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«Adeste fideles laeti triumphantes venite, venite in Bethlehem Natum
videte Regem angelorum Venite adoremus, Dominum»: fa un effetto
straniante sentire le parole, in latino seppur un po’ zoppicante in quanto a
pronuncia, cantate da Bob Dylan. Sì, l’uomo che un tempo immemorabile
tuonava contro i padroni della guerra, denunciava la dura pioggia atomica,
chiedeva al tamburino magico di fargli dimenticare l’oggi fino al domani e
senza una direzione verso casa, si sentiva come una pietra che rotola. Il
più importante e influente autore di canzoni rock dell’epoca moderna
pubblica un disco di classici natalizi, questa è la notizia, tra cui
Adeste fidelis. Quello del Christmas album è un appuntamento classico
negli Stati Uniti, da quando Bing Crosby, con la sua
"White Christmas",
vendette decine e decine di milioni di copie, tutti i grandi si sono
adeguati, da Elvis a Frank Sinatra a Phil Spector, che a tutt’oggi con il
suo "A Special Gift" detiene certamente il titolo di produttore del disco
natalizio - dal punto di vista rock - più riuscito. Che un disco così lo
faccia il più outsider dei musicisti rock, fa scalpore, ma in fondo neanche
tanto. Musicalmente, la raccolta conferma il punto a cui è giunto e si è
fermato ormai da anni e da almeno tre dischi, gli ultimi, il cantautore
americano. Dopo aver approcciato in modo rivoluzionario il folk, il rock, il
blues, il country, la musica gospel e quant’altro, cioè aver rovistato a
fondo nell’anima musicale del suo paese, Bob Dylan si è adagiato in quella
forma musicale pre-rock’n’roll, anni Quaranta e primi Cinquanta, tra melodie
da crooner, classica country music hillbilly, blues. Non è un caso allora
che il repertorio prescelto da Dylan per questo "Christmas in the Heart "
ricalchi quasi fedelmente quello del disco "Elvis’ Christmas Album",
pubblicato nel 1957: brani come Here Comes Santa Claus, I’ll Be Home For
Christmas, O Little Town Of Bethlehem. Ma anche quello del secondo disco
natalizio di Elvis ("Sings The Wonderful World of Christmas"), pubblicato
nel 1970: O Come All Ye Faithful, Silent Bells, Winter Wonderland.
E anche gli arrangiamenti sono pressoché gli stessi, con il sapiente uso di
cori maschili e femminili che ricordano i Jordanaires, i back up singers del
Re del rock’n’roll, e l’impianto musicale elegantemente jazzy e un po’
country. La voce, però, non è esattamente quella consolatoria e sdolcinata
dei classici album natalizi: è quella di un uomo anziano, provato da oltre
40 anni di vita on the road, da bottiglie di Jack Daniel’s e sigarette come
se piovesse, una voce che forse non è raccomandabile far ascoltare ai
bambini la sera di Natale. La voce di un sopravissuto, la voce di un
bluesman del cuore. Ma proprio per questo è
una voce vera: il disco di Bob Dylan trasuda sangue e cuore, commuove nel sentirlo piegarsi su melodie che
corrono il rischio di diventare stereotipate se non vengono eseguite con
l’anima. E Dylan si diverte un mondo ad approcciare questo repertorio che
evidentemente, visto il modo di suonarlo, lo fa tornare ai giorni della sua
adolescenza, a un’America in cui ideali e promessa erano ancora intatti e in
cui anche il Natale aveva un significato. Anche per lui, ragazzino ebreo,
attraverso canzoni che sanno comunicare un oltre. Diverte, e tanto, quando
si getta capofitto nel cajun indiavolato e trascinante con tanto di
fisarmonica di Must Be Santa, in cui nell’ultima strofa, chissà
perché, cita uno dopo l’altro tutti i presidenti americani che ha visto
sfilare nella sua vita (“Kennedy, Johnson, Nixon, Carter, Reagan, Bush,
Clinton, Bush…”) e spezza il cuore nel blues da tarde ore della notte di
Christmas Blues, in cui ci infila con nonchalance un bell’assolo di
armonica. Appassiona con l’hillbilly music di Christams Island, e
intenerisce il cuore con la già citata Adeste Fidelis. I diritti
d’autore del disco sono devoluti da Bob Dylan a Feeding America,
associazione che si occupa di chi non è in grado di pagarsi da mangiare: si
calcola che il ricavato del disco possa procurare circa quattro milioni di
pasti per circa un milione e mezzo di persone durante il periodo natalizio.
Non male, vecchio Bob.
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