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Seppure
alcuni ritrovamenti archeologici in anni precedenti, poi quelli del 1979
nella via don Nino Russotti ed altri derivanti da regolari scavi
archeologici successivi, in vari altri punti del paese, testimoniano che
esistessero insediamenti nel territorio dell’odierna Francavilla di Sicilia
risalenti all’Età greca arcaica ( VIII-VI sec. a.C.), comunque tutti
gravitanti attorno a un santuario in cui è stato ritrovato un notevole
deposito di terracotte votive, statuette e soprattutto lastre di terracotta
con raffigurazioni a rilievo, legate al culto di Persefone, databili alla
prima metà del V sec. A.C., quasi sicuramente, si trattava di insediamenti
sparuti, se non provvisori.
Infatti, come testimoniano gli scritti di diversi storici, da Diodoro ad
Strabone e Tito Livio, considerato il fatto che le colonie di Naxos,
Randazzo e Montalbano erano già esistenti, il territorio dell’odierna
Francavilla di Sicilia rappresentava il luogo di naturale passaggio fra
questi ultimi due centri ed il primo.
Quasi tutta quest’area, in epoca sconosciuta, è stata spazzata via da una
catastrofica alluvione.
La testimonianza scritta più antica che riguarda il territorio dell’odierna
Francavilla di Sicilia risale al 1093, cioè una lettera che il conte di
Calabria e Sicilia Ruggero d’Altavilla all’abate Clemente, eremita insediato
nel cenobio di Salvatore della Placa.
Si intensificò un esodo di monaci dalla Grecia verso l’Italia meridionale.
Quindi, se si vuole ricercare una tradizione gastronomica primordiale
dell’odierna Francavilla di Sicilia, ci si dovrebbe rifare al periodo
bizantino e cioè nel periodo compreso fra il 535, data di annessione della
Sicilia all’impero bizantino, e il 902, in cui l’1 agosto, sotto gli
attacchi dell'emiro Ibrāhīm b Ahmad, cadde Taormina, l'ultima roccaforte
importante della resistenza bizantina alla invasione dei berberi tunisini
guidati dai capi musulmani aghlabidi del primo Emiro della Ifriqiya
(all'incirca l'attuale Tunisia) Ibrāhīm ibn al-Aghlab, istituito lì per
volere del 5° califfo abbasside Hārūn al-Rashīd (il califfo del famoso libro
“Le mille e una notte”), anche se l'ultimo lembo di terra bizantino a
resistere ai musulmani fu Rometta che capitolò solo nel 963.
A causa della non troppo decisa presenza di questi ultimi (spesso
caratterizzata da scontri fra diverse fazioni interne), i bizantini
cercarono di riconquista l'isola con il generale Giorgio Maniace, il quale
nel 1040 tra Randazzo e Troina sconfisse le truppe musulmane di Abdallah e
riuscì a riconquistare Siracusa per pochi anni: al generale Maniace si
ascrive i trafugamento a Costantinopoli delle reliquie di santa Lucia,
patrona di Siracusa e quello tentato delle reliquie di sant’Agata, patrona
di Catania)..
Pertanto, la dominazione bizantina sulla Sicilia durò oltre tre secoli,
“orientalizzando” l'isola.
La Sicilia, probabilmente per via del ruolo che aveva giocato quale base di
operazioni durante la guerra di riconquista, non fu ricongiunta ne' alla
prefettura d'Italia, ne' piu' tardi, all' esarcato di Ravenna.
In origine i poteri civili e militari erano separati, il governatore civile,
dipendeva direttamente dal "questore del Sacro Palazzo". Accanto a lui il
dux, comandante militare, dipendeva dall'alto comando di Costantinopoli.
Piu' tardi, dopo la conquista della penisola da parte dei Lombardi, e quando
crebbe la minaccia araba, il regime amministrativo dell'isola, cosi' come
quello di tutte le province minacciate dell'impero, si volse verso una
concretizzazione di tutti i poteri nelle mani dell' unico comandante
militare.
Progressivamente, la Sicilia, divenne un luogo governato da uno "stratega",
sempre piu' militarizzata, funzionarizzata, dove l'amministrazione perdeva
il suo dinamismo e l'iniziativa locale tendeva a scomparire.
La vita municipale, gia' fortemente ridotta durante il basso-impero,
perdette ancora un po' della sua importanza, i magistrati locali cedevano il
posto a funzionari imperiali e gli stessi Curiales cessarono di assicurare
la raccolta delle imposte.
Sempre più difficile, questa fu nuovamente data in appalto, poi affidata a
funzionari.
Gli eccessi e l'ingiustizia delle imposte sono spesso state riferite.
L'isola doveva provvedere il mantenimento dell'esercito ed ai bisogni
crescenti della difesa.
Nel periodo della lotta delle immagini, alcune imposte furono aumentate come
fossero una sanzione.
Si assistette allora ad un fenomeno demografico molto caratteristico: lo
spopolamento delle città.
L'arbitrarietà', le angherie amministrative e fiscali, l'insicurezza che
derivava dalle lotte religiose, il rallentamento del commercio, man mano che
si sfaldava l' impero, cacciavano la popolazione verso le campagne: si
moltiplicavano i piccoli agglomerati.
L'apparire di villaggi in grotte e' uno dei fatti più significativi: se ne
sono ritrovati nelle vallate, nelle rocce poco accessibili, spesso nel sito
di necropoli preistoriche, a volte persino nelle stesse tombe sicule.
La vita rurale, malgrado la maggiore dispersione dell'abitato rimaneva
caratterizzata dall'esistenza dei latifondi, immense proprietà, che
appartenevano all'imperatore stesso o alla Chiesa.
L'uso della lingua greca si era mantenuto anche sotto la dominazione romana.
Durante la conquista bizantina, le due lingue erano parlate
contemporaneamente.
La separazione amministrativa della Sicilia e dell' Italia non aveva
provocato la scomparsa del latino, finché l'influenza della chiesa romana ne
aveva mantenuto l'uso.
Ma dopo, la riunione dell'isola alla Chiesa d'Oriente ed il suo passaggio al
rito bizantino, la cultura greca diventava nettamente preponderante.
SI mantenne solida durante la dominazione Araba e poi nel regno normanno.
In tale situazione, viene accentuata la differenza fra due tradizioni
gastronomiche, che caratterizzerà per il futuro la Sicilia: la tradizione
delle corti bizantine e della chiesa e la tradizione dei contadini.
Francavilla, in quell’epoca, non era altro che uno sparuto insediamento nel
mezzo di un folto bosco con una via di passaggio, che portava dal mare verso
l’interno e quindi le corti e le chiese bizantine erano lontane:
conseguentemente la tradizione gastronomica di riferimento rimane quella dei
contadini.
Nella prima fase degli insediamenti monastici, oltre che da miele, capperi e
legumi selvatici, fu costituito da tutto ciò che le pendici del monte
producevano: radici, piante ed erbe molte delle quali furono salutari e
persino oggetto di studio da parte del Campanella che se ne occupò nel "Medicinalium".
Ma si deve ai monaci Bizantini l'utilizzazione gastronomica della carne di
capra e l'uso di cucinare il soffritto (le interiora degli animali soffritti
con abbondanti aromi).
Un contadino della attuale zona di Francavilla di Sicilia, all’epoca
bizantina, avrebbe utilizzato le seguenti preparazioni:
Zuppa di lenticchie
Suffrittu (Frattaglie)
Cuddura
Vediamone le ricette
ZUPPA DI LENTICCHIE
Ingredienti:
350 gr. di lenticchie,
8 mezze fette di pane tostato,
1 spicchio d'aglio,
1 costa di sedano,
sale olio extra vergine.
Mettere le lenticchie in una pentola, aggiungere acqua fredda quanto basta
per coprirla bene, 1 spicchio d'aglio e la costa di sedano tagliata a
cubetti.
Portare ad ebollizione a fiamma vivace.
Una volta raggiunta l'ebollizione abbassare la fiamma in modo che l'acqua
bolla lentamente. Al momento in cui occorrerà altra acqua aggiungere sempre
acqua bollente altrimenti si ferma la cottura delle lenticchie.
Dopo circa 30 minuti di bollitura aggiungere il sale e portare la lenticchia
a fine cottura facendo rimanere un po' d'acqua di cottura.
Mettere in una fondina due fette di pane tostato versare la lenticchia con
il brodo di cottura e attendere una diecina di minuti. Aggiungere un
cucchiaio d'olio extra vergine e servire.
SUFFRITTU (FRATTAGLIE)
Spesso il signorotto della zona concedeva al suo contadino le interiore
degli animali di cui si cibava e questo e trasformava in un piatto
gustosissimo.
Ingredienti:
Frattaglie di vitello e/o di maiale e/o d'agnello (cuore, rognone, polmone,
trachea),
Aglio,
Alloro,
Rosmarino,
Vino rosso,
Sale,
pepe.
Le frattaglie devono essere ben lavate e tagliate a pezzettini, tenendo da
parte il fegato e immergendolo in acqua fresca per un'ora.
Quindi vanno rosolate a lungo in tegame con olio, sale, pepe, aglio, qualche
foglia di alloro e di rosmarino, escluso il fegato.
Quando è pronto, emette un tipico fischio, dovuto al tessuto spugnoso del
polmone, che in cottura si gonfia, rilassandosi solo quando è cotto,
emettendo quindi l'aria contenuta.
A questo punto si aggiunge il fegato e si sala. Ancora un paio di mescolate,
un goccio di vino rosso ed è pronto per mangiare caldissimo.
CUDDURA
E’ un dolce molto povero, ormai molto poco conosciuto, ottenuto dal pane
avanzato senza una vera e propria regola:
Ingredienti
Pane
latte
miele
fichi secchi
Mettere 300 grammi di mollica di pane raffermo senza crosta in 6 decilitri
di latte per una notte intera con un peso sopra.
All’indomani, passare il pane al setaccio e deporlo in una terrina.
Aggiungete 100 grammi di miele, 50 grammi di fichi secchi,
50 grammi di uvetta precedentemente ammollata, 2 uova sbattute, un poco di
lievito naturale, semi di finocchio e mescolare il tutto. Versare l’impasto
in una teglia imburrata e livellarlo bene. Infornare per quasi 2 ore a forno
medio (160 gradi).
Alla fine, lasciate la raffreddare nello stampo, poi sformatela e servitela.
L'impasto, ridotto a forma di parallelepipedo molto basso, può essere
avvolto in foglie di verza e cotto sotto la cenere del focolare
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