Il carciofo è una delle piante che ha avuto in passato un posto preponderante nella farmacopea ufficiale. Ristudiato dalla mo­derna fìtoterapia, ha dato risultati che ne rivalutano le virtù. Il suo nome botanico è Cynara scolymus e, secondo la leggenda, Cynara era una fan­ciulla greca che, poiché resistette alle profferte amorose del dio Apollo, fu da lui trasformata in carciofo, spinoso e inaccessi­bile. Però, proprio perché aveva suscitato il sentimento di un dio, Cynara mantenne stra-ordinari poteri che sono proprio quelli salutari del carciofo. Prendiamo ora in esame il vegetale sotto i suoi plurimi aspetti culinari e terapeutici. Sappiamo che dal lato culinario la parte non ancora formata del fiore viene mangiata cruda, condita con olio, limone e sale. Ma sebbene stuzzichi l'appetito non è adatta a tutti essendo di laboriosa digestione per il forte contenuto di cellulosa. Leggermente lessato, il carciofo può considerarsi invece uno dei re della mensa perché la cottura lo rende di facile digestione e quindi più assi­milabile. Per quanto riguarda la fìtoterapia, dobbia­mo asserire che questa pianticella è, come vedremo, veramente preziosa. Le parti usate a scopo medicinale sono le radici e le foglie. Le azioni svolte dalle parti medicinali del carciofo, composte principalmente da cina-rina (che determina un aumento delle secrezioni della bile e ne facilita il deflusso), inulina, zuccheri, sali di potassio, calcio, magnesio, ferro, zinco, vitamine A, B, C, sono veramente molte e abbastanza com­plesse. Infatti queste azioni sono aperiti ve, toniche, diuretiche e soprattutto epatopro-tettrici stimolano cioè la funzione secretaria del fegato e, fatto molto interessante, ne stimolano anche la funzione antitossica re­cando benefìci effetti anche in casi in cui l'insufficienza epatica si manifesta sottoforma di stitichezza, scarsa emissione di urine e di varie malattie della pelle; abbas­sano il tasso di colesterolo. Il frutto, in particolare, sviluppa un'azione specifica ipoglicemizzante perché le sue essenze ter­narie sono costituite per la maggior parte di insulina che è un carboidrato generatore di fruttosio. Il vino medicinale ottenuto con le foglie (50/60 grammi di foglie ben tritate e poste a macerare per 10 giorni in un litro di vino bianco secco) è specifico per le malattie del fegato; è un buon febbrifugo, digestivo e antiurico. Il decotto misto di radici e foglie al 3%, fatto bollire per 9/10 minuti, preso nella dose di due o tre tazze al dì lontano dai pasti, per due o tre settimane, è valido per combattere l'arteriosclerosi. Inoltre il de­cotto è con- sigliabile anche contro la cellulite. Una piccola curiosità: anche gli egizi conoscevano il carciofo tant'è vero che la sua immagine appare nei dipinti del tempo dei faraoni. E probabilmente se ne servivano per curare le malattie del fegato, anche allora molto diffuse.