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A partire dall’età moderna vengono tenuti in gran considerazione in Sicilia
gli studi di scienze naturali ed, in particolare, di quelli relativi alla
botanica. Tali
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Ritratto di Francesco Cupani
ricerche sono portate avanti da una serie di studiosi che vi
si applicano anche attraverso la realizzazione di orti botanici, nei quali
vengono coltivate, raccolte e studiate erbe e piante d’ogni genere. Famoso a
Messina è, per esempio, l’Orto del medico e naturalista di origini romane
Pietro Castelli (1570-1661), autore fra l’altro dell’”Hortus Messanensis”
pubblicato nel 1640, il quale realizza uno dei primi orti botanici siciliani
presente già nel 1637. Anche Nicolò Gervasi (1632-1681), chimico e botanico
palermitano, conosciuto per aver scritto un trattato farmaceutico, l’”Antidotarium
Panormitanum Pharmochimicum”, possiede a Palermo un Orto ricco di piante
siciliane ed estere.
Con l’assistenza di alcuni studiosi, quali Pietro Citraro e Francesco
Scaglione, ed a spese di Giuseppe del Bosco Sandoval, principe della
Cattolica, nel 1692 Francesco Cupani (1657-1710) realizza nel feudo di
Misilmeri un orto botanico, importante per la varietà e la rarità del
materiale vegetale proveniente non solo dalla Sicilia ma anche dal resto
dell’Europa, arricchito sia da piante indigene, raccolte nei diversi Orti
presenti nell’Isola o da lui stesso scoperte negli accurati viaggi in giro
per la Sicilia, sia da piante esotiche. Piante che, anni dopo, verranno
trasferite e trapiantate nell’orto botanico di Palermo.
Riferisce Rosario Gregorio nelle sue “Opere rare edite ed inedite
riguardanti la Sicilia” (1873), che l’esempio del principe della Cattolica,
relativo alla realizzazione di un orto botanico, viene seguito dal principe
di Villafranca, il quale crea un suo Orto in un vasto e delizioso podere nei
pressi di Palermo.
A poco più di trecentocinquant’anni dalla nascita di Francesco Cupani,
avvenuta il 21 gennaio del 1657 a Mirto, paesino ubicato sul versante
tirrenico dei monti Nebrodi, risulta interessante tracciarne le tappe più
salienti legate agli studi naturalistici e di botanica. Egli, dopo aver
studiato medicina, passa alla filosofia ed alla teologia, abbracciando nel
1681, all’età di 24 anni, l’ordine religioso dei Padri del terz’ordine
regolare di san Francesco. La scelta compiuta, tuttavia, non gli impedisce
di coltivare il suo interesse per la botanica e le scienze naturali,
inclinazioni che lo portano ad intraprende una serie di studi relativi alla
flora siciliana, iniziando a catalogare le numerose varietà di alberi
fruttiferi coltivati in Sicilia, quale per esempio il mandorlo, e tenendo
un’estesissima corrispondenza con i più importanti botanici e naturalisti di
quel periodo.
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Tavola tratta dal “Pamphyton siculum”, edizione del
Bonanno
Nello studio delle piante rare di Sicilia il Cupani può contare sull’aiuto
del monaco cistercense, botanico e naturalista palermitano, Paolo Boccone
(1633-1704), pioniere della botanica sistematica moderna, impegnato in
quegli anni nel granducato di Toscana sotto Ferdinando II; famoso a tal
punto che Linneo gli dedicherà la “Bocconia”, un genere di piante
appartenenti alla famiglia delle papaveracee.
Nel 1692 a Palermo, presso Pietro Coppola e Carlo Adamo, il Cupani pubblica
la sua prima opera, il “Catalogus plantarum sicularum noviter adinventarum”,
nella quale utilizza criteri tassonomici fondati sulle caratteristiche
morfologiche dell’infruttescenza; tale catalogo si presenta costituito da un
solo foglio di carta. Pochi anni dopo, nel 1694, presso Giovanni Adamo in
Palermo, viene pubblicato il “Syllabus plantarum Siciliae nuper detectarum”.
Ma l’opera che renderà famoso il Cupani è, senza dubbio, l’“Hortus
Catholicus”, stampata a Napoli presso Francesco Benzi nel 1696 e dedicata al
principe della Cattolica e duca di Misilmeri; in essa vengono illustrate le
piante presenti nell’Orto di Misilmeri, indicandone alcune con nomenclatura
binomia, in anticipo sul periodo linneano. Il lavoro viene completato da due
supplementi, dei quali il primo allegato al libro, mentre il secondo dato
alle stampe l’anno dopo, presso l’ex tipografia di Giuseppe Gramignani a
Palermo, dal titolo “Supplementum alterum ad Hortum Catholicum”. Grazie a
questo lavoro il Cupani verrà conosciuto da quasi tutti gli studiosi del
settore più noti d’Italia e d’Europa.
È bene puntualizzare che i botanici più antichi denominavano le piante
mediante una frase caratteristica, la quale nello stesso tempo serviva da
nome e da descrizione abbreviata per ogni specie. Questo metodo rimane
nell’uso comune fino al 1753, quando Linneo propone una riforma della
nomenclatura, subito
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Tavola tratta dal “Pamphyton siculum”, edizione del
Bonanno
accettata dalla maggioranza dei botanici. Tale
nomenclatura binomia, che con alcune modifiche è ancora in uso, si fonda
sull’unione fra un nome proprio, designante il “genere”, ed un aggettivo
specifico che caratterizza la “specie”.
A distanza di tre anni dalla morte del Cupani, avvenuta a Palermo il 19
gennaio del 1710 all’età di 53 anni, viene stampato presso l’ex tipografia
regia, per i tipi di Antonio Epiro, il frontespizio del “Pamphyton siculum”,
ovvero “historia naturalis de animalibus, stirpibus, fossilibus, quae in
Sicilia, vel in circuitu ejus inveniuntur opus postumum…”. Tale opera non è
altro che una raccolta di stampe relative a piante, animali ed insetti
presenti in Sicilia, la quale doveva servire a corredo di un’altra opera
redatta dallo stesso Cupani ma rimasta inedita. Le stesse tavole prendono
origine dalle prime prove di stampa che l’autore distribuiva in dono agli
amici; per questo motivo, le copie che si conoscono non sono uniformi,
quanto al numero delle tavole e quanto all’ordine, in funzione della
diligenza con la quale sono state conservate ed ordinate da coloro che le
hanno possedute. Ecco che il “Pamphyton siculum” rappresenta un lavoro
redatto al culmine dell’attività di studi e ricerche, con il quale il
naturalista siciliano, oltre a fornire una descrizione ed a porre le basi
per la conoscenza della flora spontanea della Sicilia, estende la
catalogazione anche ad altri regni della natura.
Di tale opera, così come riporta Giuseppe Maria Mira nella sua “Bibliografia
Siciliana” (1875), se ne conoscono solamente cinque esemplari, oltre a due
frammenti, quasi tutti custoditi nelle più importanti biblioteche presenti
allora in Sicilia, i cui fogli si presentano stampati soltanto da una sola
parte e senza numerazione. Uno di questi esemplari, diviso in tre volumi,
contiene complessivamente 654 tavole: il primo volume presenta il ritratto
dell’autore assieme a 242 tavole di vegetali; il secondo racchiude 262
tavole, sempre con l’illustrazione di piante; infine, il terzo volume
contiene 150 tavole illustrate con uccelli, vegetali, insetti e pesci. Un
secondo esemplare conta 658 tavole ma è
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Tavola tratta dal “Pamphyton siculum”, edizione del
Bonanno
suddiviso in due volumi, corredati
di frontespizi e ritratto, il primo dei quali contiene 334 tavole, mentre
nel secondo se ne contano 324.
Una seconda edizione del “Pamphyton siculum” viene realizzata dall’allievo
del Cupani, Antonio Bonanno (1657-1719), a spese di Francesco Bonanno
principe della Cattolica e di Giuseppe Alliata principe di Villafranca.
Questi, avendo ricevuto in consegna da Giovanbattista Caruso le incisioni ed
i volumi manoscritti ed incompleti, si impegnerà a portare a termine l’opera
per darla alle stampe. Il lavoro viene ideato secondo l’ordine descritto
nell’”Hortus Catholicus”, cambiando però i nomi delle piante e sostituendone
altre; il cui sistema di catalogazione, per quanto si può desumere dagli
scritti del Cupani, non era stato ancora conosciuto. Ma nel 1719, alla morte
del Bonanno, il lavoro rimane incompleto e, pertanto, di poco interesse,
poiché si riescono a pubblicare solamente 198 tavole con evidenti lacune,
senza frontespizio e con le stampe impresse in ambo le parti numerate.
Francesco Cupani viene ricordato anche attraverso il nome botanico dato ad
alcune specie vegetali, quali le liliacee “Colchicum cupanii” e “Scilla
cupani” o le papilionacee “Genista cupanii” e “Lathyrus odoratus” var. “Cupani”;
oltre alla composita “Tragopogon cupani”, alla graminacea “Melica cupani” ed
alla plantaginacea “Plantago cupani”.
Tavole tratte dal “Pamphyton siculum” - edizione del Bonanno, pubblicate in
“La cultura dei Nebrodi nell’opera di due grandi naturalisti: Francesco
Cupani e Bernardino da Ucria”, a cura del Parco dei Nebrodi e riproduzioni
fotografiche di Gino Fabio.
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