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Apro questa pagina, ormai a me consueta, con una notizia che mi ha davvero
rattristato. Si è spento infatti a Roma, proprio il primo giorno di
settembre, uno dei più grandi maestri e registi del nostro tempo: Turi
Vasile. Personaggio dotato di rara genialità e umanista di elevato spessore,
Vasile aveva instancabilmente lavorato con i nomi più importanti del cinema
italiano, divenendo poi produttore anch'esso. Cito soltanto alcuni nomi
delle sue opere più famose, entrate a far parte ormai da tempo della storia
della nostra cinematografia: il film "ROMA" di F. Fellini, "I VINTI" di M.
Antonioni, "ANONIMO VENEZIANO" di E.M. Salerno, "I TULIPANI DI HARLERM" di
F. Brusati, ed ancora "IO LA CONOSCEVO BENE" di A. Pierangeli, e tante altre
pellicole "eccellenti". Vasile aveva saputo finemente interpretare e
tradurre uno dei periodi più interessanti della nostra società: gli anni
"60". Sono certa che la sagacia del grande "Turi", così come veniva chiamato
da tutti, e quel suo timbro caloroso, tipico della gente del Sud,
mancheranno decisamente al mondo dello spettacolo
e a chiunque l'abbia
conosciuto. Era nato a Messina nel 1922, e nella città dello Stretto (per
altro da lui amatissima) aveva studiato fino agli anni del liceo. Si era in
seguito spostato a Catania per frequentare l'università, e qui aveva
conseguito la laurea in Lettere Classiche. Eccolo poi nel suo "grande
viaggio": Roma e il sogno del cinema e del teatro. Dal 1992 si era dedicato
alla scrittura, regalandoci peraltro pagine bellissime e racconti di stile memorialistico come: "MORGANA" , "SILVANA", "IL PONTE SULLO STRETTO", ed
altri ancora. Nell'inviargli il mio ultimo saluto, unita sicuramente a tutti
voi, voglio pensare al nostro maestro come ad una stella che dal cielo
brilla su di noi, quasi a regalarci il suo ultimo sorriso. Per assaporare
ancora, sia pur brevemente, qualche sua pagina, vi propongo la lettura
dell'ultimo brano tratto dal volume di racconti intitolati a MORGANA. Qui si
respira l'atmosfera che lo vede un ragazzetto imberbe per le vie della sua
città. E' un fantastico riandare con la mente che narra dei suoi bui, di
piccoli smarrimenti, e della gioventù di Vasile ancora incerta nel grande
mare della vita. Il peso degli anni e del tempo che inesorabilmente è
trascorso si fa poi avanti, e a lui, ancor con quel cuor di fanciullo ormai
cresciuto, non resta altro che consegnarsi alla FATA MORGANA che pare viva
in un castello invisibile, proprio nelle acque della sua Messina.
"Tornavo a casa all'imbrunire; mi guardavo attorno e avevo la sensazione
che tutto fosse fatto per ingannarmi: le strade, la gente, le case, le
chiese come una di quelle scenografie provvisorie che danno agli architetti
cinematografici la possibilità di realizzare tutti gli stili, dalla
preistoria al futuro ipotizzato dalla fantascienza ai castelli in aria. Mi
voltavo di scatto nel tentativo di vedere se l'Architetto avesse già
cancellato lo scenario ormai inutile; nè mi confortava il constatare che
ogni cosa era rimasta al suo posto alle mie spalle. Mi aggiravo così
all'interno del castello della Fata Morgana che sullo Stretto ha la sua
dimora: costruzione effimera e duratura, vera e ingannevole, nelle cui
viscere speravo e temevo di incontrare qualcuno. A pensarci era, la mia, una
mostruosa pretesa egocentrica; ma anche disperante perchè marcava la mia
solitudine, in mezzo alla folla dei miei amici, dei miei familiari e anche
degli estranei, a tutti quelli ai quali mi consegnavo spensierato e gioioso.
Ora gli anni sono precipitati senza altro ritorno che la memoria, e io sento
che il dolore è venuto per spezzare il sonno dello spirito, per accomunarmi
al mondo sofferente e per avvicinarmi più che mai a lei, presenza assenza".
Tratto
da "Morgana", Roma, Avagliano Editore, 2007.
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