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- Suggestioni di una fortezza Un itinerario per le vie di Calatabiano Il castello di Calatabiano, dalle antiche origini arabe, immerso tra ficodindia e grandi alberi d'ulivo, riesce a rievocare antiche suggestioni, sospeso in un silenzio irreale e senza tempo.
Nel silenzio della campagna, tra i ficodindia e gli ulivi, pur devastata dai terremoti e dal tempo, la vecchia fortezza riesce ancora a rievocare suggestioni perdute ed immagini d'altri tempi, dei fasti di corte e dei cruenti assedi. La fortezza sembra avere un'origine araba come dimostrerebbe il suo vecchio nome Kaalat-bian (castello di Bian, probabilmente suo amministratore e signore). Inoltre, nella sua parte più alta, sono ancora evidenti le tracce del genio architettonico normanno e, più in basso, le migliorie difensive di origine sveva e aragonese. Sulle mura di difesa che cingevano il borgo e il maniero propriamente detto, è evidente la merlatura, mentre di grande interesse è, dinnanzi all'ingresso principale, l'elegante arco quattrocentesco che consentiva l'accesso alla sala grande e su cui sono visibili le insegne dei Cruyllas e degli Alagona, antichi signori del luogo. Prima del disastroso terremoto del 1693 la vita di Calatabiano si svolgeva tutta all'interno della cinta muraria a ponente della quale si apriva la porta d'ingresso che veniva repentinamente chiusa di notte e nei momenti di maggiore pericolo. All'interno di ciò che resta delle mura di cinta sono ancora in parte evidenti i ruderi delle antiche case coloniche che costituivano il borgo, collegate tra loro da strettissimi viottoli. Nel maniero si trovavano invece, oltre alle ampie sale e ad una vasta teoria di scale che servivano per collegare diversi piani, le cisterne per l'acqua ad uso dei signori e della servitù. Un tempo vi erano anche i sotterranei adibiti a prigione.
Ancora più a valle si possono individuare i ruderi della chiesa del Carmelo, collocati anch'essi, come l'edificio religioso precedente, all'interno dell'antica cinta muraria della fortezza. Una visita al castello di Calatabiano può essere lo spunto per godere di meravigliosi silenzi e di un'imperdibile panorama della montagna Etna che dalle sue bocche di fuoco sputò in passato la materia prima, poi sapientemente lavorata dalle mani degli artigiani di un tempo, che ne consentì la costruzione. Ad est, a perdita d'occhio, la costa ionica con in bell'evidenza i fasti taorminesi e lo Ionio dalle acque limpide e pescose. Non è soltanto il castello a costituire motivo di una visita a Calatabiano, ma anche il centro cittadino merita più che una fugace attenzione per un soggiorno piacevole alla scoperta anche di succulente specialità gastronomiche. Giungere a Calatabiano è molto semplice: vi si può arrivare in auto, imboccando l'autostrada Messina-Catania e uscendo al casello Taormina sud-Giardini Naxos, o in treno, usufruendo della tratta ferroviaria Messina-Siracusa, lungo la quale si incontrano le stazioni di Taormina e Calatabiano.
Il paese assurse al rango di comune nel 1813 allorchè il Parlamento siciliano, appena successo al Parlamento feudale, cancellò i diritti feudali abolendo definitivamente il vassallaggio. Particolari suggestioni rievoca ancora il quartiere di Gesù e Maria, la parte più antica ed alta della cittadina, presso cui si erge la chiesa omonima la cui data di costruzione sembra risalire al 1695 ma che presenta, nella sua struttura, motivi tardo-cinquecenteschi. Val la pena perdersi nel dedalo di viuzze e nei suoi angoli più caratteristici che mantengono ancora intatto un fascino antico. Poi, ci si può fermare ad ammirare la sobrietà del prospetto della chiesa Madre, costruita intorno al 1740 e recante al proprio interno un notevole Crocifisso ligneo risalente al 1502, opera di Giovanni Salvo D'Antonio, discepolo della scuola di Antonello da Messina. Sempre nel centro cittadino sono ancora visibili due eleganti portali di altrettanti palazzi appartenuti ai Gravina e collocati, uno sul prospetto di un edificio scolastico, e l'altro su quello di un edificio posto alle spalle della chiesa Madre.
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