Nella provincia di Catania esiste una tradizione secolare che lega molte attività artigianali alla lavorazione della ceramica secondo stili e modi che non hanno minimamente risentito dell'incedere inesorabile del tempo, come nel caso dei ceramisti di Caltagirone.

 

Parlare di Catania equivale a parlare dell’Etna, del fuoco e della lava o di ciclopi e faraglioni; ed ancora di mare, di barocco e di Sant’Agata. A volte Catania è associata alla sua omonima fertile pianura, ricca di cereali e di agrumi. Ma raramente (o forse mai) fa venire in mente ceramiche, terrecotte e decori. Eppure c’è una parte della provincia catanese che lega indissolubilmente da sempre il suo nome alla ceramica. È questa la zona di Caltagirone, estremo lembo sud-orientale della provincia, tanto differente dal resto del catanese da sembrare quasi una provincia nella provincia. E Caltagirone, di diventare provincia autonoma, lo spera da tempo, anche se le promesse - mai mantenute - hanno un po’ castrato questa aspirazione. I calatini, comunque, nel progetto di autonomia non smettono mai di credere. L’origine araba del toponimo Caltagirone "Qual’at alghiron", significa rocca o colle, lo stesso dei precedenti imposti alla città. L’arte della ceramica da queste parti risale addirittura a 4 mila anni prima della venuta di Cristo. Sono, comunque, gli arabi (828 d.c.) ad introdurre la ceramica policroma invetriata, tecnica arrivata sino ai nostri giorni. Il blu ed il giallo caratterizzano, in maniere inconfondibile, la ceramica calatina, usata nel decoro urbano, come testimoniano le strade ed i palazzetti del centro cittadino. Caltagirone si raggiunge da Catania mediante la strada statale 417. La prima uscita, provenendo dal capoluogo, conduce sino in centro.

L’auto, per la passeggiata a piedi per le vie cittadine, può essere posteggiata nei pressi della Villa Comunale. Il Giardino pubblico Vittorio Emanuele, è un’opera dell’architetto G. B. Basile che si ispirò al modello dei parchi inglesi. All’interno, in un tripudio di ceramiche artistiche, si può ammirare un palchetto della musica rivestito in maiolica.

Ritornati su via Roma, adiacente al Giardino pubblico, si trova il Teatrino che costituisce l’ingresso del Museo della Ceramica, il quale custodisce una eccezionale documentazione sulla ceramica, dalla preistoria sino alla nostra era.

Poco più avanti, sulla destra, si nota l’inconfondibile balcone settecentesco Ventimiglia, realizzato, per la propria abitazione, dal maestro maiolicaro Benedetto Ventimiglia. Proseguendo in direzione centro storico, si incontra (a sinistra) la chiesa di San Francesco di Paola che custodisce due quadri del Vaccaro e, annesso, il monumento a Luigi Sturzo; e poco più avanti (a destra) il Tondo, antico belvedere sul Mediterraneo. Ancora poche centinaia di metri e si giunge sino al piazzale dove si erge, maestoso, il vecchio Carcere Borbonico, costruito nel XVIII secolo a cura  dell’architetto Natale Bonajuto. L’edificio, di forma squadrata, è adibito a Museo Civico (e pinacoteca)   fondato nel 1914 dall’allora pro-sindaco Luigi Sturzo, e custodisce reperti risalenti al III secolo a.c. e frammenti architettonici antecedenti al terremoto del 1693. La cattedrale di San Giuliano, adiacente al carcere, risale al tempo dei Normanni, anche se fu ricostruita dopo il 1693. In Piazza Municipio, a due passi dalla cattedrale, si ergono il Palazzo dell’Aquila, sede della municipalità (recentemente riportato ad antico splendore); il Palazzo Senatorio (un tempo sede del Senato Civico, oggi galleria); la Corte Capitanale opera di Antonuzzo Gagini, completata poi dal figlio Giandomenico, sede un tempo del capitano di giustizia; ed il Palazzo Gravina, che mostra particolari gaginiani (i mensoloni del balcone barocco). Da piazza Municipio si può ammirare, in tutta la sua interezza, la straordinaria Scala di Santa Maria del Monte. È questo, più che ogni altro, il simbolo odierno di Caltagirone, con i suoi 143 scalini (50 metri di dislivello) le cui alzate sono rivestite da mattonelle in maiolica policroma. La scala (aperta nel 1606) congiunge la vecchia Caltagirone, rasa al suolo dall’evento tellurico del 1693, e la nuova che, a partire da quella data, va via via delinenadosi. Ben presto la scala diventa il cuore della città, una sorta di piazza, luogo di aggregazione in cui si svolgono gli eventi cittadini più importanti. E di grande attrazione è l’illuminazione della scalinata in occasione della festa in onore di San Giacomo (24 luglio), quando ben 4 mila lumére danno vita a forme geometriche di grande suggestione. Lungo la scalinata - interrotta da tanti vicoletti in cui ogni giorno si rinnova il rito del bucato - sono sparse, numerose, le bottegucce dei ceramisti calatini che offrono i loro manufatti nel centro naturale della città, percorso quotidianamente dai tanti turisti. In cima alla scala si eleva, austera, la chiesa Santa Maria del Monte, di origine bizantina. La via ex matrice, conduce sino alla basilica del patrono San Giacomo, fondata nel 1090 dal Conte Ruggero. Fra le tante opere d’arte che custodisce, vale la pena ricordare il portale policromo con il medaglione in marmo dell’Annunciazione, opera di Antonello Gagini. Via Vittorio Emanuele condurrà sino a piazza Municipio ed alla vicina scalinata di Santa Maria del Monte, dove potrà essere acquistato un ricordo di Caltagirone, rigorosamente in ceramica.