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Il centro della "Zafarana"
nel primo '800 era costituito da un villaggio di 1000 persone circa, posto
nelle falde sud-orientali dell'Etna, proprio all'uscita di alcune valli
storiche del vulcano, quali quelle di San Giacomo, di Calanna e più in alto
della preistorica Valle del Bove. Il borgo esisteva da circa 70 anni ed era
sorto con la concessione di terreni in enfiteusi ad alcune famiglie di
coloni provenienti da Aci S.Antonio, Viagrande e Trecastagni.
L'amministrazione civile del borgo fu avocata da questi due ultimi e più
organizzati centri i quali si divisero il paese con una linea di confine che
passò nel mezzo della via principale. I primi anni di vita furono difficili
per la nuova comunità a causa di notevoli difficoltà logistiche da superare,
di disaccordi e malumori per la lontana gestione amministrativa, di
difficoltà per il culto.
Per
risolvere quest'ultimo problema era stata iniziata, sin dal 1753, una
chiesetta poi finita nel 1768. Tuttavia, data la crescente popolazione,
c'era stato bisogno di ulteriori ingrandimenti effettuati, senza alcun
progetto e conoscenza tecnica, da maestrucoli inesperienti.
Un
momento difficile il borgo lo attraversò nel 1792, quando fu sul punto di
essere investito da una delle tante e tante colate laviche che da secoli
scorrevano, ad intervalli quasi regolari, lungo i fianchi del vulcano. I
primi anni dell' '800 trovarono la "Zafarana" amministrata sempre dai
consigli civici di Viagrande e Trecastagni.
C'erano stati tentativi di separazione, ma erano risultati tutti vani,
nonostante fossero stati spediti numerosi memoriali al re Ferdinando I: le
vicende politiche continentali (Francesi a Napoli ed Inglesi in Sicilia)
avevano fatto sempre passare in secondo piano le richieste e i problemi di
tanti comuni che dal 1816 componevano il nuovo Regno delle Due Sicilie.
Nel
febbraio 1818 un tremendo terremoto colpì la "Zafarana" e provocò 34 morti,
più che altro dovuti all'incuria umana, infatti tutte le vittime furono
causate dal crollo del tetto della chiesa che negli anni passati era stata
ristrutturata con grande precarietà. Tuttavia il sisma diede inizio all'iter
di separazione amministrativa. Infatti l'Intendente di Catania, venuto a
constatare di persona i danni del sisma si rese conto che la cittadina aveva
molte prerogative (abitanti elegibili, un ampio territorio) per essere
innalzata a comune autonomo. Tale iter di separazione, nonostante i
tentativi di boicottaggio messi in atto dai decurioni di Trecastagni e
Viagrande, giunse a compimento il 21 settembre 1826. In questa data la "Zafarana"
ed alcuni quartieri vicini(Rocca d'Api, Sarro, Pisano e Bongiardo orientali)
costituirono un comune separato sia amministrativamente che dal punto di
vista religioso.
Non
furono facili i primi anni per il nuovo comune: liti amministrative per la
definizione dei confini territoriali e per la divisione dei beni
patrimoniali scoppiarono con tutti i comuni vicini quali Giarre, Acireale,
Trecastagni ed Aci S.Antonio. Con Trecastagni le diatribe furono lunghe,
soprattutto per la distribuzione dei beni finanziari, tenendo presente il
fatto che questo centro doveva restituire alla "Zafaranà' decine di onze per
le gabelle incassate in quel centro prima del 1826.
Questi contenziosi territoriali si protrassero per lunghi anni e solo nel
1855-1860 trovarono soluzioni legislative che permisero al piccolo borgo di
diventare uno dei più vasti comuni del versante sud-orientale etneo.
L'estensione territoriale era stata causata dall'accorpamento progressivo di
borgate antiche e popolose come Pisano e Bongiardo nel 1846, Fleri negli
anni '50 dopo un lungo contenzioso durato più di 20 anni con Aci S. Antonio,
Bollo e Cancelliere nel 1860. Gli anni post unitari trovarono la Zaffarana
(si scrive così dopo il 1850) alle prese con gravi problemi, peraltro
esistenti in tutti i comuni del Sud: disoccupazione bracciantile, casse
comunali vuote, tasse esose, epidemie, incipiente crisi agraria, soprattutto
del vino che risultava uno dei cespiti più importanti dell'economia del
centro. Anche l'insipienza e l'impegno nepotistico di parecchi
amministratori succedutisi alla guida del comune, contribuirono a rendere
incandescenti quegli anni. Ricorrenti epidemie di colera e vaiolo, pur
circoscritte con grandi sforzi, aumentarono i problemi del comune che negli
anni '80 e seguenti si trovò diviso politicamente in due fazioni, in linea
di massima corrispondenti ai clericali e agli anticlericali risorgimentali.
Aspre e senza esclusione di colpi le lotte per impadronirsi
dell'amministrazione del comune.
Tale
fatto avrebbe permesso di inserire nei posti di comando (sindaco, cassiere,
esattore dei dazi, ecc.) personale di un gruppo con conseguente carico
fiscale sugli esponenti della fazione avversa. Da qui lotte furenti e
disamministrazione fino allo scioglimento forzato di alcuni consigli da
parte della Prefettura negli anni di fine secolo, il quale si chiudeva con
un comune che aveva raggiunto una sua completa identità territoriale (Km2
76), nonostante i tentativi di separazione messi in atto dagli abitanti di
Bongiardo in più riprese (1840-1846-1848). L'astio verso il capo comune
nasceva dal fatto che gli amministratori si occupavano dei problemi della
Zaffarana e trascuravano le altre borgate in continua crescita demografica
ma piene di inconvenienti. Il secolo XIX per la Zafferana (si scriverà così
dopo il 1890) era stato un periodo di crescita tumultuosa sia sociale che
religiosa. Il piccolo villaggio del '700 aveva raddoppiato la sua
popolazione e viveva di un'economia silvo-agropastorale, legata alla
coltivazione di alcuni prodotti della terra (uva, segale, frutti), allo
sfruttamento forestale che dava carbone, legname, castagne, legna da ardere,
alla pastorizia. Diffusa qua e là l'apicoltura. Questi per sommi capi la
nascita e lo sviluppo di uno dei tanti centri che, in un recente passato, ha
trovato di che vivere e prosperare con una continua attività esercitata
negli aspri ma fertili terreni del nostro tanto amato e temuto vulcano.
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