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Tra i tanti viaggiatori
francesi del primo `800 annotiamo Joseph Antoine De Gourbillon. Spirito
inquieto, bizzarro, altalenante in politica, giunse in Italia nel 1819 e ben
presto raggiunse la capitale partenopea, da dove si imbarca alla volta di
Palermo.
Non è catalogato certamente tra i tanti viaggiatori più famosi, ma risulta
un osservatore attento, curioso, ma a volte astioso ed il suo resoconto sui
suoi 6 mesi passati al Sud è alquanto spregiudicato ed interessante, anche
se non sempre accettabile a causa principalmente di forzature dovute più che
altro al suo carattere egocentrico, difficile e scontroso.
In linea di massima compie lo stesso percorso dell'inglese Swinburne di
circa 50 anni prima e nelle sue pagine non concede nulla alla fantasia.
Anzi, si preoccupa spesso di inveire contro Brydon, Borch ed altri
viaggiatori precedenti che hanno lasciato resoconti del loro viaggio spesso
inutili e senza alcun riferimento con la realtà esterna.
Non per niente intitolerà Viaggio critico all’Etna un volume del suo
itinerario, con l'evidente intento di fare piazza pulita degli errori, più o
meno voluti, e degli abbagli di molti altri viaggiatori che lo hanno
preceduto nel viaggio. Gli capita spesso durante il cammino di seguire le
indicazioni e a volte i dettagli dei suoi predecessori e di non trovare
traccia alcuna delle loro infarcite e leziose descrizioni di paesaggi,
monumenti, locande e luoghi meravigliosi visti o visitati.
Il nostro viaggiatore, scopriamo pagina dopo pagina, non amava certo
viaggiare molto - così si può dedurre dai suoi scritti -, ma aveva piano
piano ceduto a quel desiderio vago di nuove conoscenze e nuovi luoghi che lo
spinse, non senza iniziali recriminazioni, a cercare nel profondo Sud noie e
preoccupazioni che difficilmente avrebbe sopportato a lungo a casa sua.
Tuttavia grazie a questo suo atteggiamento critico, distaccato ed anche
disincantato, possiamo essere abbastanza sicuri che tutto quello che ha
visto e di cui poi ha scritto e fatto menzione, merita attenzione e
ammirazione.
Dopo aver girovagato per parecchie regioni italiane, nel luglio del 1819 il
Gourbillon giunge via mare a Palermo. la città non gli piace molto ed egli
se la prende subito con il suo predecessore Brydone, colpevole di averla
descritta con troppa fantasia. Il nostro viaggiatore, spirito critico per
eccellenza, invece descrive la città per come la vede, e cioè con un porto
senza molto commercio, con una popolazione miserabile e con troppa povertà
evidente in giro specie in alcuni quartieri. Da Palermo passa dopo un lungo
ed avventuroso tragitto ad Agrigento, dove rimane impressionato dal maestoso
tempio di Giove restaurato in quegli anni per opera del marchese di Haus,
precettore del principe Francesco. L'Haus aveva ottenuto il permesso (non i
mezzi finanziari) da don Alfonso Ayroldi, grande elemosiniere del regno, di
far effettuare i lavori di restauro, dei quali fu praticamente incaricato un
colto avvocato agrigentino, tal don Giuseppe Lopresti. Dopo 17 anni di duro
lavoro, il tempio era stato portato ad un buon livello di manutenzione ma il
disgraziato avvocato si era ridotto sul lastrico poiché il governo
borbonico, nonostante le innumerevoli richieste in merito fattegli, non
aveva ritenuto opportuno ricompensarlo in alcun modo e neppure nominarlo
direttore delle Antichità della Valle dei templi di Agrigento, carica che
sarebbe spettata di diritto.
Giunto a Siracusa il Gourbillon cercò di procurarsi dei libri ma si accorse
che ciò era difficilissimo a causa di una occhiuta censura che bloccava la
vendita di tale materiale, considerato alla stessa stregua di medicinali o
prodotti pericolosi e quindi proibiti dalle leggi.
Il nostro viaggiatore poi si diverte a descrivere minutamente le procedure
varie a cui sono costretti i librai per potere pubblicare i loro cataloghi,
possibilmente dopo attese di mesi e mesi. Il tutto - dice il Gourbillon -
mostra in modo inoppugnabile come il governo borbonico incoraggi lo sviluppo
della cultura nell'Isola. Da Catania partì poi per l'Etna, visita che lo
impegnò per 4 giorni e 3 notti e di cui poi lasciò un lungo e critico
resoconto. Infatti illustrò per bene i vari passaggi incontrati, il clima,
le peripezie durante la scalata al cratere, la visita alla valle del Bove e
la visita della neve sulla sommità del vulcano.
Sempre in groppa ai muletti
siciliani, ai quali si era alquanto affezionato per comodità e per
necessità, il viaggiatore francese visitò altre città della Sicilia,
facendosi un'idea della situazione politica e sociale che giudicò alquanto
esplosiva e piena di contraddizioni. Città piene di poveri, campagne incolte
ed aride, latifondi immensi ed improduttivi, strade rotabili inesistenti se
si escludono alcuni tratti attorno a Palermo costruiti essenzialmente per
condurre il re in alcuni suoi possedimenti di campagna; commerci fermi a
causa delle difficili comunicazioni e condizioni misere soprattutto delle
genti contadine ridotte in aperta miseria a cui viene contrapposta - dice il Gourbillon - un re con superbi palazzi, ministri ricchi e onnipotenti,
vescovi grassi.
Tuttavia questa situazione per il nostro viaggiatore non può durare a lungo:
troppe sono state e sono ancora le ingiustizie a cui sono costretti i
sudditi siciliani.
Nel febbraio del 1821 il viaggiatore lasciò l'Isola per ritornare a Parigi
dove i120 luglio gli arrivò la notizia che la città di Palermo si era
ribellata ai Borboni, dopo che a Napoli il 2 luglio sotto la guida dei
generali carbonari Morelli, Pepe e dei principi Filangieri e Campochiaro era
scoppiato un moto rivoluzionario che aveva costretto il re Ferdinando I a
concedere, a denti stretti, la Costituzione.
La rivolta della Sicilia era stata salutata dal Gourbillon come la naturale
conseguenza di una situazione sconvolgente che egli stesso aveva potuto
constatare "de visu". Credeva che con quei moti rivoluzionari molte cose
sarebbero cambiate nell'Isola ma si ingannava completamente: le truppe
austriache erano intervenute secondo i principi della Santa Alleanza ed
avevano riportato sul trono di Napoli Ferdinando di Borbone. Questi pieno di
livore e falsità aveva dato inizio ad una reazione crudele e sanguinosa che
aveva riportato l'isola sempre più indietro nella storia.
In conclusione un viaggiatore il nostro non molto famoso ma dotato di un
umorismo pungente e di un linguaggio senza peli, per cui riuscì nei suoi
resoconti a dare un'impronta personale ed acuta ed anche a volte
spregiudicata di tutto ciò che aveva potuto vedere e constatare
direttamente, spesso in diretta polemica con i resoconti non sempre
veritieri di molti altri viaggiatori che lo avevano preceduto nella visita
dell'Isola nei decenni passati.
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