)
Tradizionalmente abbinata al Ferragosto con fiera mercato dal 13 al
16 agosto.
Prima domenica di Ottobre: Sagra del Pesco
Mostra mercato della pesca tardiva settembrina produzione caratteristica
della zona, con Concorso Nazionale di Pittura Estemporanea su tema.
E’ possibile la degustazione gratuita delle pesche e l’acquisto
di prodotti tipici leonfortensi (fave larghe, pane casereccio, “fruati”,
vino cotto, mostarda di fichi d’india e miele). A cura del Pro
Loco e di altre associazioni vengono allestite mostre fotografiche,
mostre della civiltà contadina e dell’artigianato locale.
Seconda domenica di Ottobre: Festa della Madonna della Catena
La festa richiama un gran numero di fedeli che in pellegrinaggio giungono
anche dai paesi vicini. Assaggio di caldarroste e salsicce. Concorso
Voci Nuove e fiera del bestiame.
Ogni martedì e venerdì: fiera di prodotti alimentari
e merci varie.
Tratto da: Leonforte- Scuola Media Statale Dante Alighieri.
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