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Quando i
produttori incontrano i consumatori e dialogano, il mondo rurale ritrova il
suo volto umano e cresce economicamente. Luoghi deputati a tale approcci
sono i “mercati contadini”, o se volete, Farmers’ market, dove produttori
locali si ritrovano per vendere i loro prodotti agricoli o trasformati.
Sembrerebbe la cura alla lievitazione dei prezzi dei prodotti agricoli: chi
produce riesce a portare a casa un pezzo di pane, quasi sempre duro, e chi
invece commercializza, fa affari d’oro. Quindi, consumatore e produttore si
rincontrano, così come accadeva nei decenni passati, nelle piazze o nei
luoghi eletti a tale compravendite, insieme per instaurare un patto di
solidarietà e fiducia. Un accordo tacito di chi intende offrire un prodotto
genuino, sano, impregnato di sapori antichi, e chi, ad un costo contenuto,
decide di pagare qualcosa in più in cambio della salvaguardia del proprio
territorio, per assicurare la salubrità degli alimenti, per dare continuità
alla vita dei territori rurali.
Il tutto,
senza costi aggiuntivi di intermediari o azzeccagarbugli, che concorrono a
far crescere a dismisura i relativi prezzi. Molte popolazioni rurali
sopravvivono grazie a questo semplice stratagemma. Esperienze significative
si trovano diffuse in diversi parti del mondo. Dalle statunitense Farmers’
market, alle francesi Amap Les olivades (Association pour le Maintien de l’Agriculture
Paysanne), ecc. Questi mercati sono corredati da una serie di servizi
pubblici come parchi, posteggi, spettacoli musicali, corsi culinari ed
alimentari che fanno da contorno alla “festa locale dell’agricoltura”. Al
mercato, i contadini possono vendere
frutta,
verdura, prodotti da forno, carni, formaggi artigianali e altri prodotti
tradizionali locali. I consumatori hanno la possibilità di acquistare
soprattutto prodotti freschi e di stagione. Gli economisti l’hanno
battezzata “filiera corta”, i consumatori “ un modo per risparmiare”. Ma
oltre a questo aspetto ci sono altri elementi da non trascurare. Si viene ad
restaurare il rapporto diretto tra produttore e consumatore; si creano nuovi
canali di vendita; si ha un minor impatto ambientale grazie alla riduzione
dei trasporti e degli imballaggi;
vengono privilegiati i prodotti locali e la loro stagionalità; si
evidenziano prezzi e strutture della filiera; si possono svolgere degli
incontri divulgativi e di supporto alla promozione; si ha la possibilità di
degustare i prodotti e di conoscere le caratteristiche intrinseche; si ha
una riduzione dei costi di distribuzione con ridotto costo ambientale; si ha
l’ottimizzazione della tracciabilità che è maggiormente possibile proprio
con la filiera corta; si instaurano rapporti di fiducia che consentono,
successivamente, di vendere a domicilio o con commercio elettronico; è
possibile vendere ai
gruppi di
acquisto: cooperative di consumo, associazioni, Cral, è anche occasione per
promuovere modelli di sviluppo sostenibili. Quindi “Filiera corta” in
alternativa a quella del supermercato. Due facce economiche e culturali di
vendita differente. Un modo per allinearsi alle politiche comunitarie, che
demanda all’imprenditore, iniziative di multifunzionalità da consentire un
adeguato irrobustimento del relativo reddito. Un’ attività voluta dal
Ministero delle politiche agricole che con decreto legislativo n. 228/01
(legge di orientamento) l’ha introdotto nella nostra legislazione. Un
decreto che ha avuto bisogno di ulteriori approfondimenti per ridisegnare i
requisiti indispensabili per i farmer market. L’ultimo decreto stabilisce le
linee di indirizzo per la realizzazione dei mercati contadini riservati alla
vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli. In sintesi, i mercati
possono essere realizzate su aree pubbliche o di privati, in locali aperti
al pubblico; l’esercizio di vendita può essere espletato dagli imprenditori
la cui azienda opera nell’area del mercato; devono vendere prodotti della
loro azienda anche manipolati o trasformati o comunque
provenienti
dallo stesso ambito territoriale. Naturalmente i prodotti devono essere
conformi alla normativa della etichettatura, così come devono rispondere ai
requisiti di igiene ed alimentari e devono indicare il luogo di origine e
l’impresa che li ha prodotti. I mercati sono istituiti, autorizzati e
controllati dai Comuni sulla base del disciplinare che regolano le modalità
di vendita. La risoluzione del 10 maggio 2006, n. 0004363 di protocollo del
ministero per lo Sviluppo economico, chiarisce inoltre che l’esercizio
dell'attività di vendita diretta di prodotti agricoli è soggetta
all'iscrizione obbligatoria nel Registro delle imprese tenuto dalle
competenti Camere di commercio. L'obbligo riguarda tutti i produttori
agricoli indistintamente. Nessun obbligo, invece, per l'attività di vendita
di prodotti agricoli effettuata direttamente in azienda dall'imprenditore
agricolo esercente le attività di coltivazione del fondo, allevamento di
animali e silvicoltura. Indicare questa iniziativa come la panacea per
risolvere i problemi della commercializzazione dei prodotti agricoli
potrebbe essere esagerata, ma comunque è possibile affermare che può dare un
forte impulso all’agricoltura, purché qualche furbetto, come accade in
qualche sagra paesana, non alteri i prezzi a dismisura snaturando la
filosofia del mercato stesso. Mentre in molte regioni italiane e comuni
queste iniziative sono state già messe in atto, in Sicilia, timide attività
del genere sono state portate avanti da qualche organizzazione di categoria,
per il resto tutto è fermo. Insomma, la strada è segnata bisogna ora
percorrerla, possibilmente con un mezzo veloce, perché l’agricoltura e gli
imprenditori non possono più attendere.
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