|
Cefalà Diana è uno dei più piccoli paesi della provincia di Palermo. Posto a
un tiro di schioppo dallo scorrimento veloce Palermo-Agrigento è famoso per
le singolari terme, d’origine araba, che per secoli sono servite a
sollazzare emiri, baroni e nobilotti di campagna, una delle tante
peculiarità attrattive del territorio siciliano. Cefalà è sovrastato da un
vetusto castello, che minaccioso richiama il visitatore a ricordo di un
glorioso passato. Il maniero, la cui vista spazia su di un enorme
territorio, costituisce anche la porta della meravigliosa Riserva Naturale
Orientata della Ficuzza.
|
Bianca al lavoro
Un tormentoso percorso, dopo circa cinque chilometri dalla strada
principale, ti porta nel cuore del piccolo paese: un’immensa piazza,
sproporzionata per la striminzita comunità celafadese, attenta e vigile
sugli insoliti visitatori. In essa è racchiusa l’intera vita di tutta la
popolazione, e rappresenta il cuore pulsante della comunità: il bar, la
chiesa madre, il comune, l’ufficio postale e così via. Dalla piazza si
dipartono delle vie diritte ma scoscese, che collegano l’intero paese, come
se fosse una scacchiera.
Se chiedi della signora Bianca, Bianca Di Miceli, ti danno subito
indicazioni precise: ‘a ngiratara, Via Pergola, 4. In paese la conoscono
tutti, anche per il fatto che è stata anche una delle prime donne ad
occuparsi di politica. Bianca è famosa nella Sicilia rurale poiché svolge un
mestiere alquanto singolare: ’a ngiratara, cioè l’artigiana che realizza i
teli imperniabili per pastori e contadini. E non solo. Utilizzando l’olona e
la pelle crea degli accessori utilissimi a quanti hanno a che fare con la
campagna: brache, tascapane, gilè per cacciatori, gambali o ammalina come
piace chiamarle, collari, e tanti altri corredi indispensabili a tanti
operatori agricoli e sportivi.
Ti accoglie con una simpatia e una vivacità che è abituale per chi
intrattiene rapporti di lavoro con mezzo mondo. La sua stazza giunonica la
rende simpatica e amichevole. Tiene a precisare che lei è l’ultima artigiana
siciliana che svolge questo mestiere. Un lavoro difficile e in fase di
estinzione: “Sia perché gli imprenditori agricoli sono molto di meno
rispetto al passato e poi per la concorrenza dell’industria che è fortemente
competitiva”. Spartana, dolce, e, nello stesso tempo aggressiva,
difficilmente riesci a condizionare la sua forte e fiera personalità, ma se
parli di acquisti allora si scioglie e diventa persino ammaliante.
|
Mario, Zu Micheli e n'girata
Un mestiere antico che per quasi sei mesi l’impegna a preparare il materiale
da vendere nel restante periodo dell’anno nelle fiere agricole della
Sicilia.
“Figlia d’arte”. Ad estradarla a questa attività è stato il padre Salvatore.
Oggi, con l’aiuto del marito Carmelo Staropoli, prosegue l’antica
professione paterna. La figlia, nonostante una laurea, ha preferito il posto
fisso in un comune vicino.
Bianca ci mostra tutta la sua produzione, elencandola con i nomi dialettali
e traducendoli in italiano. Di ognuno indica la qualità e la difficoltà di
realizzazione. Poi si ferma, e puntualizza che lei non è vardunara, cioè non
fa selle per cavalli, ma ‘ngiratara.
Comunque sia, Bianca riesce sempre a venderti una sua creazione. Poi Carmelo
ti mostra le ‘ngirate. Appese a possenti trave sembrano delle sagome umane
che volano. I colori sono: giallo e nero. Un lavoro sovraumano fatto di una
serie di fissaggi d’olio di lino, ciò per favorire l’impermeabilità. Poi
sono asciugati all’ombra, e quindi nuovamente tinteggiati di olio. Insomma,
dopo dieci giorni di lavoro si ottiene una buona ‘ngirata.
Bianca e Carmelo sono orgogliosi della loro produzione, anche se minacciano
di chiudere la loro attività. Almeno, fin quando si faranno affari e le
forze glielo permetteranno, staranno a loro posto. Mestieri di altri tempi,
così singolari, curiosi, per certi versi anche strabilianti, dalla passione
antica, com’è la memoria siciliana.
|