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Quasi come un'ombra dell'anima, l'inverno ha accompagnato questi miei giorni
messinesi un pò stancamente, e dappertutto è stato un gran freddo. Al punto
che il cielo, un pò insolitamente, si è tinto del color della neve, e
continue folate di vento han soffiato sferzando le rade. Adesso che qui è
tornato calmo in gran fretta, come proverbialmente accade, si avverte
nell'aria, divenuta desta, il nuovo respiro della primavera.
Da sempre stagione di liete promesse, quest'ultima mi prende come in un
gioco, ed io lascio fare. La sento, è oltremodo decisa, e leggera mi tiene
per mano. Come non accettare il suo invito? Decido così di restare, di
protrarre il mio soggiorno a Messina ancora per qualche tempo. So bene che
non mi annoierò. Mi avvio quindi, spedita e di buon passo per i viali della
città, più che mai intenzionata a raggiungere presto il centro. Che brio che
sento! I vecchi olmi del corso Garibaldi mi accompagnano dolcemente con il
loro stormire, e, al mio passaggio, qualche foglia vola giù, mulinando poi
in quel nuovo venticello appena nato. Sosto così soltanto qualche attimo, un
pò rapita da quell'insolita giostrina. Proseguo poi, con nel cuor un senso
di rinnovata leggerezza. Mi spingo adesso fino alla prossima cortina.
Eccola. Mi appare semideserta, sonnolente, come se fosse fatuamente abitata.
Butto giù uno sguardo assorto, e tutto ancor mi rinfranca: aldilà, sotto un
cielo luminoso, il mare ondeggia con lamelle d'oro. La grande via azzurra
adesso fa inoltrare il mio
cammino tra i lievi vapori delle acque, e
capricciosi refoli si perdono nell'aria. Ormai manca poco per giungere in
centro, e sono solerte. Soltanto pochi passi ancora. Ecco, ci sono. Mi
imbatto in un tranquillo traffico pomeridiano, e l'esuberante gioventù fa
crocchio ai crocevia. Intravedo adesso piazza Cairoli. E' lussureggiante
come sempre con le sue piante a chiome perenni, minuscolo bosco nel cuor
dello stretto. Il grande tondo alberato, mi accoglie dapprima, in un respiro
di voci sommesse, un pò sussurrate. Poi, si fa tutto festante di cinguettii
che fan concertino alla bella stagione. Di seguito, alti palmizi svogliati
massaggiano l'aria, e il grande vialone mi è dinanzi. All'improvviso, son
colta nell'aria da un profumo aromatico e un pò vanigliato. E' un filo
sottile, quasi essenza di fata, e sembra giunger da molto vicino. Mi
accorgo, infatti, che da dietro le vetrine di ogni pasticceria,
discretamente fa capolino quel dolce tipico che ben conosco: la pignolata.
Soave e concupiscente insieme, da esser quasi capriccio degli dei, questa
arride alla vita, proprio come la primavera. Irresistibile delizia per ogni
banchetto, è soffio di angeli con glassa al limone, è ardore di demoni col
suo cioccolato. Ma in fondo io credo sia molto di più, e di questa giusta
prelibatezza me ne assicuro un pacchetto. La mia passeggiata è così alla
fine, il piccolo acquisto è come un gioiello. E dentro me, è tutto un
tepore. Adesso che i giorni qui son trascorsi, non mi resta che ripartire.
Un pò a malincuore mi avvio, e alla stazione, l'autista del pulmann mi
riconosce. "Beh, come è andata in città?" - chiede subito - "Come vuole che
sia andata?" - rispondo falsamente scostante. Ma in cuor mio gongolo un pò,
pensando che invece è stata una .... dolce primavera. Salgo su prendendo
posto, il motore adesso romba.
Quasi magicamente il portellone si chiude, poi, come su un filo immaginario,
ci avviamo.
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