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Nella raccolta di brevissimi racconti del libro
L’imitatore di voci di Thomas Bernhard, uno, intitolato ‘Vero amore’, narra
la tenera e surreale vicenda di un italiano che si innamora, a Parigi, di un
manichino, lo porta con sé a vivere nella sua villa in riva al lago di Garda
e, nell’attesa di poterlo sposare, quando è inverno e il freddo diventa
insopportabile si ritira con l’amante-manichino, a Taormina, dove prende
regolarmente in affitto una camera al famoso hotel Timeo.
E Taormina, lo scrittore austriaco, la conosceva bene
perché fu spesso meta dei suoi viaggi: vi fu infatti nel ‘56 alloggiando
nella splendida Villa Schuler, la residenza della cittadina jonica,
preferita dagli esponenti d’èlite della cultura e dell’imprenditoria
mitteleuropea. Vi ritornò, Bernhard, a Taormina, in occasione di una sosta
più lunga (di tre settimane) in Sicilia, nella primavera del ‘73. Di quest’ultima
vacanza, tenne diario la donna che gli fu accompagnatrice, assistente e
collaboratrice per quasi vent’anni, senz’essere la sua compagna, Gerda
Maleta. Le sue note del viaggio con Bernhard, edite da Bibliothek der
Provinz, sono uscite in Austria nel ’92 col titolo
Seteais.
Racconta la Maleta che lo scrittore decise di lasciare il freddo, del quale
era particolarmente insofferente, che incombeva nella sua campagna in
Austria, dove risiedeva, per andare incontro al caldo del sud Italia,
scegliendo come meta la Sicilia e di questa, come primo approdo, Taormina.
Qui, prende alloggio all’ex-convento di San Domenico
trasformato in un lussuoso e confortevole albergo e i suoi giorni
trascorrono serenamente: il clima è piacevole, il panorama d’incanto, e a
Bernhard la voglia di lavorare non manca: solo che, recatosi in un negozio
di macchine per scrivere, ne acquista una che gli piace ma si accorge,
arrivato in hotel, che la tastiera, italiana, non gli permetterà di scrivere
testi con dittonghi e dieresi. Ciononostante il drammaturgo prova a battere
qualcosa su un foglio, ma alla fine, più divertito che indispettito, lo gira
alla Maleta dicendole: ‘ecco un saggio della mia opera letteraria, pieno di
profonde meditazioni filosofiche’. A lavorare, quindi, Bernhard deve al
momento rinunciare, ma in compenso l’accoglienza, i pranzi e le serate al
San Domenico sono di gran pregio, lo distraggono e rilassano; e anche le
amicizie, con altri stranieri, sono molto simpatiche: con alcuni di loro fa
pure delle escursioni . Infatti, a bordo della Topolino di una cliente del
San Domenico, Bermhard, accompagnato piacevolmente da persone lì conosciute,
parte per Forza d’Agrò, paesino del messinese, ‘nobile e pittoresco borgo
medioevale’, intenzionato a visitare la chiesa di san Pietro e Paolo. Su per
i tornanti che conducono al centro normanno, Bernhard chiede di scendere
dalla macchina perché le continue e tortuose curve gli procurano una
sindrome vertiginosa e si sente più a suo agio andando a piedi. L’arrivo nel
luogo sacro è però deludente: all’interno, la tela di Antonello da Messina
che lo scrittore desiderava vedere, non c’è più, è stata da tempo rubata. A
renderlo edotto sul fatto è il maresciallo della locale stazione dei
carabinieri che ha l’ufficio del suo comando proprio accanto alla chiesa;
per ringraziarlo per avergli fatto comunque da cicerone dentro la chiesa e
anche per avergli dato informazioni sulla storia e gli usi del paese
(regalandogli peraltro un pane tipico del luogo, curioso per la sua forma
particolare) Bernhard invita il maresciallo in un bar a prendere qualcosa.
Il sottufficiale dell’Arma gli si offre come guida
anche per il paese, invitando Bernhard e amici a un giro per la parte alta
dell’abitato, dove tante case vuote o malridotte, perché abbandonate dai
loro proprietari emigrati in America, sono state risistemate e occupate da
forestieri e artisti, in gran parte pittori. Il maresciallo dialogando con
Bernhard gli confida che è un estimatore della nazione austriaca e inneggia
al valore di Francesco Giuseppe, chiamandolo
‘Cecco Peppo’ e definendolo ‘il
miglior imperatore della storia’; gli dice ancora che l’appuntamento con il
concerto di capodanno e i valzer viennesi sono una gradita consuetudine per
lui e per tutta la sua famiglia. Commosso dall’interesse mostrato dal
maresciallo per la sua Austria e dopo un dispiaciuto addio, Bernhard lascia
le aspre e ripide vie di Forza d’Agrò e ritorna a Taormina. L’indomani è già
alla sua prossima meta: l’Etna. L’escursione, compiuta con la sua amica
austriaca è entusiasmante, le sensazioni che procura a Bermhard sono insieme
di paura e gioia: per l’insolito paesaggio innevato, per i percorsi
ghiacciati, per la percezione di qualcosa di infernale che lo scrittore
avverte avvicinandosi al cratere. Dopo intensi giorni di peregrinazione nel
territorio orientale dell’isola, tra campagne che abbondano di frutti e
mandorleti, tra discussioni improvvisate e allegre con la gente del luogo,
incontrata casualmente per strade e paesi o in locande ed osterie, Bernhard,
lascia la residenza di Taormina in direzione di Palermo. Il tour nel
palermitano fa apprezzare il drammaturgo le bellezze della conca d’oro; poi
è Monreale, col suo maestoso duomo, a sorprenderlo e a incantarlo per ‘lo
splendore dei mosaici e
l'Immacolata di marmo bianco’; infine, è a
Cefalù: la città e la sua Cattedrale ha ‘così affascinato e colpito’ lo
scrittore che subito pensa di prenotare un albergo per un suo ritorno, il
successivo inverno, nella cittadina palermitana, che gli permetta di
perlustrarla più a fondo e meglio, soprattutto nel suo ‘castello di roccia’
e nelle sue ‘scogliere di gesso’ che gli ricordano i paesaggi dei quadri di
Caspar David Friedrich. Poi, deciso a completare il suo tour per l’isola,
Bernhard affitta una macchina comoda e potente e si inoltre per l’interno e
il centro dell’isola. Vuole raggiungere e visitare i monti e le campagne dei
Nebrodi, e con la sua ‘grande vettura sale su strade strette di montagna con
molte curve’, ma, molto stanco e letteralmente esaurito nelle forze, decide
di fermarsi ad Enna, dove giunge di notte: l’altezza della città al centro
della Sicilia lo impressiona favorevolmente, ma la stanchezza e
l’irascibilità che l’accompagna lo fanno litigare con la sua amica Gerda,
tanto che i due giorni passati nella città sono fatti di silenzi e sorde
ostilità tra i due. Fu Enna, ombelico della Sicilia’ l’ultima meta
siciliana di Bernhard. Lo scrittore proseguì la sua vacanza in Italia,
attraversando altre regioni meridionali, sostando a Roma e poi rientrando in
Austria. Ma tracce significative della Sicilia, conosciuta e amata nei suoi
viaggi, si riscontrano nelle opere scritte negli anni successivi: Taormina è
uno dei luoghi del suo racconto ‘Cemento’ e della commedia ‘Antichi maestri’.
In uno dei suoi ultimi romanzi, Estinzione, del 1986, Bernhard ambienta
buona parte della trama in Italia, luogo di una polarità positiva che fa da
contraltare ad una terra austriaca dalla quale il personaggio principale del
romanzo, Spadolini, vuole fuggire: le sue peregrinazioni e e i suoi incontri
per la penisola lo portano anche in Sicilia, a Palermo, Catania e Cefalù.
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