E' terra di conflitti, Nicosia, ma anche di genti con una cura straordinaria della propria terra; genti le cui origini sono da far risalire in larga parte alle migrazioni dalle regioni lombarde di popoli che hanno conservato il caratteristico idioma gallo-italico e caratteri somatici "nordici".

 

Nicosia rappresenta l'estrema sintesi tra due Sicilie, quella dell'arte, della cultura, con la sua indiscutibile eleganza, e quella rurale con il suo fascino e con il suo carico di tradizioni. Non esiste alcuna contraddizione tra questi elementi che, in uno spazio apparentemente ridotto ma capace di dilatarsi a dismisura per far posto ad innumerevoli suggestioni, riescono, non soltanto a convivere, ma a completarsi vicendevolmente, attribuendo ai luoghi una dimensione impossibile da focalizzare per intero e difficilmente sintetizzabile senza correre il rischio di analisi superficiali ed in larga parte insufficienti. Il modo migliore per conoscere questo splendido luogo è, e rimane, il viverlo pienamente, assaporando l'atmosfera che, sempre diversa, si coglie in ogni suo anfratto. Le sue fortune straordinarie sono completate dalla meravigliosa bellezza di una natura incontaminata, dalle sue campagne, dai suoi boschi, dalle ardite formazioni geologiche che sembrano vigilare attente ed irremovibili sul paese e sui suoi magici dintorni. Quasi un angolo di Svizzera catapultato dopo un misterioso incantesimo nel cuore della Sicilia. Ed in questo pezzo di Sicilia, nel cuore di una regione spesso sede di contraddizioni forti, di conflitti talvolta drammatici tra l'uomo, la sua storia e l'ambiente, è facile riconoscere la diversità di Nicosia nell'amorevole cura con cui le sue genti si occupano del proprio paese, delle terre, riuscendo a coniugare sapientemente le più moderne tecnologie con l'arte empirica dei contadini di un tempo, tramandata da secoli da padre in figlio. E' proprio l'essere altro, unico più che raro, l'aspetto più eccitante, il primo che colpisce l'immaginario di chi raggiunge questi luoghi, sia esso turista o semplice viandante, stupito dalla profondità del paesaggio e dall'intensità dei suoi colori, ma anche da quel particolare dialetto delle genti del posto, una strana e dolce mistura tra il siciliano ed un idioma antico come il gallo-italico. Diversa, quindi, Nicosia, ma anche complessa, a cominciare dal centro abitato, capace di raccogliere gli stili architettonici più svariati, ciascuno dei quali a sua volta in grado di raccontarci un frammento della storia del paese. Una storia, appunto, complessa fatta di periodi di assoggettamento a popoli molto diversi tra loro, la cui presenza è testimoniata non soltanto nella sovrapposizione di influenze architettoniche o in quel particolare dialetto, ma anche nei modi di dire che consentono di individuare, ad esempio, come saraceni, gli abitanti del quartiere di San Michele, la cui ubicazione è presumibilmente la stessa dell'originario borgo fortificato in cui si insediarono gli Arabi, cosi come indicato dallo storico El Idrisi. E dopo gli Arabi i Normanni, che, nel 1062, alla guida del Conte Ruggero, occuparono la città intrecciando, con i precedenti reggenti musulmani rimasti, rapporti molto forti che consentirono lo svilupparsi, in particolare sotto il regno di Guglielmo II detto il Buono, anche a Nicosia, come nel resto della Sicilia, di quel caratteristico stile architettonico arabo-normanno che caratterizzò i secoli XII e XIII. Questo rapporto privilegiato tra la reggenza normanna e gli Arabi suscitò le gelosie di baroni ed ecclesiasti, provocando la reazione dura di Guglielmo II che insieme a Piazzesi e Randazzesi nel 1069 mosse guerra ai ribelli. Nel periodo in cui detennero il controllo della città i Normanni provvidero a rendere più possenti le fortificazioni dell'antico borgo, rinforzando mura, castello e porte d'accesso. Ma soprattutto, i Normanni consentirono il popolamento di tutto il territorio da parte di coloni Lombardi, provenienti in particolare dal Monferrato, ed attirati in Sicilia dalla concessione di terre ed immunità. La loro presenza contribuì alla nascita proprio di quel particolare dialetto gallo-italico che caratterizza il parlare e le caratteristiche somatiche tipicamente nordiche degli abitanti di Nicosia e delle altre città "lombarde" come Aidone, Piazza Armerina, San Fratello, Novara e Fondachelli-Fantina. Lo splendore in questa fase storica del nicosiano, gratificato del feudo di Asgotto dal sovrano svevo Federico II, è evidenziato anche dall'opportunità concessa alla città di inviare, nel 1240, due suoi delegati alla Corte generale a Foggia. Il periodo successivo, a partire dal 1270, è invece un momento difficile per la popolazione di Nicosia sottoposta al pesante giogo angioino, che avrebbe determinato l'esplosione in tutta la Sicilia, nel 1282, del Vespro. Nicosia diviene, nel 1337, sede di un'Assemblea dei baroni e dei Grandi del Regno con cui Pietro II d'Aragona intendeva dichiarare la sua avversità nei confronti di Federico Antiochia Conte di Capizzi, e del nicosiano Conte di Ventimiglia, rei di avere congiurato contro di lui. Il contesto in cui aveva luogo questo conflitto tra potenti era lo stesso che divideva la parte alta della città, abitata dai Mariani (di origine normanna e rito religioso latino che facevano riferimento alla chiesa di Santa Maria), e quella bassa, popolata invece dai Nicoleti (di origine greca e rito religioso bizantino con riferimento nella chiesa di San Nicolò) , le cui diverse origini erano prese a pretesto per contendersi il paese. Le due fazioni finirono con l'affrontarsi in battaglia e lo scontro, sempre più cruento, fu fermato soltanto dall'intervento del Mastro Giustiziere del Val Demone, che nel 1340 fece sottoscrivere alle due parti l'Atto di Concordia con cui le magistrature civiche venivano divise paritariamente tra i due quartieri. Sopiti, per il momento, i conflitti religiosi, Nicosia poté godere dei benefici della rinascita castigliana sotto Alfonso il Magnanimo che, a partire dal 1416, rilanciò in Sicilia l'economia e le arti. E' a questo periodo che risalgono gli splendidi dipinti del soffitto ligneo della cattedrale. Ma nel 1514 riesplose violento lo scontro tra i due riti confessionali sostenuti dai due cleri contrapposti, a difesa dei quali spesso scendevano in campo anche i laici dei rispettivi quartieri. Quest'ennesima esplosione di intolleranza causò l'intervento dell'arcivescovo messinese monsignor Rettana che sancì la divîsione del paese dichiarando le due chiese "matrici" ma ciascuna nell'ambito del proprio quartiere. L'atto fu successivamente modificato con l'attribuzione del matriciato alle due chiese con rotazione annua. Ogni quartiere organizzava quindi le proprie festività religiose, e la contemporanea celebrazione di eventi religiosi come il Venerdì santo, con le risse che nascevano da eventuali sconfinamenti delle due processioni, valsero a Nicosia l'appellativo di "città dei due Cristi". I conflitti religiosi non furono le uniche a causare problemi agli abitanti di Nicosia, ma ad essi si unirono pestilenze e, nel 1757, una tremenda frana che distrusse parte dell'abitato e la chiesa normanna di Santa Maria Maggiore, ricostruita più tardi a partire dal 1767. Ciononostante Nicosia vide aumentare di molto la sua popolazione e fu sede fiorente di arti e cultura come testimoniano la presenza in paese del medico-filosofo Marcello Capra, fondatore di un'Accademia medico filosofica, di una confraternita di artisti con sede in Sant'Antonio Abate, nel 1600, e del- l'Accademia Simetina. Tra il '700 e 1'800 furono edificati alcuni edifici religiosi come San Vincenzo, Santa Domenica e San Biagio. La presenza in città di numerosi nobili determinò anche la costruzione di importanti palazzi nobiliari di un certo interesse come il La Motta, La Motta San Silvestro, Falco, Testa ed altri. La semplice proposta, nel 1778, d'istituire in Nicosia un vescovado, produsse una nuova crisi tra i due quartieri per la scelta della sede contesa tra le due chiese di San Nicolò e di Santa Maria. La sede vescovile venne concessa al paese nel 1817 insieme allo status di sede di sottoprefettura e capoluogo di circondario.