Una divertita ed ironica riscoperta delle antiche origini del nome di Isola delle Femmine, località nei pressi di Palermo, fatta da Toddi dal suo volume di viaggi per l’Italia dal titolo Itinerari bizzarri, curiosità italiche, edito nel 1934 dalla Casa Editrice Ceschina di Milano, ed insieme a questa una carrellata rapida alla scoperta di altri luoghi in altre località del mondo con denominazioni simili.

 

Due genitori in un momento di ebbrezza letteraria, o uno zio padrino ricco e presuntuoso possono imporre a un neonato - e imporglielo per tutta la vita - il più strambo dei nomi. Così a Roma, curiosamente abbonda il nome femminile di Cleofe, che assai meglio si addice a un Faraone costruttore di piramidi. La Santa Chiesa limita la facoltà di battezzare, costringendola tra i soli nomi che sian già santificati: ma non è detto che anche tra i beatissimi non vi sia gente che ebbe, in vita, nome alquanto bislacco, santificato con lodevoli azioni, ma non per ciò meno strambo. L’onomastica geografica è gene-ralmente assai più saggia; e un nome di città o di paese perdura soltanto per volontà di popolo. Le denominazioni bizzarre son rare ed hanno, almeno, una giustificazione. Gli abitanti di Borgocollefegato continuano con legittimo orgoglio - dal ‘300 - a chiamar così il loro borgo che è un colle fatto a forma di fegato. Ciò afferma, in essi, delle conoscenze anatomiche non comuni, giacché non debbono essere molto numerosi i regnicoli i quali sappiano con esattezza quale sia la forma del fegato. Alcuni anni fa, un R. Decreto decise la riunione di due comuni, in quel di Brescia: avevan lo stesso nome: uno però era "di Sopra" e l’altro "di Sotto". Adesso li riunisce un solo municipio e il grazioso nome di Prevalle: e ciò non permette al viaggiatore onesto di nominare ad alta voce quel ridente nome, anche se egli si trovi in compagnia di rispettabili pudiche signore. E questo non era possibile prima del R. Decreto n. 1711, del 28 giugno 1928.

Raramente un nome forma la disgrazia di un paese o di una città. Qualche volta ne fa la fortuna. Può essere come un bel cognome patrizio per un giovane depauperato, il quale speri di riplacare matrimonialmente in oro l’avito blasone. Ed ecco qui un paese che ignora di avere, nel suo nome, un vero tesoro nascosto, sebbene esso appaia evidente persino nel timbro postale: Isola delle Femmine. E pensare che, in tutta la moderna letteratura italiana, così assetata di nuovo e di sensazionale, non c’è neppure un romanzo - macché! neppure una novella! - che si svolga ad Isola delle Femmine. Isola delle Femmine non è un’isola e non vi sono femmine più che altrove.

Ma che importa? Se vi inviano delle cartoline illustrate, di qui, ciascuna di esse dà al destinatario l’impressione che il mittente abbia compiuto una avventurosissima gita nel paese delle Amazzoni. Non il Rio delle Amazzoni, ma il paese delle Amazzoni vere: quelle della leggenda. Invece, a Isola delle Femmine si arriva comodamente in treno o in auto, da Palermo, costeggiando per venti minuti soltanto la sponda meravigliosa. Sul monte Pellegrino, proprio su su, han costruito un nuovo albergo, appollaiato a dominar Palermo, con audacia da aquile. Costruiranno - dicono - una teleferica per arrivarci.

Ecco: con assai minor spesa bisognerebbe costruire un bell’albergo qui, per fare affaroni. La pubblicità è già fatta dal nome: chi, avendone la possibilità, non vorrebbe recarsi almeno una volta in vita sua a Isola delle Femmine?

Vi accorrerebbero giovanotti e adulti, giacché un nome simile esercita il medesimo fascino sugli ancora imberbi e sui già canuti e calvi. Qui, poi, non troverebbero nulla di speciale. Tutto da organizzare. Bisognerebbe riesumare innanzitutto i ricordi storici o leggendari: risollevare a dignità di cimelio famoso la piccola torre che è su un brullo isolotto, di fronte al paese. In quella torre - dice la tradizione nata chi sa come - venivano rinchiuse le donne infedeli. Sicché il vero nome di questo paese non dovrebbe essere semplicemente qual’è, ma "Isola delle Femmine Infedeli". Anche così ampliato, non si perderebbe nulla, turisticamente: anzi! A Norimberga, sul Burg, nella spaventosa Torre Pentagonale - museo di medievali strumenti di tortura, che una florida fraulen vi mostra e illustra sorridendo - c’è in una cella orribile un pupazzo al naturale, vestito alla foggia del ‘600 e colorato in modo impressionante per rievocare agli occhi del visitatore la prigionia in quel luogo. Qui, nella torretta sullo scoglio brullo, bisognerebbe congegnare qualcosa di simile: collocare in essa un manichino di cera, raffigurante una di quelle donne belle, appassionate e fedigrafe che, con il loro adulterio, diedero lo strano nome all’isoletta e poi all’odierno innocente paese. Gli abitanti di oggi, invece, non ricordano per nome neppure una delle belle traditrici che dovrebbero esser glorie famigliari per molti di essi. (anche un reato diventa titolo di onore, quando passa alla storia).

Concorrenti temibili di Isola delle Femmine non ce ne sono, in tutta Europa: i Tedeschi hanno un "Monte delle Donne", Frauenberg, in Assia: ma c’è un convento di Francescani; e un "Borgo delle Donne", Frauenburg, presso Elbin, ove fu canonico Copernico. Persino il "Campo delle Donne", Frauenfeld, in Svizzera, fu fondato da un abate. E anche in questi nomi l’apparenza delle "donne" è spesso illusione etimologica, ché il significato e l’origine son più singolari e sacri. Ma un paese simile, con tanto di leggenda passionale, in tutto il mondo non c’è. Soltanto i Giapponesi hanno dato un nome femminile e sentimentale a un’intera regione. Nientemeno che quindici province dello Honshu portano il nome poetico di Azuma. E’ un nome unico anch’esso, poi che significa: "Moglie mia!". Quelle quindici province, con tale nome, son quasi un monumento immenso alla bella e generosa figura di Ototachibana-himo, moglie del leggendario eroe giapponese Yamatotake. Per calmare il Dio del mare, tempestosamente irato da una facezia di lei, la bella donna si sacrificò, gettandosi in acqua dalla nave che doveva condurre Yamatotake alla gloriosa conquista. Al ritorno - solamente al ritorno, dopo aver debellato i nemici - il grande eroe giapponese contemplò dall’alto dello Usui la meravigliosa baia in fondo alla quale giaceva la consorte ed esclamò piangendo: "Ah! moglie mia! (A-zuma!). Così il nome è rimasto da diciotto secoli. Nessun giapponese ignora quel nome e quella leggenda, che per lui è storia autentica. Quanti italiani, invece, conoscono che esista un’Isola delle Femmine? Il nome di questa, è vero, non deriva da un atto eroico di devozione coniugale. Ma il regno della leggenda è come quello della storia: appena il 15 per cento è composto di buone azioni.

Isola delle Femmine, febbraio 1931