|
Non solo zagare e tarocco ma un passato zeppo di storia che viene alla
luce pian piano. Lentini e le sorelle subiscono il terremoto del 1693 ma
trovano la forza di rinascere
L’itinerario di questo numero, prende in esame il lentinese, zona ad alto
interesse storico ed archeologico e che rappresenta uno dei punti di
riferimento per l'agrumicoltura siciliana: Lentini, Carlentini e Francofonte
costituiscono, infatti, i campi leontini immersi in un paesaggio
contrassegnato dalla presenza di agrumeti e da un territorio
collinare-calcareo.
I primi ad occupare i campi leontini (nel XVIII sec. a.c.) furono i siculi.
In seguito si impadronirono del territorio i Calcidesi di Nasso che
denominarono la città Leontinoi, nome derivante da Leone, che richiama il
mito di Herakles, uccisore del leone nemeo. Lentini fu una delle città più
antiche e gloriose del mondo cristiano, di cui conserva, tuttora, illustri
monumenti. Punto di svolta per la città è il terremoto del 1693 che la rase
al suolo; dopo quella data i vecchi siti furono abbandonati ed il comune fu
riedificato, nella zona che attualmente rappresenta il centro cittadino.
A Lentini si possono ammirare opere architettoniche realizzate dopo il
terremoto. La chiesa Madre, dedicata a Sant'Alfio, è stata costruita dopo il
sisma e rifatta nel periodo 1747/89. L'interno è a tre navate su colonne.
Una cappella della navata destra conserva il fercolo di Sant'Alfio,
realizzato in argento sbalzato; annesso alla chiesa si trova il sepolcro dei
3 fratelli Alfio, Filadelfo e Cirino che a Lentini furono martirizzati, e di
cui la città custodisce ancora i luoghi del martirio e della prigionia. Le
catacombe dei 3 Santi, fanno parte di una serie di sepolcri cristiani
inesplorati. Nel carcere di Sant'Alfio vi sono le statue in cartapesta che
rappresentano il processo subito dai martiri. Al centro campeggia la figura
di re Tertullo, il magistrato romano, che la tradizione raffigura di razza
negroide. Particolarmente suggestiva è la festa in onore dei 3 fratelli, che
si celebra il 10 maggio. In quell'occasione i fedeli, molti dei quali legati
alla tradizione dei "nudi" ovvero vestiti solo con pantaloni corti ed una
fascia rossa al petto, giungono da ogni parte manifestando la loro devozione
pubblicamente, ed offrendo un cero per grazia ricevuta o da chiedere.
Nella parte occidentale della città si trova la chiesa della SS. Trinità,
costruita sulle rovine di un palazzo rinascimentale. Il pavimento della
chiesa è in ceramica di Caltagirone e per bellezza è indicata come la
seconda opera in arte caltagironese esistente. Imboccando la via Garibaldi,
si giunge ai giardini pubblici Gorgia.
In piazza Liceo si trova il museo Archeologico che custodisce i resti della
colonizzazione greca della Sicilia, ceramiche e bronzi dal 2000 a.c. in poi,
reperti funerari arcaici, fregi architettonici di terracotta dipinta,
corredi della necropoli e i ritrovamenti effettuati dal 1970.
Tappa d'obbligo, a Lentini, è l'area archeologica che si estende nella valle
di San Mauro e sulle due colline che la fiancheggiano. Sul colle
Castellaccio fanno mostra di se le rovine del castello di età sveva. Nella
valle di San Mauro è visibile l'omonima grotta con tracce di affreschi
bizantini ed i ruderi di una chiesa con convento, crollati nel 1693, mentre
nel colle San Mauro esistono i resti di 2 edifici sacri. Nel Parco
archeologico si entra dalla porta Siracusana; il sito comprende le necropoli
ellenistica, le cinte murarie ed il villaggio preistorico con alcune capanne
di legno.
Altre necropoli si estendono intorno alla città, e sono venute alla luce,
anche se parzialmente, con piccoli scavi, in fondi privati.
Lasciata Lentini, la tappa successiva è Carlentini, altro centro
profondamente mutato dal terremoto del 1693. Proprio in conseguenza
dell'evento sismico, la cittadina vede crescere, alla fine del XVII secolo,
il flusso demografico con le popolazioni dei centri viciniori.
Il nome della città è dedicato al Re di Francia Carlo V, che aveva dato il
consenso per edificare una fortezza sul colle Meta.
Ancora visibili, oggi, i resti dell'antico muraglione della città, cha ha
cinto l'abitato fino alla metà del secolo scorso. Il centro cittadino,
ricostruito, è a scacchiera con isolati quadrangolari. La zona archeologica
di contrada "Ciacche" è attigua a quella di Lentini.
Da visitare la chiesa Madre (dedicata all'Immacolata Concezione) riedificata
dopo il sisma, che si fa ammirare ancora oggi per la bella facciata ed il
campanile alto 34 metri. Degna di nota anche la chiesa di Sant'Anna,
ricostruita sulle rovine di quella esistente nel `700. Il giro per i siti
leontini continua con Francofonte, che può essere raggiunta dalla statale
194.
L'antica città (situata a nord-est dell'attuale sito) è di origine greca. La
sua notizia più antica è del 1366, quando in un documento degli archivi
vaticani, si parla di "Fortalicium Francofontis". Chiaro il riferimento ad
una piazzaforte, fatta costruire da Artale Aragona, che, conquistato il
castello di Lentini, decise di trincerare il proprio casale nato attorno al
maniero.
Anche Francofonte, rinasce dopo il terremoto del 1693, quando il commercio
di agrumi dà linfa all'economia. L'agrumicoltura francofontese è la più
antica del Mediterraneo.
E' questa la patria del tarocco, la specialità di arancia nota in tutto il
mondo. Da vedere le tombe della vasta necropoli di Ossini (definita da molti
la piccola Pantalica); l'attuale municipio, (ex Palazzo del Marchese); e la
Basilica della Chiesa Madre, all'interno della quale è custodita una tavola
del `400 raffigurante la Madonna della Neve, patrona della città.
|