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Il nome “busacchinara” non è riferita ad una bella donzella del comune di
Bisacquino, ma ad una suadente cipolla che da qualche anno sta acquisendo
nuovi estimatori. Alla “regina della tavola”, ogni estate i bisacquinesi
dedicano una suntuosa sagra giunta alla IV edizione. Il seducente odore di
questo prelibato ortaggio, la vigilia della festa della Madonna del Balzo,
ha riempito ogni angolo della cittadina dei monti Sicani. Questa nobile
ortiva è stata, per le sue virtù terapeutiche, esaltata in tutti i tempi. Il
suo nome botanico, Allium Cepa, non ci dice molto, eppure è un
elemento fondamentale della nostra cucina. La
Sicilia
dispone di un ampio patrimonio di popolazioni locali prodotti
prevalentemente per la produzione di bulbi da serbo. Le cultivar vengono
classificate in base alla forma, (allungate o a fuso ed ovali, a trottola,
sferiche, subsferiche e piatte), al colore delle scaglie (bianche, gialle
rosse, e viola di varia intensità), al periodo di coltivazione e alla
destinazione del prodotto. La cipolla di Bisacquino è una varietà molto
grossa schiacciata ai poli, dalla tunica rossastra, dolcissima al gusto,
molto aromatica, dalla consistenza morbida e carnosa. Il bulbo può supera
abbondantemente il chilogrammo. L’areale di produzione è il territorio di
Bisacquino (Pa) e i territori limitrofi. Si presume che l'origine di questo
ortaggio sia l'Asia occidentale. La mitologia racconta che durante la guerra
degli dei contro Giove, i vinti, inseguiti fino all'estrema punta del
continente, vedendo che mancava loro la terra per andare più lontano, si
siano trasformati in cipolle per fuggire la collera di Giove. Nasceva così
il mito delle cipolle. Le sue origini, allo stato selvatico, si perdono
nella notte dei tempi. I primi veri campi coltivati furono realizzati dai
Caldei. Introdotta in Egitto, all'epoca delle prime Dinastie, si circondò di
una grande considerazione tanto di tributargli onori riservati agli
immortali. Erodoto fa cenno di una lapide della grande piramide di Cheope,
fatta costruire dal re faraone della IV dinastia (4500 a. C.) dove fu incisa
la somma di 1600 talenti dì argento con la specifica: “per acquistare
cipolle, agli e ravanelli per il mantenimento degli operai addetti alla
costruzione”. Riconoscimento analogo trovò in Israele. I Romani la
consumarono discretamente, onore che riservarono, viceversa all’aglio,
ritenuto di grande vigore per l'organismo. Nelle
ricette
di Apicio, così come nei ricettari del Rinascimento, la cipolla ha una
grande considerazione. In molte regioni era ritenuta merce di pregio ed
utilizzata per i cambi merce. In Sicilia arrivò con i fenici, la sua massima
utilizzazione si affermò con gli ebrei, tanto da rimanere proverbiale il suo
odore insieme all’aglio, che espandeva dalle giudecche. Non è azzardato
avanzare l’ipotesi che la coltivazione della cipolla in Bisacquino possa
essere collegata alla presenza ebrea nello stesso comune. In occasione della
“sagra” la cittadina bisacquinese è stata presa d’assalto. Circa cinquemila
visitatori si sono riversati nella suggestiva piazza principale. Una bella
soddisfazione per tutta l’Amministrazione nuova di zecca. Il neo sindaco
Filippo Contorno, (nella foto) orgogliosamente mostra una meravigliosa
cipolla - simbolo della Bisacquino rurale, fatta di gente laboriosa e
tenace. Cipolle grandi e dolci come il cuore della sua popolazione. Un
amministrazione come dice il primo cittadino – che vuole spendersi per
puntare ad uno sviluppo locale autopropulsivo promuovendo tutte le
peculiarità territoriali di cui la nobile cittadina vanta da secoli.
Valorizzazione di ciò che si è consolidato nel tempo. Le ortive, le
produzioni casearie, la ceramica, il ferro battuto, i coltelli, i ricami,
elementi da offrire ad un nuovo turismo identitario fatto di identità e
originalità. Testimonianze forti, che conservate all’interno del museo
civico, sono ancora vive e ci richiamano quella ruralità ritenuta
prematuramente morta, e che oggi, si è presa la rivincita diventando
elemento di sviluppo. |