STORIA E DINTORNI
 La "Zafarana"
nel '800

 di Antonio Patanè



Il centro della "Zafarana" nel primo '800 era costituito da un villaggio di 1000 persone circa, posto nelle falde sud-orientali dell'Etna, proprio all'uscita di alcune valli storiche del vulcano, quali quelle di San Giacomo, di Calanna e più in alto della preistorica Valle del Bove. Il borgo esisteva da circa 70 anni ed era sorto con la concessione di terreni in enfiteusi ad alcune famiglie di coloni provenienti da Aci S.Antonio, Viagrande e Trecastagni. L'amministrazione civile del borgo fu avocata da questi due ultimi e più organizzati centri i quali si divisero il paese con una linea di confine che passò nel mezzo della via principale. I primi anni di vita furono difficili per la nuova comunità a causa di notevoli difficoltà logistiche da superare, di disaccordi e malumori per la lontana gestione amministrativa, di difficoltà per il culto.

Per risolvere quest'ultimo problema era stata iniziata, sin dal 1753, una chiesetta poi finita nel 1768. Tuttavia, data la crescente popolazione, c'era stato bisogno di ulteriori ingrandimenti effettuati, senza alcun progetto e conoscenza tecnica, da maestrucoli inesperienti.

Un momento difficile il borgo lo attraversò nel 1792, quando fu sul punto di essere investito da una delle tante e tante colate laviche che da secoli scorrevano, ad intervalli quasi regolari, lungo i fianchi del vulcano. I primi anni dell' '800 trovarono la "Zafarana" amministrata sempre dai consigli civici di Viagrande e Trecastagni.

C'erano stati tentativi di separazione, ma erano risultati tutti vani, nonostante fossero stati spediti numerosi memoriali al re Ferdinando I: le vicende politiche continentali (Francesi a Napoli ed Inglesi in Sicilia) avevano fatto sempre passare in secondo piano le richieste e i problemi di tanti comuni che dal 1816 componevano il nuovo Regno delle Due Sicilie.

Nel febbraio 1818 un tremendo terremoto colpì la "Zafarana" e provocò 34 morti, più che altro dovuti all'incuria umana, infatti tutte le vittime furono causate dal crollo del tetto della chiesa che negli anni passati era stata ristrutturata con grande precarietà. Tuttavia il sisma diede inizio all'iter di separazione amministrativa. Infatti l'Intendente di Catania, venuto a constatare di persona i danni del sisma si rese conto che la cittadina aveva molte prerogative (abitanti elegibili, un ampio territorio) per essere innalzata a comune autonomo. Tale iter di separazione, nonostante i tentativi di boicottaggio messi in atto dai decurioni di Trecastagni e Viagrande, giunse a compimento il 21 settembre 1826. In questa data la "Zafarana" ed alcuni quartieri vicini(Rocca d'Api, Sarro, Pisano e Bongiardo orientali) costituirono un comune separato sia amministrativamente che dal punto di vista religioso.

Non furono facili i primi anni per il nuovo comune: liti amministrative per la definizione dei confini territoriali e per la divisione dei beni patrimoniali scoppiarono con tutti i comuni vicini quali Giarre, Acireale, Trecastagni ed Aci S.Antonio. Con Trecastagni le diatribe furono lunghe, soprattutto per la distribuzione dei beni finanziari, tenendo presente il fatto che questo centro doveva restituire alla "Zafaranà' decine di onze per le gabelle incassate in quel centro prima del 1826.

Questi contenziosi territoriali si protrassero per lunghi anni e solo nel 1855-1860 trovarono soluzioni legislative che permisero al piccolo borgo di diventare uno dei più vasti comuni del versante sud-orientale etneo.

L'estensione territoriale era stata causata dall'accorpamento progressivo di borgate antiche e popolose come Pisano e Bongiardo nel 1846, Fleri negli anni '50 dopo un lungo contenzioso durato più di 20 anni con Aci S. Antonio, Bollo e Cancelliere nel 1860. Gli anni post unitari trovarono la Zaffarana (si scrive così dopo il 1850) alle prese con gravi problemi, peraltro esistenti in tutti i comuni del Sud: disoccupazione bracciantile, casse comunali vuote, tasse esose, epidemie, incipiente crisi agraria, soprattutto del vino che risultava uno dei cespiti più importanti dell'economia del centro. Anche l'insipienza e l'impegno nepotistico di parecchi amministratori succedutisi alla guida del comune, contribuirono a rendere incandescenti quegli anni. Ricorrenti epidemie di colera e vaiolo, pur circoscritte con grandi sforzi, aumentarono i problemi del comune che negli anni '80 e seguenti si trovò diviso politicamente in due fazioni, in linea di massima corrispondenti ai clericali e agli anticlericali risorgimentali. Aspre e senza esclusione di colpi le lotte per impadronirsi dell'amministrazione del comune.

Tale fatto avrebbe permesso di inserire nei posti di comando (sindaco, cassiere, esattore dei dazi, ecc.) personale di un gruppo con conseguente carico fiscale sugli esponenti della fazione avversa. Da qui lotte furenti e disamministrazione fino allo scioglimento forzato di alcuni consigli da parte della Prefettura negli anni di fine secolo, il quale si chiudeva con un comune che aveva raggiunto una sua completa identità territoriale (Km2 76), nonostante i tentativi di separazione messi in atto dagli abitanti di Bongiardo in più riprese (1840-1846-1848). L'astio verso il capo comune nasceva dal fatto che gli amministratori si occupavano dei problemi della Zaffarana e trascuravano le altre borgate in continua crescita demografica ma piene di inconvenienti. Il secolo XIX per la Zafferana (si scriverà così dopo il 1890) era stato un periodo di crescita tumultuosa sia sociale che religiosa. Il piccolo villaggio del '700 aveva raddoppiato la sua popolazione e viveva di un'economia silvo-agropastorale, legata alla coltivazione di alcuni prodotti della terra (uva, segale, frutti), allo sfruttamento forestale che dava carbone, legname, castagne, legna da ardere, alla pastorizia. Diffusa qua e là l'apicoltura. Questi per sommi capi la nascita e lo sviluppo di uno dei tanti centri che, in un recente passato, ha trovato di che vivere e prosperare con una continua attività esercitata negli aspri ma fertili terreni del nostro tanto amato e temuto vulcano.