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La 'vetustà' della cittadina di Troina è attestata dalla consistente presenza di numerosi siti archeologici che il suo territorio presenta. I più rilevanti sono senz'altro quelli di Monte Muanà, Picco San Pantheon, Monte Troina. Tra questi però, l'area che ricopre sicuramente di maggiore interesse è quella che ricade nelle pendici e nel versante sud-orientale del Monte Troina. e
questo per vari motivi :
La
suddetta zona presenta resti archeologici venuti alla luce, sistemati,
ristrutturasti nelle seguenti campagne di scavi :
È
stata studiata fondamentalmente da:
Le
rilevanze archeologiche individuate in quest'area sono:
Buona
parte però è del tutto interrata e andrebbe portata alla luce.
Non
trascurabili sono i reperti rinvenuti nelle pendici meridionali del
monte Troina, nel quartiere Corso:
I
suddetti e
schematici dati localizzano una area che si presterebbe ad una
delimitazione funzionale e fruibile di una parte dl patrimonio
archeologico di Troina. Infatti, l'area dove ricadono i resti segnalati
è già stata espropriata e sottoposta a tutela della sovraintendenza e
del comune.Una adeguata sistemazione, con un minimo intervento di
ripristino di quanto reinterrato e di valorizzazione di quanto è
tuttora emerso, consentirebbe di avere un buon sito archeologico da
offrire alla visita di quanti, interessati o turisti, amano le cose
antiche. E, potrebbe, anche essere usato per altri scopi, sempre legati
alla valorizzazione dell'area: spettacoli, iniziative di tipo didattico
(analisi del periodo greco e romano). Ancora
di più si potrebbe fare utilizzando l'edifico scolastico del quartiere
'Corso', adiacente all'area archeologica : allestimento di mostre,
antiquarium, corsi di restauro, laboratori di produzione
artistico-artigianale,etc. Una ipotesi di ulteriori campagne di scavo
che potrebbero interessare l'area suindicata appare motivata in
considerazione della 'questione' della antica città di
Engyon. Si è detto sopra che il ritrovamento dei resti di un
edificio sacro nella contrada Rusone hanno fatto pensare al Tempio delle
Dee madri che caratterizzò la storia della città scomparsa di Engyon.
Non essendo sicura la identificazione con la odierna Troina, che solo
una ulteriore ricerca di elementi archeologici potrebbe provare, una
seria e consistente azione di scavo sarebbe auspicabile, perché sia il
tempio delle dee madri che la città di Engyon, in una ipotesi di
recupero e valorizzazione della storia locale, sono di notevole
rilevanza storico-culturale. Sulla
'riscoperta' di Engyon si potrebbe costruire una 'politica culturale'
capace di avere adeguatamente e verosimilmente un richiamo turistico. Ipotesi
ancora più ragguardevole di valorizzazione del territorio può
senz'altro essere quella della creazione di un vero e proprio Parco
archeologico che assieme alle emergenze archeologiche sopra citate,
includa la Necropoli di monte Muanà , il terreno su cui sorge il
convento di san Michele.
La zona però è da tempo parte del complesso della Cittadella dell'Oasi e dovrebbe quindi appartenere all'istituto Oasi, per cui per farla diventare a tutti gli effetti fruibile necessiterebbe di una azione di recupero e di ristrutturazione e di un accordo ( o di un esproprio) con l'Ente proprietario, che ne permetta l'uso pubblico. Ma quello che appare più importante è la messa in mostra dei reperti trovati nelle campagne di scavo, possibilmente, come si diceva sopra, utilizzando i locali dell'edificio scolastico Corso: si abbinerebbe così la visione degli scavi a quella dei materiali rinvenuti. I materiali ritrovati sono di periodo siculo, romano e greco e constano di centinaia di reperti; statuine di notevole interesse), monete romane e greche, lucerne, ghiande fissile, sculture e terrecotte, frammenti di affresco, vasi, aghi, punteruoli, che permettono di identificare diverse età e periodi della storia greca e romana. Il grosso del lavoro in ambito di scoperte archeologiche risale, dunque, all'attività dell'Istituto di Archeologia dell'Università di Catania, negli anni 58-60. Tale lavoro fu sollecitato dall'allora sovraintendente onorario di Troina, Vincenzo Squillaci, che interessò la Sovraintendenza di Siracusa ad intervenire con una campagna di scavi presso Troina, presumendo fruttuosi ritrovamenti. Infatti, conoscendo la storia antica di Troina, e sapendo dei fatti di saccheggio che in tempi diversi , avevano portato a termine tombaroli locali, per conto di collezionisti troinesi e antiquari catanesi, Squillace si premurò di far intervenire le istituzioni preposte alla salvaguardia dei beni archeologici e con il consenso del sindaco Giuseppe Pettinato, riuscì a far compiere la prima e significativa attività di scavo a Troina, che la Sovrintendenza di Siracusa affidò all'Università di Catania. Solo che i risultati di quella campagna condotta negli anni 58-60, prontamente pubblicati da Elio Militello nel 61 che dovevano essere 'i primi di una campagna di ricerche regolari a Troina' , son a tuttora quasi gli unici, visto che in seguito non vi è stato alcun altro intervento, almeno da parte dell'Università di Catania; e, quelli seguenti, degli anni 70, non hanno fatto emergere risultanze di scavi e di ricerca, significativamente più importanti. Nel 74 la Sovraintendenza di Agrigento con l'intento di studiare l'ellenizzazione della Sicilia centro-orientale, sulla scorte delle ricerche precedenti, dà incarico a G.Scibona di effettuare una ricognizione della zona archeologica di Troina. L'intervento si traduce in una sistemazione di parte delle mura ellenistiche, di altre tre necropoli rinvenute in zona Muanà; sistemazione ulteriori avvengono nel 78 a vantaggio sempre del muro ellenistico e di altri punti della zona Rusone. |