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Nella Sicilia del primo ottocento in gran vigore era l’attività dei teatri,
presenti nelle grandi città come nei piccoli centri. E spesso, proprio in
quest’ultimi, esisteva un’ attività vivace e di rilievo sia nella produzione
che nella ricezione di opere teatrali: v’era gente amante della scena, di
variegato gusto estetico e patrimonio culturale, di diverso ceto.
Molti i casi di impresari e attori che venivano da fuori, allestivano
spettacoli per i teatri dell’isola e alcuni vi restavano a lungo. Tra questi
Luigi Garzes, venuto in Sicilia per motivi politici e artistici – era attore
e patriota- dove rimase per parecchio tempo, e dove nacquero i suoi figli,
due dei quali, Arturo (nato a Caltanissetta il 29 febbraio 1856) e Francesco
(nato a Troina, in provincia di Enna, nel luglio 1848), diventeranno, da
valenti figli d’arte, personaggi famosi nella storia del teatro non solo
siciliano ma nazionale.
L’apprendistato artistico dei due fratelli è legato senza dubbio alla loro
permanenza siciliana e alla pratica della recitazione nei teatri isolani, in
specie di quello - all’epoca assai rinomato - di Troina, che come scrisse
Lionardo Vigo:
‘abbenchè sorgesse fra le nevi e le rupi lontano dall’attivo commercio
civile, uno ne ha costruito di belle forme e non mercenarie turbe d’indotti
istrioni vi agiscono ma le persone più colte del paese e le vaghe giovanette
miste alle molte matrone salendo la scena, dirozzano con la potenza
dell’esempio le classi inferiori del popolo e con avveduto consiglio
preferiscono drammi di autori siciliani’.
Consolidata
l’arte, però, sia Arturo che Francesco Garzes decidono di tentare la fama in
un ambito più importante e nazionale.
Dopo essere stato attore in diverse compagnie, da comico brillate, Francesco
Garzes, che è stato allievo del grande Bellotti Bon - con la compagnia del
quale è capocomico sin al 1882 - decide di fondare una sua impresa
filodrammatica.
Dapprima, nel 1891, con Pasta e Reinech e il sodalizio tra i tre durerà a
lungo: la Compagnia produrrà e metterà in scena diverse commedia, parecchie
dal buon esito di critica e di pubblico. Tra le più famose Il Signor d’Albret,
Filtration , Un episodio sotto la comune scritte dallo stesso Garzes.
Poi, il tentativo di mettere in piedi da solo una compagnia all’avanguardia,
senza badare a spese per le scenografie e per gli attori: recitano per la
sua compagnia Giovanni Emmanuel e la schiera di attori comici e brillanti
del tempo, e persino Eleonora Duse, nel 1894.
Ma l’impresa, pur dandogli notorietà, si rivela ardua e costringe Francesco
a contrarre debiti con promesse che difficilmente potrà onorare.
Comincerà così a maturare in lui l’idea del suicidio, che si concretizzerà
una mattina di aprile in un albergo di Mestre, alla maniera – eroica e
spettacolare - del suo maestro Bellotti Bon, con un colpo di pistola al
cuore. ‘L’attore brillante, noto al pubblico dei teatri italiani, e
simpaticamente noto,che ha vissuto facendo ridere, ha voluto morire nel
compianto generale’ scrisse il quotidiano La Tribuna il 22 aprile 1894.
Di minor successo, ma comunque significativa, l’avventura del fratello
Arturo, che a lungo reciterà nella compagnia del padre, poi anche lui per
Bellotti Bon, per altra famose compagnie (Benini, Vitaliani), sin a fare
l’esperienza di attore cinematografico, in ben quattordici film, alcuni dei
quali tra i più popolari del cinema del primo novecento: In hoc signo vinces,
Giovanna D’Arco, Erodiade.
Con la sua morte a Torino nel 1935, si conclude la vicenda artistica dei
Garzes, uomini di teatro che non persero mai il loro legame con la Sicilia,
sopratutto il padre, Luigi, che vi visse sin al 1897,dove aveva combattuto
dal 1848 al 1860 per la liberazione e l’unità d’Italia, dove aveva ricevuto
i maggiori consensi come attore e impresario di teatro, vivendo quel tempo
di effervescenza della cultura siciliana, appena prima che Giovanni Gentile
ne intravedesse i segni del tramonto.
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