Un monumento, un quadro, una statua o una composizione letteraria o musicale. Queste e non solo sono le parole chiave che aprono al nostro intelletto l’idea di bene culturale. Spesso si tratta di elementi saldamente inseriti nel contesto sociale e quindi storico culturale. Talvolta invece, nella maggior parte dei casi, si ha a che fare con manufatti antichi ed abbandonati nell’uso come nel godimento (monumenti, ville, masserie, ecc.). Proprio di godimento, infatti, si deve parlare se consideriamo che ogni “bene culturale” nasce sicuramente da un’esigenza o volonta’ di esprimere uno atto particolare dell’animo del suo creatore, o dalla necessità di intervenire sull’ambiente per ottenere migliori condizioni di vita, nel quale si sommano tutti gli aspetti positivi di creatività, originalità, bellezza. Un’opera d’arte, in senso lato, quindi si muove da questo stato di tensione al “bello” per giungere inevitabilmente alla sua rappresentazione attraverso ciò che è materiale. E’ in queste condizioni di limpida bellezza che giunge a noi e in queste condizioni tutti ci augureremmo che rimanesse. Così non è, poiché il nostro “bene” si arricchisce, a volte suo malgrado, di successivi significati. L’oggetto d’arte diviene allora non più la semplice espressione del senso estetico ma, si pone come testimone di avvenimenti storici ai quali esso è legato o dai quali esso è determinato. Lungi dal pretendere di spogliare di queste ricchezze il manufatto in questione non rimane che assorbirle in toto e cercare anzi di valorizzarle rendendo all’opera una pienezza tutta sua e caratteristica dei tempi, dei luoghi e dei modi che ne hanno ispirato la creazione. Da queste considerazioni e da altre ancora si origina una concezione moderna del restauro.

Esso ha visto, nel secolo passato, avvicendarsi studiosi ed artisti nei vari tentativi di definire il senso migliore o le linee guida. Si è così passati dagli interventi mirati alla ricomposizione dell’opera mediante l’impiego di parti originali o mediante la loro produzione (fine XVIII - inizi XIX sec.), alla convinzione di dover a tutti i costi completare o addirittura correggere il manufatto (metà XIX sec.). Ancora, intorno al 1850, si vede sorgere l’idea di accostarsi al restauro di bene culturale, inteso maggiormente come edificio monumentale, in modo da effettuare solo una semplice manutenzione. Verso gli inizi del nostro secolo si giunge infine al concetto di restauro scientifico o filologico nel quale viene enfatizzata la ricerca storica e bibliografica mirata ad una riscoperta della “stratificazione” come testimonianza del passato.

Attualmente il restauro si è lasciato affiancare inevitabilmente dalle più avanzate discipline tecnico-scientifiche e, grazie alle nuove scoperte nel campo della chimica dei materiali, sono possibili interventi di tipo conservativo ed anche preventivo. Si opera cioè in modo da rendere l’opera d’arte “immune” al degrado causato dagli agenti atmosferici, chimici e biologici. Inoltre vengono impiegati apparecchi sofisticati anche nella diagnostica, che è poi il settore primario per effettuare un efficace intervento di restauro. Vediamo così coinvolte metodologie di indagine dapprima relegate al mondo clinico-biologico o fisico-chimico, ad esempio: fluorescenza a raggi X, cromatografia HPLC, spettroscopia FTIR, difrattometria, SEM.

Queste tecniche analitiche, insieme con quelle già da tempo note ed utilizzate (X-grafia, microscopia ottica in luce polarizzata, microscopia UV, ecc.) vengono utilizzate al fine di ridurre al minimo la quantità di materiale da prelevare come campione. Si agisce, quindi, secondo il modello delle analisi non distruttive o microdistruttive.

L’insieme degli istituti di ricerca, atenei, laboratori privati che si occupano attivamente di restauro scientifico, hanno posto le basi per una seria rivalutazione del patrimonio artistico e culturale, determinando negli imprenditori l’insorgere di maggiori sicurezze ai fini degli investimenti. Si pensi alla chimica, all’informatica, o al settore trainante ovvero l’edilizia. Quest’ultima, in relazione alla nostra regione, riveste un’importanza essenziale. La Sicilia, infatti, secondo stime europee, è sede di un importante patrimonio culturale che raggiunge il 10% circa di quello mondiale. La ricchezza isolana consta in massima parte di manufatti architettonici di interesse artistico che costituiscono i centri storici delle nostre splendide città. Nell’ultimo decennio si è osservato un maggiore interesse nella salvaguardia dei monumenti e delle costruzioni presenti in tali aree. Spesso, però, le iniziative tese al recupero di tali edifici hanno dimostrato difficoltà applicative di vario tipo.

Oggi gli interventi sul patrimonio storico non sono più l’esclusivo esempio, sia in termini culturali che tecnici, di realtà politico-amministrative e culturali avanzate, ma, anche grazie ai meccanismi diffusivi di una legislazione articolata su livelli regionali, sono diventati attuabili in pressocché tutte le realtà anche in quelle più decentrate. Questo processo di costante, anche se lento, incremento dell’intervento pubblico nei centri storici si aggiunge al rinnovato interesse per il riuso di edifici antichi da parte del capitale privato, determinato anche da una crisi edilizia con carattere di crisi strutturale di lungo periodo dipendente in larga misura dal crollo della domanda di nuove abitazioni oggi troppo costose oltre che indirizzata in prevalenza a soddisfare bisogni ormai in gran parte coperti (abitazioni in proprietà o per investimento immobiliare).

E’ evidente che i centri storici hanno da tempo acquistato un nuovo ruolo nell’economia italiana. Questa preponderante motivazione economica ha portato ad un più marcato fervore negli interventi sul patrimonio storico-architettonico. Anche nelle realtà rurali è cresciuto l’interesse per tali investimenti e non solo per gli evidenti vantaggi imprenditoriali ma per il desiderio di ritrovare le antiche tradizioni.

Ciò è avvenuto anche grazie alla cultura dell’agriturismo che ha permesso la realizzazione di risanamenti, restauri e soprattutto la riscoperta di patrimoni come antiche masserie, case appalazzate, palmenti ecc.

Ci si augura, quindi, che questo “trand” socio-economico-culturale prosegua per molti anni ancora fino a raggiungere una integrazione armoniosa tra arte, natura e buon vivere.