“E’
un venerando altipiano granitico, che già si ergeva qui quando
gli orgogliosi Appennini sonnecchiavano sul letto melmoso dell’Oceano,
una regione dolcemente ondulata con le cime delle colline coperte di boschi
e le valli in parte coltivate e in parte adibite a pascolo. Se non fosse
per la mancanza dell’erica con le sue caratteristiche sfumature
violacee, il viaggiatore potrebbe credere di essere in Iscozia. Troviamo
lo stesso piacevole alternarsi di boschi e prati, gli stessi enormi massi
di gneis e granito, la stessa esuberanza di acque vive”. Norman
Douglas così descriveva nel 1915 la Sila. Molto efficacemente seppe
sintetizzare in poche righe le piu’ importanti caratteristiche del
paesaggio silano: L’antica orogenesi, la dolce morfologia dei rilievi
e l’aspetto nordico del paesaggio. Quanto alla prima caratteristica, la Sila si distingue nettamente dal resto dell’Appennino, vantando un’ orogenesi ed una struttura geologica sostanzialmente differenti. Giovanni Marinelli ed Emilio Cortese, insigni geografi e geologi dell’ottocento, reputavano concludersi l’Appennino con il massiccio del Pollino, coniando per la Sila la denominazione di “Alpi Calabresi”. La sua struttura geologica è in tutto simile a quella delle Alpi. L’ossatura della Sila è infatti costituita da rocce cristalline, gneiss e graniti segnati spesso da una mica nera assai evidente. La seconda caratteristica attiene alle forme del paesaggio silano. La Sila è un complesso montuoso sostanzialmente circolare, formato da un labirinto di valli ampie e di brevi e morbide dorsali, che si intersecano tra loro muovendo nelle piu’ disparate direzioni. Giuseppe Isnardi nel 1927 seppe cogliere appieno le condizioni del paesaggio silano: “Gli altipiani sono le terre del mistero e dell’imprevisto (…). Sugli altipiani, ove la selva può anche estendersi in piu’ libere ampiezze, sono i luoghi piu’ liberamente propizi alle grandi solitudini mistiche (…). E’ un’impressione, in cui ha forse parte maggiore l’anima di quella che ve ne abbiano i sensi, di ampiezza e di libertà, di grandioso e sconfinato derivante dalla lunghezza orizzontale delle linee del terreno (…). Pochi paesaggi come quello silano vogliono essere piuttosto sentiti che soltanto, per così dire, visivamente ammirati”. La terza caratteristica riguarda uno specifico aspetto esteriore del paesaggio silano. Nelle antiche e moderne cronache di viaggio capita spesso di leggere accostamenti tra la Sila e paesaggi montani del centro e del nord Europa o addirittura del nord America. “La Sila è un paradosso paesaggistico, e ci riporta a certe composizioni surreali, che ottengono il loro fascino accostando tra loro oggetti eterogenei e disambientati. Sembra di essere caduti in un angolo della Scandinavia, con i pini silani piu’ alti e piu’ snelli degli abeti”, scriveva Guido Piovene nel 1963. Ed in effetti la peculiare morfologia della Sila, unita al suo principale ornamento – le foreste di conifere e soprattutto quelle di Pino Laricio – rende questo massiccio un luogo del tutto originale nel contesto della regione mediterranea. Caduta la distinzione fondiaria classica tra Sila Regia e Sila Badiale, resta oggi, sotto un profilo prettamente geografico, quella tra Sila Greca, Sila Grande e Sila Piccola. La Sila Greca (il toponimo deriva dagli influssi culturali ed etnici che la zona ebbe da parti di popoli balcani ed orientali, dai Bizantini agli Albanesi) ha il suo nucleo centrale nel Monte Paleparto (m. 1481) da cui serie di contrafforti- Serra S. Angelo (m. 1357), Timpe dei Partini (m. 1378), Serra Stoppa (m.1256)- si dipartono per saldarsi a sud-ovest con la Sila Grande o per digradare verso il litorale jonico del Rossanese. Il paesaggio della zona sommitale della Sila Greca si contraddistingue per le estese faggete e pinete e radure a pascolo. Nei contrafforti e nei valloni essa mostra un carattere peculiare rispetto al resto del massiccio. I crinali sono ammantati di boschi radi di pini ma ancor piu’ di querce appartenenti a diverse specie, talvolta gigantesche, le cui radici ghermiscono rocce bizzarramente forgiate dall’erosione del vento e dell’acqua. Le pendici scivolano scoscese verso i fondovalle dove i torrenti serpeggiano in gole incassate con tratti a canyon e cascate talvolta di notevole altezza. Duret de Tavel, ufficiale francese in missione in Calabria, così descrisse in una lettera del novembre del 1808 un tratto di queste montagne: “Longobucco si trova a quindici miglia da Rossano. Le strade per raggiungerla sono spaventose e tutte dominate da alte montagne (…) le nostre guide ci condussero con prudenza e abilità attraverso delle estese foreste dove si incontrano solo branchi di daini e caprioli (…). Prima che facesse notte raggiungemmo un’altura da dove si scorge Longobucco, che è situata in una vallata stretta, profonda e attraversata da un torrente ( il Trionto – n.d.a.) che scorre fragorosamente tra enormi rocce”. A sud dei fiumi Mucone e Lese è la Sila Grande, la piu’ conosciuta, estesa ed elevata delle tre Sile. L’orografia si fa qui molto piu’ complessa. Il nucleo principale è costituito dai rilievi di Cozzo del Brigante (m. 1521), Cozzo del Principe (m. 1626), M. Pettinascura (m. 1689). Procedendo verso sud troviamo: la dorsale del M. Volpintesta (m. 1729), M. Botte Donato (m. 1928) – massima elevazione della Sila – M. della Porcina (m. 1826) e del M. Carlomagno (m. 1670), dal quale si dirama verso nord il contrafforte di M. Curcio (m. 1728), M. Scuro (m. 1621); l’alta valle dell’Arvo e la dorsale del Montenero (m. 1880). Ancora piu’ a sud si apre la valle dell’Ampollino che fa da confine con la Sila Piccola. Il paesaggio della Sila Grande merita davvero l’aggettivo di “grandioso”: alle morbide ondulazioni delle dorsali ricoperte di fitte pinete e faggete si alternano valli quaternarie di origine lacustre, in parte colmate da laghi artificiali (Cecita, Arvo, Ariamacina; Votturino) e grandi praterie, come quelle bellissime di Macchialonga e Macchiasacra. Giuseppe Isnardi osservando la Sila Grande dal valico di Monte Scuro scrisse: “Forse pochi punti della montagna italiana offrono un così spettacolosamente rapido mutamento di natura e di paesaggio (…). In mezzo a un’amplissima distesa quasi circolare di terra pianeggiante o leggermente ondulata, una conca verde (…) con tenui luccichii di acque (…) e piccole macchie di alberi; tutto in cerchio una orlatura di lunghi dorsi boscosi in mezzo ai quali si indovinano e altre conche e vallate. Sul pendio di Montescuro (…) una distesa superba di pini scende folta e impenetrabile allo sguardo (…). Il corso dell’Ampollino con l’omonimo lago, rappresenta il confine tra la Sila Grande a nord e la Sila Piccola a sud. La Sila Piccola è anch’essa formata da una complessa serie di dorsali e di valli. Subito a sud dell’Ampollino vi è la catena del M. Scorciavuoi (m. 1745). La valle del Tacina separa a sud questa catena da quella del M. Gariglione (m. 1765) con le vette contermini. Ancora piu’ a sud si allarga il gruppo del M. Femminamorta (m. 1723). Anche qui i morbidi rilievi sono ammantati di fitte faggete e pinete con maggiore diffusione di abetine e di querceti. I fondovalle sono in genere ricoperti di estese praterie e talvolta da laghi artificiali (oltre al citato Ampollino, anche il Savuto e il Passante). I corsi d’acqua, nel tratto in cui intersecano la scarpata meridionale e orientale, si trasformano in gole incassate, dando vita ad una quantità ed una varietà assolutamente eccezionale di canyon e cascate). Norman Douglas con la sua descrizione rende la grandiosità della foresta del Gariglione: “Era un autentico Urwald o giungla vergine. Per quanto mi risulta non esiste nulla di simile da questa parte delle Alpi e nemmeno sulle Alpi stesse. Ricordava le giungle russe che però (…) inducono alla malinconia, mentre quelle meridionali (…) sono piene di luminosa bellezza, i loro punti piu’ oscuri essendo rallegrati da un senso di benigno mistero.” La Sila in definitiva è un comprensorio montuoso di eccezionale valore ambientale. Semplice e complessa allo stesso tempo, non finisce mai di suscitare interesse, curiosità, struggenti richiami, forti passioni e ricordi di tempi spensierati; un autentico luogo della memoria, che rimane dentro di te. Bibliografia |