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Il S. Natale rievoca la nascita del Redentore. Festività che ha sostituito
l’arcaica ricorrenza celtica del “Sol invicutus”, sole invincibile o festa
del sole. Il rito, festeggiato dopo il solstizio d'inverno, favoriva la
ripresa del movimento del sole con conseguenza dell'allungamento delle
giornate. Il termine solstizio viene dal latino solstitium, che
significa letteralmente "sole fermo" (da sol, "sole", e sistere,
"stare fermo"). Nel 330 l'imperatore Costantino, dopo aver abbracciato la
fede cristiana, ufficializzò per la prima volta il festeggiamento cristiano
della natività di Gesù, che con un decreto fu fatta coincidere con la
festività pagana della nascita di Sol Invictus. Il "Natale Invitto" divenne
il "Natale" Cristiano. Festeggiamenti che avvenivano con degli enormi falò e
che la tradizione ci ha trasmesso fino ai nostri giorni. Alla festività
natalizia è legato l'allestimento del presepe. Nel significato comune il
presepe indica la “scena” della nascita di
Cristo,
derivata dalle sacre rappresentazioni medievali, che trovano origine nelle
figure del lari (lares familiares), profondamente radicata nella
cultura etrusca e latina. La tradizione del Presepe ripresa da San Francesco
d'Assisi che nel 1223 realizzò a Greccio la prima rappresentazione vivente
della Natività. Sebbene esistessero anche precedentemente immagini e
rappresentazioni della nascita del Cristo, queste non erano altro che "sacre
rappresentazioni" delle varie liturgie celebrate nel periodo medievale. Una
tradizione che nell'ultimo decennio ha visto il proliferare delle
rappresentazioni dei “presepi viventi”. Molte comunità si prodigano, con
sacrifici non indifferenti, ad allestire rappresentazioni che suscitino
curiosità ai visitatori che vogliono assaporare la festa del Natale. Vengono
riesumati cicli produttivi, antichi mestieri, i cui protagonisti, pieni di
entusismo e goliarderia, lasciano gli astanti totalmente sbigottiti. Da “suttascala”,
“tettimorti” o magazzini, vengono recuperati vecchi oggetti ed
attrezzature, più o meno fatiscenti, che per l’occasione tirate a lucido,
mostrano l’orgoglio di un mondo rurale oramai scomparso. Tra le varie
comunità s'innesca una competizione per allestire il presepe più bello, ma
anche per trovare l’oggetto o il mestiere più caratteristico o più curioso.
Uomini e donne, ragazze e giovani, in maniera inconsueta, rievocano
mestieri, personaggi, allestendo laboratori, officine, botteghe di un mondo
tanto vicino, quanto lontano. Vestiari approssimativi, spesso fatiscenti, ma
tutto indispensabile per apparire, per meravigliare, incuriosire e
ritagliarsi un proprio momento di gloria. L'entusiasmo dei protagonisti,
l'originalità dell'oggetto esibito, ecc. supera il significato e la
centralità della Natività, rilegando a questa una eco inferiore.
Buseto
Palizzolo, Cammarata, Sutera, Caltabellotta, Agira, per citarne alcune, si
contendono la rappresentazione più caratteristica della Sicilia. Il presepe
di Sutera ha allestito il “ciclo del lino”, attività difficile da ricordare
anche per gli oltre cinquantenni. Singolare è anche la lavorazione della
“zabbara” di Custonaci, ecc., in sintesi, vengono realizzati approfittando
del Natale dei veri “musei a cielo aperto”, che rappresentano indirettamente
una valorizzazione dei beni etnoantropologici. Inseriti nei percorsi si
trovano dei punti di ristoro dove è possibile degustare i piatti della
tradizione agricola e pastorizia. Un elemento questo, che ha servito per
recuperare la cucina territoriale. Ad un angolo di strada si può assaggiare
la classica zabbinata, in un altro il gradevolissimo maccu,
pasta e ceci, fagioli, e così via. Non mancano mai, naturalmente, pane e
vino. Il freddo ed i luoghi suggestivi fanno il resto. La grotta del
paleolitico di Buseto Palizzolo, le grotte dell’antica Triocala, il
quartiere arabo di Sutera, la ragnatela viaria di Cammarata, ecc., sono
location capaci di suscitare emozioni e stimolare la fantasia. Insomma,
si mette in scena o meglio si ripropone l’antico mondo rurale, quel mondo
che forse frettolosamente avevamo da qualche decennio
soppiantato.
Uno spettacolo che è premiato con l’arrivo di migliaia e migliaia di
turisti, che da un territorio all’altro, si muovono desiderosi di riscoprire
questi immensi patrimoni capaci, ancora, di far provare inebrianti emozioni.
Perché questo grande interesse per un mondo non più consono alle nostre
esigenze di uomini del terzo millennio? La risposta è dettata dalla
riscoperta della nostra identità. Un’ identità perduta che una
globalizzazione inarrestabile sta travolgendo tutto e tutti. Riappropriarci
del nostro passato ci fa sentire più sicuri, meno timorosi d’affrontare
miliardi di persone che si muovono all’unisono, di culture, razze,
religioni, ecc. differenti. Il nostro mondo rurale, tutto e il contrario di
tutto, in questo momento di cambiamento si propone come un antico e glorioso
passato capace di suscitare in ognuno di noi emozioni e soprattutto la
riscoperta di valori di cui esso stesso ne è il vero elargitore. Questa
insospettata riscoperta del mondo rurale costituito da attrezzi della
cultura contadina e della pastorizia, l’enogastronomia, il paesaggio, la
natura sono diventati elementi di richiamo per tanti insospettabili turisti
“fai da te”. Questo nuovo segmento turistico costituito dalla mistura
esplosiva di: “identità e originalità”. E se fosse questo il nostro futuro,
cioè la riscoperta del nostro grande passato? Speriamo che lo si capisca
subito e si faccia qualcosa. Nel frattempo, nella nostra rappresentazione
natalizia diamo un'attenzione in più a quella piccola mangiatoia speranza ed
elemento propulsivo della nostra vita religiosa.
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