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Non tutti sanno che dell'abete dei Nebrodi (Abies Nebrodendis), rimangono
solamente una trentina di esemplari, recintati e quasi guardati a vista dal
Corpo Forestale. Tale attenzione è del tutto giustificata: si tratta di
salvare dall'estinzione un albero che, in passato formava foreste molto
fitte ed era ancora abbondante soltanto un paio di secoli fà. L'abete dei
Nebrodi appartiene
infatti alle "razze mediterranee disgiunte" dell'abete
bianco. Sono quello che rimane del periodo di
massima estensione di questo albero che, quando si "ritirò" verso le Alpi e
gli Appennini, lasciò dietro di sè delle "isole" sui rilievi maggiori. Questi
gruppi di piante nel corso dei millenni evolvettero sino a diventare specie
proprie. Rispetto all'abete bianco, cui somiglia abbastanza, quello dei
Nebrodi si distingue per le foglie più brevi e rigide, e per gli strobili
(le pigne) più piccoli di circa un quarto, e che hanno le squame fulve. E'
possibile salvare questo albero tanto prezioso? L'impresa è complessa, ma
forse non impossibile. Utilizzando all'interno del parco alcune aree
protette, gli esperti consigliano di impiantare alcune abetine artificiali,
servendosi di pianticelle nate da seme. Oppure, ricorrendo alla
micropropagazione, si potrebbero ottenere in laboratorio piccoli abeti da
utilizzare per lo stesso scopo: dar vita a nuovi boschi di questo albero
tanto raro. Poi (basta la buona volontà), si potrebbe mettere la fantasia al
servizio della natura: tutte le scuole della zona, ad esempio, potrebbero
"adottare" un abete da far crescere nel proprio giardino, e altrettanto
potrebbe valere per le amministrazioni comunali. L'obiettivo? Fare in modo
che la Sicilia, e con essa l'Italia intera, non perda un albero che porta su
di sè il marchio dei millenni. Se l'abete dei Nebrodi scomparisse, infatti,
saremmo tutti un pò più poveri. |