Uno dei luoghi più incantevoli della Sicilia è senza dubbio il territorio che l'Alcantara attraversa durante il suo lungo tragitto dalla sorgente sino allo Jonio. Una descrizione delle caratteristiche ambientali più rilevanti di quest'area a cavallo tra l'Etna, i Nebrodi e i Peloritani e compresa tra le province di Catania e Messina

 

Malvagna, Moio Alcantara, Francavilla di Sicilia, Motta Camastra, Graniti, Gaggi sul versante sinistro e Randazzo, Castiglione di Sicilia e Calatabiano sul destro. Il paesaggio della Valle assume caratteri che variano rapidamente spostandoci dalla bassa valle verso le sorgenti e dallo spartiacque del versante destro a quello di sinistra. La morfologia è condizionata notevolmente da fattori geologici e dall’azione degli agenti morfodinamici. In generale, la superficie è condizionata, nella parte medio-alta della Valle sinistra e della catena, dai processi erosivi legati all’azione dell’acqua, della gravità e della tettonica, e, nel dominio etneo, dal vulcano con le sue colate laviche e depositi di cenere e lapilli. Nel versante sinistro, l’acqua agisce esaltando le forme

Il fiume Alcantara, secondo fiume siciliano per portata, ha una lunghezza di 54 km e il suo bacino si estende per circa 620 kmq, comprendendo il versante Nord dell’Etna e l’estrema porzione meridionale dei Monti Peloritani. La collocazione tra due domini geologici differenti (dominio vulcanico e dominio della Catena Appenninica) fa assumere alla Valle dell’Alcantara caratteri di unicità per la diversità dei paesaggi e per la peculiarità degli ambienti naturali. La valle si sviluppa tra le province di Messina e Catania e comprende i centri abitati di Floresta, S. Domenica Vittoria, Roccella Val Demone, generate dalle forze endogene e incidendo profondamente l’ambiente modellando valli strette ed incise, versanti ripidi e talora subverticali, crinali aguzzi e stretti. La montagna è solcata da corsi d'acqua generati da sorgenti localizzate nei terreni flyschioidi o alla base di costoni rocciosi calcareo-arenacei.

Nel settore montano a Nord della direttrice M. Moio, Roccella Val Demone, S. Domenica Vittoria, Case del Flascio, dove dominano pascoli e boschi molto importanti fra cui quelli di "Malabotta", del "Flascio" e di "Fago Scuro", spiccano ripide pareti e nude rocche calcaree o arenacee che delimitano i rilievi di Punta dell'Aquila, Croce Mancina, Punta Tre Finaite, Punta dell'Inferno, M. Di Pietrebianche, M. Colla, M. Di Trearie. Nel settore collinare medio-alto, dove prevalgono terreni argillosi, l'azione erosiva delle acque di ruscellamento provocano fenomeni di dilavamento superficiale e ruscellamento concentrato. La superficie assume forme più dolci e regolari con modesti rilievi e spuntoni rocciosi poco elevati, e pendii che dolcemente scendono verso il fiume. Il paesaggio è dominato ancora dal seminativo e dall'arbusto contornato e alternato in ampi pascoli che verso l'alto cedono gradualmente il posto al bosco di latifoglie di roverella.

Nella fascia della bassa valle al confine tra il dominio vulcanico e sedimentario la superficie e il paesaggio risentono della contesa tra le colate laviche e i sedimenti alluvionali trasportati dalle acque. In questo contesto i due domini si compenetrano e si contendono spazi occupati ora dall'uno ora dall'altro. Tipica è, a tal proposito, la presenza di pianure con stagni e laghi temporanei. Le colate laviche interrompendo il percorso di alcuni corsi d'acqua hanno creato dighe di sbarramento. Di conseguenza i fiumi, trovando il percorso interrotto, hanno abbandonato il letto riversandosi in ampi bacini alluvionali creando laghi e stagni. Fra queste si segnala la Piana di Gurrida, formatasi per lo sbarramento del corso del Fiume Flascio, una volta probabilmente il principale affluente dell'Alcantara, e la Piana di Moio. La Piana di Gurrida si trova a 5 km a Sud-Ovest di Randazzo allo sbocco della Valle del Fiume Flascio, collocata tra le lave etnee, fra cui le "Sciare di S. Venera", e i terreni a falde della Catena a Nord. Oggi il Lago di Gurrida non esiste più, al suo posto si trova la omonima piana alluvionale, con un invaso artificiale e un'area paludosa colmata stagionalmente dalle acque e dominata dal saliceto e da arbusti vari fra cui la ginestra e la rosa canina e presso cui trovano rifugio anatidi e trampolieri oltre ad una varietà di specie, uccelli (pendolino, falco cuculo ecc.), mammiferi (volpe, donnola, faina, ecc.) e rettili, fra cui la natrice, un simpatico serpente che vive negli acquitrini e nell'invaso artificiale. Nella restante pianura domina il paesaggio agrario dei vigneti, frutteti, seminativi e pascoli. Altre aree paludose si trovano ancora più a Sud-Ovest della Piana di Gurrida ma di queste, a causa della loro modesta estensione e da modifiche apportate dall'uomo, resta solo il toponimo. In questo settore primeggiano pascoli e seminativi interrotti da isolati blocchi arenacei talora di notevoli dimensioni fra cui M. Cucco. Fra le pianure, nel tratto di Valle compresa fra Randazzo e M. Cucco, la più importante è senza dubbio la fertile "Piana di Moio". In essa il paesaggio è dominato dal frutteto, colture orticole e seminativi che verso l'alto cedono il posto all'oliveto, ai pascoli e agli arbusteti fino al limite della collina medio-alta. La Piana si è formata a seguito dell'interruzione del corso del Fiume prodotta da colate laviche, fra cui quella emessa dal M. Moio, il cono vulcanico etneo più a settentrione. Nell'asta principale, nel tratto che va da Monte Moio fino a qualche chilometro a valle di Francavilla di Sicilia, il Fiume ha un letto incassato nei tratti di roccia arenacea lavica. In tali settori il fiume ha inciso profondamente la roccia creando "gole" variamente profonde con pareti verticali che mettono in risalto colonne basaltiche e forme di erosione di estremo interesse. Fra queste abbiamo le marmitte, particolari cavità nelle lave di forma cilindrica, di diametro e profondità variabili da qualche decimetro fino ad oltre un metro, scavate dall'azione dei ciottoli ruotanti vorticosamente.

Nel versante destro della Valle, le colate laviche, contribuiscono alla rigenerazione dei suoli rinnovando quel processo, tipico nei vulcani, che, a partire dalla colonizzazione delle aspre e aride lave recenti, ci permette di ripercorrere l'evoluzione della vita vegetale. Le colate laviche invadono aree depresse generando frequenti inversioni di rilievo: le colline, scompaiono e talora le vette si trasformano in fondi di depressioni che rinveniamo nelle cosiddette "dagale". Le colate si presentano variamente alterate in relazione all'età, alle caratteristiche intrinseche, alla quota e all'esposizione del versante.

Nei substrati sabbiosi o lavici antichi il paesaggio assume forme regolari e i versanti hanno pendenze modeste. Il settore vulcanico sommitale è dominato dal deserto lavico e sabbioso. Il rilievo è addolcito da vasti depositi di ceneri alimentati dall'attività esplosiva, frequente nei Crateri sommitali. Intorno a 2.800 metri s.l.m., sotto Punta Lucia, in un deposito piroclastico denominato "sabbione" compare la tipica vegetazione delle pioniere endemiche. Fra le quote 1400 m. s.l.m. e 2500 m. s.l.m. il paesaggio è caratterizzato dalla presenza di numerosi apparati eruttivi con coni e hornitos allineati, denominati anche "bottoniere", inclusi in ampie distese laviche. Tra gli apparati eruttivi, si segnalano quelli di Monte Spagnolo, Monte La Nave, Monte Maletto, Monte S. Maria, Monte Pomiciaro, Monte Nero, Monte Pizzillo. Le distese laviche offrono un paesaggio monotono ma interessante, sono colonizzate dalla vegetazione pioniera, e sono presenti dagale con faggi, pini e betulle. In particolare la colata lavica del 1614-24, che per le peculiarità morfologiche è chiamata "lava dei dammusi", presenta numerosi canali di scorrimento, bocche effimere, tumuli, lave a corda. Verso il basso nei terreni più antichi si trovano boschi di faggio, di roverella, leccio e copertura di vegetazione arbustiva oltre che rimboschimenti a conifere. Alle quote medio-basse, nella fascia che va da Maletto a Castiglione prevale il paesaggio agricolo con pascoli, vigneti e noccioleti. In questo settore del versante destro i terreni sedimentari appaiono localizzati in modeste dagale dove affiorano banconi arenaceo-conglomeratici che formano spuntoni rocciosi. L'esempio più interessante è la collina di Verzella. In corrispondenza di Castiglione-Francavilla di Sicilia, fino a Gaggi, i versanti della valle sono ripidi e la sezione si restringe, l'alveo è nuovamente incassato e forma gole strette e profonde. In questo tratto, il bacino nella fascia medio-alta si caratterizza per il rilievo aspro e articolato e per la presenza di versanti acclivi incisi profondamente da torrenti e fiumare. I ripidi pendii inglobano grossi banchi arenaceo-conglomeratici del Flysch di Capo d'Orlando che spezzano la regolarità del versante. Le rocche e gli spuntoni di roccia presenti nei pressi di Graniti, Motta Camastra, Castello di Francavilla e Castiglione sono le espressioni fra le più suggestive. Verso il basso la fascia collinare è caratterizzata da modesti rilievi con versanti poco acclivi dominata dal paesaggio agrario con uliveti e agrumeti costeggiati da lembi di bosco naturale (Monte Falco, Castrorao, Casa Morabito, Mitoggio, Fondaco Motta). In corrispondenza di Calatabiano, la Valle si apre dando origine ad una estesa pianura alluvionale degradante dolcemente verso Est. La spianata alluvionale è interrotta da brusche variazioni di pendio, consistenti in scarpate di faglia e orli di terrazzi riconducibili all'azione fluvio-marina, ed è punteggiata da modeste colline di lava o di depositi plio-quaternari (Cava di Gesso) testimonianza di estesi e antichi terrazzi fluvio-marini (Chianchitta). La pianura, ai margini delle aree urbane dei centri di Giardini Naxos, Calatabiano e Gaggi, è dominata dal paesaggio agrario con prevalenza di agrumeti e colture orticole.

Origine geologica della Valle dell'Alcantara

La Valle dell’Alcantara si colloca in corrispondenza del margine meridionale degli Appennini sui terreni delle cosiddette Catene "Appenninico-Maghrebide" e "Kabilo-Calabride". La Catena Appenninico-Maghrebide", che ha una continuità a Ovest fino alle coste africane, è delimitata a Nord dal fronte dalla "Catena Kabilo-Calabride", a Est dalla fossa ionica e a Sud dall’avampaese ibleo che soggiace ad essa tettonicamente. Essa si è formata durante la fase orogenetica, a partire dal Miocene inferiore (15-22 milioni di anni fa), a seguito dell’accavallamento e dell’avanzamento verso Sud di potenti pile di terreni provenienti dal denudamento tettonico della piattaforma continentale e dei fondali di un antico mare che separava il continente Africano da quello Euroasiatico denominato "Tetide". La Catena Kabilo-Calabride, localizzata in Sicilia in corrispondenza del suo estremo settore Nord-orientale, si è formata, a partire dal Paleogene (65.000.000-55.000.000 di anni fa), a spese del margine europeo della Tetide (Finetti e alii, 1996). La ricostruzione degli eventi tettonici e geologici che hanno portato la Valle dell’Alcantara alla configurazione odierna è estremamente complessa e dibattuta. L’attuale assetto strutturale della Sicilia orientale si è delineato a partire da 12 milioni di anni fa (Tortoniani) nell’ultima fase dell’orogenesi che ha portato alla formazione della Catena Appenninica siciliana. L’evoluzione tettonico-strutturale della Sicilia è stata fortemente condizionata dalla collisione tra le placche europea e africana iniziata tra la fine dell’era secondaria e l’inizio di quella terziaria. All’inizio del Mesozoico esisteva un ampio bacino, appartenente alla Tetide, delimitato da un margine continentale stabile. Nel Triassico medio-inferiore (230.000.000-210.000.000 di anni fa), in corrispondenza del margine continentale della placca africana, cominciarono a formarsi graben che via via allargandosi diedero origine a importanti bacini sedimentari delimitati da piattaforme e scogliere.

Nel Triassico medio-superiore (210.000.000-200.000.000 di anni fa), un frammento di costa continentale denominato "Adria" ha iniziato a staccarsi dalla placca africana dando origine al Bacino Ionico (Finetti e alii, 1996). Più tardi, nel Lias (195.000.000-180.000.000 di anni fa), si ebbe un avanzamento del mare verso la terraferma e alcune piattaforme continentali furono sepolte da sedimenti terrigeni. Tra la fine del Mesozoico e l’inizio dell’Era Terziaria, la collisione fra le masse continentali della Placca Africana ed Europea ha determinato la chiusura del mare, il raccorciamento e l’ispessimento della crosta attraverso l’impilamento e il piegamento di terreni appartenenti a formazioni diverse (falde). Tali collisioni, tra il Paleocene e l’Eocene (65.000.000-40.000.000 di anni fa), hanno determinato la formazione della "Catena Kabilo-Calabride" che, nel Miocene, dopo una serie di accavallamenti nei diversi domini paleogeografici, si sovrappose sulla "Catena Appenninico-Maghrebide". L’importante fase tettonica è stata accompagnata da sollevamenti, dall’emersione di porzioni di crosta, e da importanti processi erosivo-deposizionali che hanno favorito la formazione di notevoli accumuli di sedimenti provenienti da Nord. Tali sedimenti, che oggi troviamo al tetto delle unità cristalline, si sono formati in differenti cicli deposizionali che hanno interessato l’intera Catena che è rimasta sommersa fino al Pleistocene. Oggi di questi cicli deposizionali riscontriamo alcune formazioni sedimentarie che si rinvengono nella Valle dell’Alcantara fra cui si segnalano: la Formazione di Piedimonte, depositatasi nelle aree antistanti il fronte di accavallamento delle falde, di età Oligocene inferiore, e il Flysch di Capo d’Orlando che ricopre quasi interamente la Catena, di età Chattiano-Burdigaliano inferiore. Dal Langhiano si ha una progressiva diminuzione della batimetria e la parziale emersione di alcune aree esterne dei domini maghrebidi, in via di formazione (Nigro e Sidoti, 1994). A partire dal Serravalliano (14.000.000 di anni fa circa) l’avanzamento delle "catene" sulle aree di avampaese è stata accompagnata da fenomeni estensionali nelle aree di retrocatena che hanno generato il Bacino Tirrenico (Finetti & Del Ben, 1986). Nel Messiniano (7.000.000-5.000.000 di anni fa circa), a seguito di un generale sollevamento dell’area, ai bordi di bacini che tendono a restringersi si imposta una sedimentazione evaporitica che interessa marginalmente l’area. Con il Pliocene (5.000.000 di anni fa), a seguito di un aumento degli apporti idrici, si chiude la fase evaporitica e il mare ritorna a condizioni di salinità normale. Con il Pleistocene (1.800.000 di anni fa), seppure in un ambito di sollevamento generale dell’area che porta alla emersione della Catena, si ha l’alternarsi di glaciazioni e interglaciali, e un susseguirsi di trasgressioni e regressioni del mare con variazioni della batimetria e quindi delle condizioni paleoambientali marine e della fascia costiera. Il territorio attualmente occupato dall’Etna e dalla Piana di Catania era sede del cosiddetto "Bacino pre-etneo" il cui margine Nord era individuabile negli attuali territori di Linguaglossa, Piedimonte, Vena e l’alto versante sinistro della Valle dell’Alcantara. Gli attuali affluenti del versante sinistro dell’Alcantara da Castiglione in su probabilmente sfociavano direttamente nel "Golfo pre-etneo". Testimonianza di quanto sopra è l’esistenza nella zona di Vena, a quota 750 m s.l.m., delle cosiddette "argille marnose azzurre" del Siciliano, depositatesi a una profondità di 30-50 metri tra 700.000 e 100.000 anni fa. Contemporaneamente alla deposizione delle sabbie e delle argille marnose azzurre nel "Golfo pre-etneo" si avevano manifestazioni vulcaniche con intrusioni magmatiche a debole profondità (Romano e Sturiale, 1981) ed effusioni che hanno dato origine a espandimenti basaltici.

Il sollevamento generale dell’area portava al progressivo ritiro del mare e la linea di spiaggia si spostava sempre più a Est verso il Mar Ionio. A partire da 300.000 anni fa la formazione e sovrapposizione di diversi centri eruttivi ha dato origine ad un unico edificio vulcanico che via via ha occupato quasi interamente l’area del "Golfo pre-etneo". Man mano che i prodotti vulcanici si sovrapponevano e si espandevano su superfici sempre più ampie (circa 100.000 anni fa) i corsi d’acqua posti a Nord dell’edificio venivano deviati ai margini dell’apparato vulcanico. Ciò ha favorito la "fusione" di diversi bacini fluviali che prima sfociavano singolarmente nel "Bacino pre-etneo", e la configurazione di quella che oggi noi chiamiamo Valle dell’Alcantara. Probabilmente in origine il fiume si sviluppava a meridione dell’attuale allineamento Randazzo, Piedimonte Etneo. In seguito le colate laviche, provenienti dagli apparati eruttivi etnei, hanno spostato verso Nord il corso del Fiume. Ad un certo punto un importante evento eruttivo ha definitivamente impedito lo sbocco nel bacino pre-etneo costringendolo a trovare un nuovo percorso ancora più a Nord. La mancanza di uno sbocco a mare ha causato numerose alluvioni e ha favorito la formazione di bacini lacustri nella zona compresa tra C.da Galluzzo e Pietramarina. Il ripetersi di fenomeni alluvionali hanno determinato l’accumulo di notevoli spessori di detriti che hanno colmato depressioni e i bacini lacustri con conseguente innalzamento del piano campagna che ha consentito al fiume di trovare un nuovo sbocco confluendo in un altro bacino localizzato a Sud di Monte Cucco. Tra 100.000 e 10.000 anni fa il mare si spingeva verso l’entroterra, come è confermato dalla presenza di depositi neritici e terrati, fra cui quelli di Castrorao (158 m s.l.m.) con coralli (flabellum e cladocora), briozoi e a Poggio Marauli (146 m s.l.m.) (Patti, 1988a). Inoltre il rinvenimento di antiche linee di spiaggia, localizzate a quote progressivamente inferiori nella bassa valle, fanno supporre ad una graduale regressione del mare verso Est. Fra quelle più significative si segnala quella di Serra S.Biagio (92 m s.l.m.). Si tratta del residuo di una antica linea di costa che si sviluppava tra l’attuale Serra S.Biagio e le colline di Giardini e Gaggi, tale deposito di spiaggia è correlabile al "Chiancone" (14.000-5.000 anni fa). Altri depositi di spiaggia sono stati rinvenuti alle quote 50 e 20 m s.l.m. Prima di 2.750 anni fa, probabilmente intorno al 3.000 a.C. la Valle è stata invasa da una imponente colata lavica che ha sconvolto il profilo d’equilibrio del Fiume (Patti, 1988a). La sua origine è controversa, alcuni autori collegano la formazione della colata con l’eruzione di M.Moio mentre altri con quella di M.Dolce. La colata, che in alcuni tratti supera 80 metri di spessore, ha invaso il mare per alcune centinaia di metri. Successive alluvioni, determinate dallo sbarramento del corso del fiume da parte della colata lavica, hanno dato origine ad alcune spianate alluvionali fra cui la Piana di Moio, di Francavilla, di Gaggi, di Chianchitta e di Quartararo. La modifica del profilo d’equilibrio del Fiume ha, inoltre, accentuato contemporaneamente nel medesimo tratto l’azione deposizionale ed erosiva con la formazione di profonde incisioni sulla lava, forre e gole profonde anche diverse decine di metri. Delle alluvioni post-colata una disastrosa nel VI secolo a.C. ha sepolto quasi interamente la città di Naxos, prima colonia greca di Sicilia fondata a Capo Schisò dai Calcidesi d’Eubea nel 1736 a.C.

Giuseppe Patti