SICILIA DA SCOPRIRE
 Pachino e Portopalo
di Capo Passero

  a cura di Giuseppe Privitera


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Pachino

Lo Sperone di Pachino e la sua storia

L'evoluzione del comune moderno

Da vedere a Pachino e dintorni

Agricoltura di qualità una scommessa vincente

Essere giovani a Pachino

Vendicari e la villa romana dei Tellaro

Portopalo di Capo Passero

Capo Passero sud d'Europa

Sembrerebbe un eden ma invece...



Pachino

Il comune di Pachino, quasi 22.000 abitanti, si estende per circa 50 km. quadrati sul litorale sud-orientale dell'Isola, al confine con i comuni siracusani di Noto e Portopalo di Capo Passero, in una zona definibile "ideale spartiacque" tra il mare Mediterraneo e il mar Jonio.

Veduta aerea
La collocazione periferica del Comune viene accentuata da un insoddisfacente sistema di collegamento con i centri maggiori in attesa dell'auspicato completamento dell'autostrada Siracusa-Gela. Il comune di Pachino si può ascrivere a un comprensorio comprendente i comuni di Portopalo, Rosolini, Avola, Noto e Ispica i cui caratteri unificanti sono rappresentati da un'agricoltura specializzata e dalla presenza di notevoli risorse ambientali.

Il centro di gravitazione del suddetto comprensorio è rappresentato dal comune di Noto che, per la sua posizione baricentrica, è divenuto sede di gran parte dei servizi tecnico amministrativi di base, mentre per i servizi di livello superiore, il punto di riferimento rimane il capoluogo di Siracusa. Intensi gli scambi commerciali con Catania e i consolidati rapporti socio-economici con il ragusano, in particolare con il comune di Ispica, meta di lavoro per molti agricoltori pachinesi.

Il territorio comunale, posto su una pianura litoranea con un'altitudine massima di 71 metri, risulta per quanto riguarda gli usi produttivi, destinato in gran parte all'agricoltura e, in particolare, per il 50% a vigneto, per il 30% a colture in serre e per la rimanente parte a seminativi e colture legnose.

Scorcio del paese
La popolazione, insediata oltre che nel centro urbano anche nella frazione di Marzamemi, ha conosciuto nel decennio 1971 -'81 un considerevole calo (- 10, 1 %), determinato in gran parte dall'assunzione a Municipalità dell'ex frazione di Portopalo, avvenuta nel 1975; i successivi rilevamenti evidenziano, invece, un lieve ma costante aumento.

Per quanto riguarda le infrastrutture primarie del territorio, la situazione appare alquanto carente: mediocre la viabilità interna e insufficiente quella rurale; cattivo lo stato della rete idrica urbana, in fase di totale rifacimento, ed inadeguato l'approviggionamento idrico (50% del fabbisogno); assente la rete idrica nelle campagne; cattivo lo stato della rete fognante per la quale, tuttavia, è in corso di redazione il programma di rifacimento ed in fase di completamento il depuratore.

Scarso il verde pubblico, nonostante negli ultimi anni l'Amministrazione abbia operato interventi di messa a dimora di piante e di sistemazione di aree attrezzate, ma questo impegno è stato pressoché vanificato dall'esercizio saltuario della manutenzione.

Di segno complessivamente negativo anche la situazione delle infrastrutture socio-culturali. In particolare, appare carente l'edilizia scolastica. Insufficienti i locali adibiti ad attività extrascolastiche, costituiti solamente da due campi di tennis, uno di pallavolo e uno di calcio. Poco è stato fatto per le attrezzature culturali: scarso l'apporto della biblioteca comunale ospitata in locali inidonei e insufficienti, con un patrimonio librario inadeguato e, quindi, con un funzionamento complessivamente cattivo.

Scorcio del paese
Da rilevare l'impegno del Comune per l'acquisizione di spazi culturali; in proposito sono da evidenziare: l'iniziativa rivolta alla realizzazione di un museo della cultura contadina, per il quale è già iniziata la raccolta dei reperti; la valorizzazione della vecchia tonnara e dell'annesso palazzo dei Principi di Villadorata che dovrebbero essere adibiti a museo del mare e a centro culturale; l'istituzione del centro nazionale di studi su Vitaliano Brancati.

Per quanto riguarda il patrimonio storico-architettonico, il Comune presenta buone potenzialità grazie ad edifici di rilevante interesse, quali in particolare il palazzo "Tasca" (in buono stato di conservazione) e la chiesa madre, che vanno ad aggiungersi alle già citate Tormara, con annesso palazzo Villadorata, e alla torre saracena denominata Scibini.

Da ricordare, inoltre, la presenza in contrada "Cugni" e presso la grotta Calafarina, di zone archeologiche nelle quali circa un decenni fa sono stati avviati lavori di scavo, successivamente abbandonati. La grotta "Calafarina", aperta su di un terreno privato oltre all'aspetto archeologico presenta un notevole interesse naturalistico data la presenza al suo interno di formazioni di stalattiti e stalagmiti e di una rara colonia di pipistrelli.

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Lo Sperone di Pachino e la sua storia
di Maria Laudani

La penisola di Pakys estrema punta d'Europa percorsa da genti e miti fin dalla preistoria, è ricca di insediamenti dal paleolitico all'età paleocristiana.

La nostra Isola, sin dalle ere più ancestrali, ha incantato la fantasia di naviganti e poeti per la simmetria della forma che la vede come un triangolo con l'apice in giù, facendole guadagnare il suggestivo appellativo di Trinacria.

I tre vertici siciliani, avanguardia dei corrugamenti montuosi di Iblei, Madonie, Peloritani, si stagliano dalla terra ferma come miraggi di un piccolo continente incantato che si apre ai viaggiatori curiosi. L'estrema propagine sud, Capo Passero, ha assistito all'avvicendarsi di genti e di miti sin dalla preistoria.

Lo sperone di Pachino, già sotto il profilo geologico, si prospetta molto particolare infatti, in prossimità di Capo Passero, Pachino, Porto Palo, affiorano tracce delle più antiche manifestazioni vulcaniche dell'Isola, risalenti al Cretaceo superiore. In questa era geologica, una fase tettonica ha interessato l'area, portando alla formazione di seamouths (vulcani subacquei) la cui lave presentano la composizione basica tipica delle rocce effusive provenienti da strati profondi della costa terrestre: enormi faglie (cioè fratture) si aprono nel mantello superiore, spezzando tutti gli strati sino alla superficie.

Grotta Calafarina
L'attività effusiva sottomarina, talora, raggiunge la zona fotica (dove giunge la luce) permettendo sulle pendici dell'edificio vulcanico, l'istallarsi di scogliere a rudiste e coralli. Così, percorrendo la via costiera, è possibile godere, in prossimità di Pachino, della presenza di caratteristici scogli grigi ricchi di resti corallini fossili, oltre che di belle cristallizzazioni di zeoliti, minerali di origine secondaria, la cui giacitura caratteristica è nelle cavità di rocce eruttive di tipo basaltico.

Volendo risalire dalla notte dei tempi al momento in cui la specie umana si cominciò ad affermare e diffondere sul pianeta, vediamo che l'area da noi esaminata presenta notevole interesse: a Pachino, infatti, la frequentazione dell'uomo è attestata sin da epoche risalentissime, dall'età della pietra antica.

Dati relativi a quel periodo sono piuttosto rilevanti, anche se nel lento cammino che la specie umana ha percorso per emergere dalla più lunga ed oscura cultura della sua storia, il paleolitico, appunto, la Sicilia non ha occupato un ruolo importante, almeno nelle prime due fasi, il paleolitico inferiore e medio; infatti, i primi insediamenti umani sull'Isola sono ascrivibili al momento finale della glaciazione di Wurm. Inoltre, sino ai primi decenni del nostro secolo, era nota la presenza di stazioni del paleolitico superiore solo lungo la costa nord dell'Isola: si erano esplorati i siti fra S.Teodoro (ME), Termini Imerese, Trapani, Favignana, grotte o ripari sotto rocce, che punteggiavano antiche linee di riva Oggi, invece, si sono andate identificando tutta una serie di stazioni nella punta meridionale della Sicilia, proprio nel siracusano e nel ragusano.

Questi insediamenti confermano ed avvalorano la tesi che nel paleolitico siciliano la distribuzione era, per lo più, lungo le coste, anzi, una delle più antiche stazioni è la piccola grotta della Fontana Nuova presso Marina di Ragusa che si assegnerebbe all'aurignaziano medio (tra il paleolitico medio e superiore). La situazione presso Pachino, nella grotta Corruggi, sembra, invece, riferirsi alla fase di passaggio dal paleolitico superiore al mesolitico: infatti, la lavorazione della pietra è caratterizzata da un evidente microlitismo.

Zona Cugni
Di particolare interesse è poi il fatto che i reperti degli strati superiori della grotta si associano a ceramiche del tipo di Stentinello (fase più antica del neolitico siciliano) e ad ossidiana: ciò avvalorerebbe l'ipotesi della presenza di popolazioni mesolitiche nell'Isola (altrove poco attestate) entrate in contatto, succesivamente, con le nuove popolazioni portatrici della civiltà stentinelliana, da cui avrebbero ricevuto ceramica ed ossidiana.

Le genti mesolitiche insediate nell'area pachinese, prima di aver subito l'influsso dei nuovi arrivati, devono aver avuto vita e cultura autonoma per un certo tempo, mantenendo una loro tipica industria della pietra lavorata in piccolissime lame. Dal punto di vista faunistico, la grotta Corruggi presenta elementi analoghi a quelli delle stazioni del paleolitico superiore: vi si trovano numerosi Equus hydruntinus che deve aver costituito il pasto degli abitanti la grotta, oltre a molluschi come la Patella ferruginea, elemento prevalente nell'alimentazione dei cavernicoli costieri.

Anche la cultura neolitica, la civiltà di Stentinello, presente soprattutto sulla costa orientale della Sicilia è giunta nell'Isola intorno al IV millennio a.C., con nuove popolazioni esperte nell'agricoltura, nell'allevamento del bestiame e nella produzione di ceramica, è presente nella propagine pachinese. La grotta Corruggi, come dicevamo, ha riportato resti della caratteristica ceramica dalle forme aperte (bacili, tazze, fruttiere su alto piede, etc ... ) decorata con impressioni o incisioni nell'argilla prima della cottura.

Grotta Corruggi
La civiltà del rame che vede una prima fioritura nell'area egeo-anatolica ed ampia diffusione nel l'Europa centro-occidentale, in Sicilia, a Malta, in Sardegna, si trova attestata in alcuni significativi siti presso Pachino: la stessa grotta Corruggi, che presenta strati relativi anche a questo periodo e la grotta di Calafarina, sita a circa 1 Km a N.O. rispetto alla precedente, presentano strati dell'età dei rame.

La grotta di Calafarina è assai articolata: una serie di lunghe gallerie conduce ad un'ampia camera in cui furono rinvenuti, già da Paolo Orsi, tracce evidenti di frequentazione, coltelli di selce, ceramica castellucciana (prima età del bronzo), frammenti di oggetti in osso ben lavorati. La grotta pare presenti continuità culturali (frg:di ceramica greca, romana, bizantina) sino ai primi secoli della nostra era.

La cultura della prima fase dell'età dei bronzo, che nella Sicilia sud orientale si presenta con una facies peculiare, quella castellucciana, caratterizzata dalle tipiche sepolture a grotticella artificiale aprentesi nella roccia calcarea, è attestata a Pachino dal gruppo tombale dei Cugni di Calafarina.

L'insediamento abitativo doveva svilupparsi nel pianoro prossimo alla necropoli, sul quale sono state individuate tracce di capanne scavate nella roccia. Le sepolture sono a grotticella a doppia camera, del tipo di quelle castellucciane, significative anche per i loro bei chiusini incisi a motivi spiraliformi. La seconda fase dell'età del bronzo, in cui si manifesta un radicale mutamento nei tipi ceramici ed un cambiamento culturale, si estrinseca nella facies eoliana del "Milazzese" ed in quella siciliana e di "Thapsos", che presentano fra loro notevole affinità.

Torre Scibini
La cultura di Thapsos interessa proprio il settore sud dell'Isola, possiamo, infatti, riscontrare tutto un gruppo di villaggi costieri nel territorio della provincia siracusana. La grotta di Calafarina, come ci informa il Bernabò Brea, continua ad essere utilizzata anche in questo momento. Dell'arrivo dei coloni greci in Sicilia, tracce permangono sia nelle leggende che nella toponomastica dell'area pachinese: Pachino etimologicamente è probabile derivi da pachys (grosso, abbondante) ed oinos (vino), quindi "terra ricca di vino", e questa definizione, sappiamo bene, trova conferma anche oggi.

Lo storico greco Tucidide ci informa, poi, che prima dell'arrivo dei Greci, i Fenici possedevano capisaldi lungo tutto il perimetro della Sicilia e si erano impadroniti dei promontori da cui si dominava il mare: è molto probabile che tra queste basi puniche fosse proprio Pachino, tanto più se diamo ascolto al geografo Tolomeo quando ci informa che un"Foinikous limen' (un attracco fenicio) si trovava a nord di Capo Passero.

Di una sede greca antichissima presso il nostro promontorio, parla anche Pausania quando ci narra che, secondo Antioco, Lipari era una colonia degli Cnidii stabilitisi dapprima sul "Capo Pachino", qui avrebbero fondato una città da cui sarebbero stati cacciati da Elimi e Fenici.

Addirittura al "nostos" di Ulisse si richiama Licofrone che ci racconta come l'eroe sarebbe approdato nei pressi di Capo Pachino, dove avrebbe consacrato ad Ecuba un sepolcro, ed un promontorio portò il suo nome sino ad epoca romana. Anche Enea, a dire di Virgilio, avrebbe lambito Capo Pachino, lasciando dietro di sè la baia di Megara scorgendo, addirittura secoli prima della loro fondazione, Kamarina, Gela, Agrigento e Selinunte.

Pare, comunque, probabile che, con la fondazione della corinzia Siracusa e l'estendersi della potenza di questa verso il meridione dell'Isola, con l'istallazione di nuovi insediamenti ad Eloro ed Ina (pochi km a nord di Capo Pachino), anche Pachino nonostante non si sia rintracciata la presenza di una città nel suo territorio, costituì un punto strategico per il controllo della costa.

Resti di ceramica greca del V-IV sec. a.C. sono attestati, come accennavamo, nella grotta di Calafarina, nella zona a sud del Pantano Morghella, sugli isolotti di Porto Palo e Marzamemi. Non si può, poi, dimenticare la collezione di monete greche del Museo di Siracusa, provenienti da un ripostiglio di Pachino.

Nel IV sec. a C. Pachino ospita nuovamente i Fenici provenienti da Mozia distrutta dal tiranno siracusano Dionigi il Vecchio. Sotto il sovrano ellenistico lerone Il di Siracusa, come testimoniano i resti di abitati presso i Cugni di Calafarina, il territorio pachinese subì incremento demografico e potenziamento: così indicano gli avanzi di impianti portuali e commerciali presso lo Scalo Mandria di Porto Palo.

Nel 255 a.C., proprio a largo di Pachino, la flotta romana, durante la Prima Guerra Punica, subì gli effetti devastanti di una furiosa tempesta. Dopo la definita conquista romana della Sicilia, nel 212 a.C., con la vittoria del console Marcello, il promontorio di Pachino fu sede di un presidio militare.

Momento di grande interesse è quello paleocristiano, quando vediamo fiorire numerose catacombe e basiliche sotteranee a Siracusa, Noto, Rosolini, Porto Palo, Pachino. Qui, presso Scalo Mandria, nel 1952 il Prof. Santi Luigi Agnello esplorò e documentò la presenza di un cimitero ipogeico paleocristiano della fine del IV sec. d.C., inizi del V, con circa 50 loculi scavati a terra e nelle pareti della grotta. La comunità cristiana doveva essere, quindi, di una certa consistenza numerica.

Lo sperone di Pachino non fu abbandonato neanche in epoca bizantina, quando, particolarmente sotto l'imperatore Eraclio, Siracusa gode di grande splendore. A questo periodo sono da riferire ritrovamenti monetali. Infine gli Arabi, conquistando la Sicilia, non persero l'occasione di occupare una roccaforte come il promontorio pachinese, ove intorno all'836 si installarono le truppe di Asad Ibn al Forat.

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L'evoluzione del comune moderno

Il primo insediamento avvene sul declivio dl colle, nel feudo Scibini, scendendo poi verso l’attuale stazione ferroviaria, e successivamente si estese sul pianoro, dove Vincenzo Starrabba nel ‘700 fece erigere le Chiesa del S.S. Crocifisso, oggi Chiesa Madre.
Attorno alla piazza centrale le classi nobile e borghese scelsero le aree abitative, e furono costruiti il palazzo Valenti - Santuccio, il palazzo Marino e il palazzo Bellomia, e più giù, lungo la futura via Cavour, il palazzo Tasca. Dalla piazza centrale, poi denominata Vittorio Emanuele, si dipartono a reticolo, o a griglia, le vie urbane.

Particolare di un palazzo
La famiglia Nicolaci di Villadorata, il cui capostipite pare fosse, nel ‘600, un ufficiale russo di nome Nicolaus, fece incrementare la già istituita Tonnara di Marzamemi, che aveva richiamato, sin dal suo primo impianto, forze-lavoro da Avola, Noto, Siracusa, Ispica e Portopalo.

La popolazione della nuova settecentesca città fu incrementata, sin dalla sua prima fondazione, dal sollecitato arrivo dei maltesi, come si capisce da certi cognomi come Boager, Meilach, Micalef, Borgh, Grech, ecc…

La stessa edilizia del tempo era, in parte, caratterizzata da costruzioni di stile maltese, come si può vedere dall’unico esemplare, ancora integro, per fortuna, esistente, esistente all’inizio della via Libertà, appena usciti dalla piazza Vittorio Emanuele, andando verso Noto.

Nel 1809 si formava la borgata di Portopalo, come risulta dalla lettura dei registri parrocchiali di S. Gaetano, chiesa inaugurata nel 1812. Il territorio urbano fu ampliato, per ordine del re di Napoli, nel 1855, utilizzandosi anche il feudo Maucini. Nel 1865 la piazza centrale, sulla base di una consuetudine generalizzata, fu denominata piazza Vittorio Emanuele.

La borgata di Marzamemi ha come suo centro principale la piazza Regina margherita, che ha ai suoi lati il Palazzo Villadorata, la vecchia e la nuova Chiesa di S. Francesco di Paola e le casette dei pescatori: come nella nuova Noto, si nota il contrasto fra il “palazzo” del nobile e la miseria dei pescatori. Interessanti sono le strutture per la lavorazione e la conservazione del pesce e il capannone che ospita l’attrezzatura completa per quella che era la pesca del tonno. Di recente è stata fatta oggetto, da parte di giovani architetti, di un simposio sull’archeologia preindustriale.

Casa Maltese - Il Portico
La laboriosità dei contadini pechinesi e dei pescatori di Portopalo e Marzamemi è stata, nel tempo, premiata, dopo gravi sacrifici e sofferenze morali, con una crescita economica progressiva, che li ha affrancati da”servitù”, facendoli piccoli proprietari di strumenti di lavoro, di immobili e di natanti. Ma tale crescita economica pechinese necessita di mezzi di trasporto. Ed ecco che il 28 aprile 1935 veniva inaugurata la stazione ferroviaria, realizzando un collegamento importantissimo con la rete ferroviaria isolana e continentale.
Purtroppo, oggi ce la siamo persa!

Nel 1943, durante la seconda guerra mondiale, a Portopalo sbarcava la 50 divisione dell’VIII Armata britannica. Durante le opere di ricostruzione, dopo la triste avventura bellica, crescono gli interessi anche per la cultura; infatti, nel 1952, durante una serie di ricerche archeologiche, fu scoperta a Scalo Mandria una catacomba paleocristiana, di cui si è già fatto cenno. Il prof. Santi Agnello, nel 1953, scriveva, su una rivista di archeologia cristiana, che si trattava di ipogei catacombali con arcosoli.

La crescita economica delle famiglie stimolava i pechinesi a richiedere, giustamente, cultura per i loro figli. partendo da una scuola elementare, da una scuola media e da un avviamento professionale, che avevano costretto i giovani a fare i pendolari per Noto e Siracusa, si sono realizzate varie scuole: la seconda scuola media, per la soppressione dell’avviamento professionale, la seconda scuola elementare “G. Verga”, l’Istituto per l’Agricoltura, il Liceo Scientifico e l’Istituto Tecnico Industriale “Bartolo”.

La struttura urbanistica della città ha fatto registrare incrementi estensivi lungo la fascia urbana per Ispica e la zona Tre Colli – Marzamemi. Sta crescendo la struttura dell’ospedale, da anni giusta aspirazione dei pechinesi.

Fra le varie istituzioni culturali una merita una citazione particolare, cioè la biblioteca comunale “Dante Aligheri”; grazie alla solerzia del prof. Francesco Mizzi tale struttura sta diventando un vero “centro” di animazione culturale per Pachino e per la vicina Portopalo di Capo Passero.
(Dal vol E. U. Muscova Promontorio di Pachino, Avola 1987)
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Da vedere a Pachino e dintorni

La città di Plachino, fondata ufficialmente nel 1760, è dotata di un aspetto urbanistico moderno con strade rettilinee. In posizione baricentrica rispetto alla maglia varia, si apre la grande piazza Vittorio Emanuele, quadrata, che occupa l'arca di quattro isolati; vi si prospetta la chiesa Madre o del SS.Crocifisso.

Fondata nel 1790, è una delle costruzioni più antiche della città e fu fatta erigere dal marchese Vincenzo Starrabba per la comunità cristiana. Presenta una facciata artistica e all'interno una sola navata, con una cappella a destra dell'abside. Vi si conservano i resti mortali di Gaetano e Vincenzo Starrabba, fedeli custodi di una città che essi vollero.

Chiesa Madre - Interno
Fra gli altri monumenti che lasciano traccia delle civiltà del passato si possono ammirare. i ruderi della torre Fano, situata in un punto emergente, a guardia e difesa delle coste. Essa risale alla metà dei 1300 e fu edificata per combattere le invasioni barbariche. Al periodo delle invasioni turche, risale invece la torre Scibini, fatta costruire dal nobile Antonio Xurtino allora feudatario dei territorio (1494). Distrutta dai pirati di Dragut, fu ricostruita per disposizione del Senato di Noto nei primi decenni del Cinquecento.

Unico esemplare dello stile architettonico importato dalla vicina isola di Malta, è la cosiddetta Casa Maltese di cui, da un punto di vista artistico, è particolarmente interessante il portico. Interessanti da visitare anche alcuni monumenti dovuti alla mano della natura: una necropoli del periodo paleolitico, denominata zona Cugni; la grotta Calafarina, abitata per millenni dall'età neolitica al periodo bizantino, che presenta ambienti spaziosi adibiti a dimora laddove arrivavano aria e luce mentre le parti più interne servirono come sepolcreti; la cosiddetta Acqua delle colombe, sorgente naturale nei pressi di Morghella, conosciuta sin dai tempi antichi in quanto vi fecero scalo per il rifornimento di acqua i Fenici, i Greci, i Romani, gli Arabi e tutti gli altri popoli che si sono succeduti in Sicilia; la grotta Corruggi, un'abitazione-officina dell'uomo preistorico, per la produzione microlitica dal VII al V millennio a.C.; infine le Concerie, vasche per la concia delle pelli, scavate nella roccia in riva al mare.

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Agricoltura di qualità una scommessa vincente
di Carmelinda Paternò

Riportiamo,  per i suoi contenuti ancora attuali, una intervista del 1995 a Peppe Cugno, allora  Direttore Generale della Cassa Rurale ed Artigiana Pachino.

La prima sensazione che trasmette una visita a Pachino è di sollievo. Senti, infatti, lontanissimo lo stereotipo di un Sud assistito e piagnone, e avverti una popolazione laboriosa che nel volgere di pochi decenni, ha saputo trasformare terre difficili in autentiche miniere d'oro, imponendo sui mercati nazionali ed internazionali il nome di una terra come sinonimo di prodotti orticoli e di frutta di qualità.

Pomodori, meloni sui vari mercati vengono sempre più etichettati come il Costoluto di Pachino, il Cantalupo di Pachino. L'economia del paese ce la racconta Peppe Cugno, Direttore della locale Cassa Rurale ed Artigiana. E ce la racconta con un pizzico di orgoglio, visto che la sua Banca, con il controllo del 60% dei flussi finanziari locali, ha avuto ed ha un ruolo preminente nell'economia del paese.

"La scommessa per l'agricoltura pachinese inizia con il declino della coltura dellavite, quando il binomio Pachino vino non è più in grado di ripagare il sangue e il sudore lasciato sui campi dagli agricoltori. Nonostante la fama dei vini di Pachino, del moscato di Noto, migliaia di ettari di vigneti sono stati estirpati. E se si considera che ogni ettaro di vigneto rappresenta circa 60 giornate lavorative, ci si rende subito conto del dramma intuito dagli agricoltori pachinesi già venti anni fa. Basti pensare che un chilo di uvaoggi si vende a 300 lire, tanto quanto si vendeva dieci anni fa".

Un forte movimento cooperativo, retaggio di una cultura alla cooperazione nata agli inizi del secolo e che ha consentito il superamento di crudeli epidemie come la carestia del 1879 o il colera, costituito da sette cooperative che rappresentano il 70% circa dell'intera produzione, consente oggi un forte potere contrattuale per i mercati.

Peppe Cugno - Direttore della Cassa Rurale ed Artigiana nel 1995
"Ma non ci si stancherà mai di spingere il rafforzamento della cooperazione - prosegue il Direttore Cugno - poichè solo così si può fronteggiare al meglio i mercati nazionali ed internazi+onali. Accentrando servizi sempre più qualificati e finalizzati alla produzione di prodotti di qualità e sempre meno inquinati. Basti pensare che un chilogrammo di zucchina coltivata con concimi naturali, spunta sul mercato prezzi più che doppi rispetto a quella coltivata con concimi di sintesi. Puntando alla pianificazione e agli indirizzi delle produzioni, tentando di colmare, almeno nei limiti del possibile, le deficienze del grande assente dell'agricoltura di Pachino, cioè lo Stato.

Il quale, purtroppo, non fa altro che intervenire con contribuzioni a tappeto, alla ricerca di facili consensi. E dire che con le strutture di cui dispone già, potrebbe assolvere un ruolo prezioso per l'agricoltura del comprensorio, raccordandola con l'Europa, in termini di pianificazione, programmazione di marketing".

Accuse rafforzate da Vincenzo Miceli, Presidente di una agguerrita cooperativa agricola, l'Aurora, "I politici non capiscono cos'è Pachino. Non capiscono che Pachino è agricoltura e turismo, e dovrebbero intervenire per realizzare quelle infrastrutture di cui abbiamo di bisogno: viabilità, viabilità rurale, elettrificazione rurale.

Il nostro sistema viario è da terzo mondo. Basti pensare che per andare verso i mercati del nord si devono attraversare centri abitati come Avola, con una rete viaria che penalizza le nostre produzioni, con incidenze sui costi dei trasporti eleva tissime". E Vincenzo Miceli è uno che di agricoltura ne capisce, nonostante "i quindici giorni di scuola in tutto", come afferma con orgoglio.

Certo ne è passato di tempo, quando vent'anni fa, in una angusta e fumosa stanza della Camera del lavoro, riuscì a convincere sedici suoi compaesani testoni a costituire la cooperativa Aurora, divenendone Presidente. E lo è tuttora ininterrottamente. Solo che i soci sono circa 200, e i 450 ettari di serre e di coltivazioni in pieno campo si perdono a vista d'occhio.

Sono strutture come le cooperative Aurora, Sicilserra, De Luca, Gerlato, Faro e numerose altre, con tanti piccoli produttori che hanno fatto ricco questo incantevole lembo di Sicila. Nonostante tutto. Nonostante le inefficienze croniche della classe politica. Certo una sonora lezione, con tanti insegnamenti, per questa classe politica "che non capisce cos'è Pachino". Classe politica che farebbe bene, forse, a ritirarsi a vita privata. Scusandosi, per la sua inefficienza, con quanti sudano quotidianmente sangue per produrre reddito.

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Essere giovani a Pachino
di Sebastiano Mallia

Vivono le ansie i desideri e le delusioni di tutti i giovani ma il loro disagio è aggravato dall'endemica carenza di sfimolazioni culturali. L'impegno dei movimento "mondo giovani"

Pachino ed i giovani: da sempre c'è stato un paradossale rapporto contrassegnato da irresistibile radicamento e di altrettanto irresistibile insofferenza della popolazione giovanile pachinese nei confronti della propria città, capace di forti e "caldi" legami verso i suoi figli, ma anche di un disarmante vuoto di proposte culturali, economiche e lavorative. Non si può, invero, capire la realtà giovanile pachinese, se non si comprende questo strano feeling, fatto di una voglia diffusa di emigrazione e, una volta emigrati, di un forte desiderio di tornare quanto prima possibile ad assaporare i profumi, i sapori, le sensazioni e, oserei dire, soprattutto le contraddizioni che Pachino sola sa offrire.

In questo sentimento di odio-amore si inseriscono, complicandosi, le vecchie e nuove problematiche della condizione giovanile: disagio sociale e personale, disoccupazione, evasione scolastica, amore per l'effimero e il divertimento, droga... ma anche una nuova, insospettabile, rinascita sociale, caratterizzata da tanto impegno civile e da sano volontariato, da forte senso critico (patrimonio, per la verità, genetico della gran parte dei pachinesi) e da rinnovata ansia di esprimerlo nelle maniere più diverse ed originali.

I problemi, innanzittutto: i giovani di Pachino vivono le ansie, i desideri e le delusioni di tutti i giovani, ma il loro disagio è aggravato dall'endemica carenza di stimolazioni culturali stabili e ripetute, propria delle città di provincia meridionali; e a ciò non sopperisce purtroppo la scuola, fortemente indirizzata verso la formazione professionale (Istituto Tecnico Industriale e Istituto Professionale per l'Agricoltura) è solo episodicamente attenta a proporre itinerari culturali originali ed alternativi al ritmo monotono delle lezioni (con le dovute eccezioni, lasciate spesso, come accade per tutta la Scuola Italiana, alla buona volontà di pochi insegnanti e/o presidi).

Il disagio di vivere, senza obiettivi per cui valga la pena di sacrificarsi, in un paese dove la politica delude continuamente le attese di crescita e di sviluppo, atro fizzando spesso quel po' di iniziativa privata che emerge nel campo economico e culturale, porta spesso il giovane pachinese a vivere alla giornata, cercando di trarre da essa più spunti per dimenticare e superare la noia che idee per dare una svolta alla vita propria e degli altri; ed ecco allora la Piazza Vittorio Emanuele ed il Lungomare Starrabba di Marzamemi come luoghi sì di incontro e di scambio fra coetanei, ma su argomenti o troppo effimeri, o troppo legati ai ritmi di formazione e scioglimento delle comitive fugaci, semplici trampolini di lancio verso un divertimento il più delle volte monotono e sterili valvole di sfogo per una noia apparentemente senza soluzioni; ecco la droga (o l'alcool) come virtuale scappatoia dai drammi della solitudine e del vuoto interiore (sono circa mille, secondo stime non ancora aggiornate, i tossicodipendenti a Pachino).

Da una siffatta condizione di vita, contrassegnata da un carpe diem ripetuto fino all'ossessione, appare perciò normale che, senza prospettive future di lavoro, frustrate dall'empasse economica, e senza un ideale o un progetto da portare a compimento, si sviluppi e s'aggravi un fenomeno che molti credono d'altri tempi: l'evasione scolastica; l'evasione cioè, non tanto dall'obbligo di frequenza della scuola, quanto dalla stessa prospettiva di qualcosa da conquistarsi giorno per giorno, con sacrificio ed impegno.

Viene meno insomma, il valore dell'istruzione come patrimonio personale arricchente l'uomo, a cui si soppianta la preparazione (spesso non sinonimo di professionalità) fine al posticino di lavoro, alla pur indispensabile "sistemazione", o, appunto la ricerca immediata, sin dall'età di 8- 10 anni di un lavoro, o semplicemente, di braccia operanti. Un quadro, dunque, a tinte oscure al quale è però possibile e doveroso contrapporre tutta una serie di realtà e iniziative che si contraddistinguono come forti inversioni della tendenza negativa appena descritta.

Il giovane pachinese, in un'ottica di crescita civica e sociale non dissimile a quella degli altri giovani della Penisola, si è di recente segnalato per una insospettabile sensibilità attiva verso i problemi che più strettamente lo toccano: ne è un esempio il movimento studentesco sia del 1993, sia del 1994, che ha portato a forme di protesta senz'altro più mature (autogestione delle lezioni, assemblee permanenti, dialogo continuo con la componente genitori ed aggiornamento) e consapevoli (incontri con esperti per i problemi della scuola), difficilmente accostabili a questa o a quella posizione politico-partitica.

Ma, al di là delle forme di impegno legate al contingente momento, la gioventù di Pachino, si è saputa impegnare anche in termini più continui e più disinteressati, nel volontariato. In questo campo l'impegno dei gruppi ecclesiali, sia delle parrocchie, sia dei movimenti, è oramai una realtà consolidata da oltre un decennio sul territorio e costituiscono organismi vivi e maturi, portatori di solidarietà e propulsori di una nuova mentalità.

Più specificamente però, per una migliore conoscenza ad intra, posso parlarvi di un Movimento che opera da oltre dieci anni a Pachino: Mondo Giovani. Fondato esattamente 20 anni fa dal Sacerdote Salesiano Michele Emma, MG apre a Pachino un gruppo di dieci persone nel 1984; da lì a pochissimo (1987) il movimento si espanderà al punto da raggiungere i cento aderenti, e poi anche i duecento (1990), contrassegnandosi per un fortissimo attivismo sia pastorale-formativo che sociale. In MG infatti, la formazione umana e religiosa cammina di pari passo con l'attribuzione di un ruolo da protagonista al singolo giovane nel servizio concreto nei rami più diversi dell'impegno: dalla cultura all'azione liturgica.

Dal divertimento e la ricreazione alla spiritualità, dal volontariato a favore degli ultimi alla presenza del dibattito socio politico anche con i mezzi di comunicazione di massa (a Pachino nasce nel 1989 Radio Giovani emittente del movimento, che copre la zona sud delle provincie Siracusa e Ragusa).

Un cammino di crescita integrale e fattivo, insomma, in cui a tappe esaltanti (come le cinque Giornate dei Giovani celebrate dal 1990 al 1994, alla fine di settembre veri e propri happenings giovanili che muovono centinaia di giovani da tutta la Sicilia), si sono intevallati momenti difficili nell'impegno fermo contro la droga ed il degrado giovanile (nel 1991 fu bruciato il portone della sede pachinese dei Movimento): un cammino dal quale, per poco o per moltissimo tempo, almeno 1500 giovani di Pachino sono passati.

Ma Mondo Giovani non è altro che uno tra i tantissimi segni di risveglio dei giovani di Pachino, che, pur fra mille problemi e tanti pericoli stanno sempre più prendendo coscienza di loro stessi, delle proprie idee, e di un futuro che con ansia li attende: un futuro, finalmente, da protagonisti.

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Vendicari e la villa romana dei Tellaro

Molte sono le bellezze naturalistiche e non che si possono vedere nei dintorni di Pachino, una volta importante centro di produzione del vino rosso, situato sulla collina di cozzo Scibini, nell'estrema punto meridionale della Sicilia. L'impianto urbano, definito da uno schema a scacchiera regolare, ha come modulo l'isolato quadrato ma alla sua composizione si contrappone, all'interno, una grande varietà di tipi di "vicolo-cortile".

Uscendo da Pachino verso S E si giunge a Portopalo di Capo Passero piccolo centro, già frazione di Pachino, che vive di pesca e di agricoltura. Di fronte alla costa è l'isola di Capo Passero considerata fin dall'antichità ottimo punto di avvistamento per la particolare vista geografica; nell'estremo lembo est si erge l'imponente torre costiera. A S 0 dell'abitato a otto chilometri, è il capo delle correnti.

Da Portopalo si segue la costa in direzione nord fino alla tonnara importante per la produzione di tonno sott'olio; a 11 chilometri, su una strada sterrata si giunge alla grotta Calafarina, importante stazione preistorica abitata nel periodo neolitico fino alla media età del bronzo.

Costeggiando il litorale si giunge quindi a Marzamemi situato su un breve promontorio e strutturato con impianto regolare intorno alla tonnara e alla seicentesca casa padronale dei principi di Villa Dorata.

Imboccando, verso nord, la provinciale per Noto, si supera, attraversando una campagna interamente coltivata a vigneto, la fattoria S. Lorenzo Vecchio, che sorge sulle rovine di un tempio con i resti della cella e con un oratorio di età bizantina.

A destra la provinciale lambisce la fascia costiera denominata pantani di Vendicari. Si tratta di una zona di particolare interesse paesistico e ambientale, formata da una serie di acquitrini salmastri che costituiscono uno splendido "ambiente umido", fra i più integri e belli della Sicilia. Esso costituisce un eccezionale habitat per numero-' sissime e rare specie di volatili (spatola, gabbiano roseo, fenicottero, ecc.); l'elevato interesse scientifico è dovuto, inoltre, alla varietà e alla ricchezza della vegetazione relativa alle dune e ai pantani.

Per questa ragione la zona è soggetta a vincolo paesaggistico, ed è stata costituita Oasi di protezione faunistica". Di fronte alla spiaggia è l'isolotto di Vendicari, tra splendidi fondali marini. Costeggiando la ferrovia, poco prima di superare il fiume Tellaro, si incontra una deviazione che conduce ad una fattoria all'interno della quale, mediante scavi condotti a partire dal 1971 e tuttora in corso, sono stati rimessi in luce i resti di un edificio che è stato classificato come una vera e propria villa di tarda età imperiale: la cosiddetta villa romana del Tellaro.

La villa è incentrata attorno a un peristilio quadrato intorno al quale si estendono un complesso di ambienti, di cui uno al centro del lato S di forma absidata. Notevoli i tratti dei mosaici pavimentali saggiati al di sotto di abbondanti tracce di un incendio antico; nel peristilio si sussegue una serie di medaglioni circondati da corone di foglie d'alloro, in alcuni ambienti dello stesso si sono rimesse in luce tracce di una scena mitologica ( il riscatto del corpo di Ettore tra i Troiani e Priamo), alcune figure di animali o un satiro e una menade inquadrati da girali d'acanto e, ancora, un kantharos colmo di frutta.

In uno di questi ambienti è stato riportato alla luce un mosaico con scene di caccia , molto simili a quelle ritrovate a Piazza Armerina. Le scene sono organizzate su quattro registri: in quello superiore si scorgono un cacciatore, una pantera in gabbia, altri cacciatori e tre fiere in lotta; nel secondo sono raffigurati sei cacciatori stanti che fanno da schermo per la cattura delle fiere, un altro cacciatore che ferisce un leone che ha abbattuto un'antilope e due arcieri. nel terzo registro appaiono una grande figura femminile (forse l'Africa o Cartagine), tre personaggi, di cui uno con il bastone a "tau", in segno di comando, e poi gabbie trasportate da carri trainati da buoi e una tigre che assale un personaggio barbuto.

Nel quarto e ultimo registro è infine la scena di un banchetto, incentrata su sei commensali attorno allo stibadium a "sigma" (letto a semicerchio) all'ombra di una tenda; davanti ai commensali campeggia un vassoio con un gallinacco; a destra e a sinistra sono raffigurate scene di cavalli in gruppo e di servi affaccendati a squartare una bestia, oppure ad alimentare il fuoco in una brocca o ad adoperarsi fra ceste con vivande.

L'eccezionalità di questi mosaici risiede nell'evidente intenzione del loro ideatore di organizzare in un tutt'uno le scene raccontate, negli effetti cromatici, nei contrasti, nei passaggi tonali e nel l'espressività sempre viva e naturale. La loro datazione attraverso fatti formali e dati di scavo può essere fissata alla seconda metà del IV sec. d.C.

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Portopalo di Capo Passero

Il comune di Portopalo di Capo Passero, oltre 3.000 abitanti, si estende per circa 15 km. quadrati nella punta estrema dell'Isola, al confine con il mar Mediterraneo e con il comune di Pachino. 1 collegamenti del comune con il coniprensorio di appartenenza (Pachino, Noto, Avola, Rosolini e Ispica) e con i centri maggiori viene assicurato, peraltro in modo insoddisfacente, da tre strade provinciali confluenti sulla S.S. Il 5: la Mancini-Pachino, la Portopalo-Pachino e la Marzamemi-Portopalo.

Veduta del porticciolo
Sotto il profilo geo-politico, è da rilevare lo stretto rapporto socio-economico con Pachino (Portopalo fino al 1975 era solo una frazione) e la dipendenza da Noto per quanto attiene i servizi tecnico-amministrativi di base; per i servizi di livello superiore il punto di riferimento rimane il capoluogo Siracusa.

Il territorio comunale, posto su una pianura litoranea con un'altitudine massima di 51 metri, risulta caratterizzato dalla presenza di ampi terreni inutilizzabili ai fini agricoli (pietraie). Del territorio utilizzabile (circa il 50% dell'estensione complessiva), il 30% viene destinato alle colture estensive, il 20% a quelle intensive e un ulteriore 30% a pascolo.

Da rilevare che parte del territorio, circa 11 ha, è vincolato a servitù militare. Nel contesto economico-sociale del Comune, assume un notevole rilievo l'infrastruttura portuale, attualmente tendente al progressivo insabbiamento che rende problematica la configurazione d'interventi di normalizzazione per la presenza di lacune nel sistema costruttivo del porto.

La Fortezza
La popolazione, in prevalenza di sesso maschile, nel triennio 1981/'86 ha fatto registrare un incremento del 3%; essa risulta costituita per il 57,5% da persone in età lavorativa, per il 23,5% da bambini e ragazzi e per il 19% da anziani. Per quanto riguarda le infrastrutture primarie del territorio la situazione appare non del tutto soddisfacente. E' considerata discreta la rete viaria urbana ed insufficiente quella extraurbana (soprattutto nel periodo estivo) nonostante la recente costruzione di un'importante strada di campagna e l'avvio della realizzazione di un altro collegamento con una zona di rilevante interesse naturalistico: l'isola delle Correnti.

Notevoli le carenze e le emergenze dei territorio comunale che consistono nel cattivo stato della rete fognaria, limitata allo smaltimento delle sole acque nere e sprovvista di depuratore, per la quale è in corso di approvazione il progetto di adeguamento alle vigenti disposizioni di legge; nel l'insufficiente rete elettrica, sia urbana che rurale. La situazione delle infrastrutture socio-culturali è carente.

Appare problematica la situazione generale della scuola dell'obbligo ed in particolare della scuola materna e l'assenza di infrastrutture sportive extrascolastiche, anche se va segnalata l'iniziativa del Comune per la realizzazione di un campo sportivo polivalente. Sul versante delle infrastrutture a servizio della cultura, si rileva la mancanza di una biblioteca pubblica per la cui costituzione è, tuttavia, in corso un'iniziativa specifica del Comune.

Per quanto riguarda le risorse storico-architettoniche, esiste una consistente presenza di zone archologiche, necropoli e tonnara greco-romana, in cattivo stato di conservazione, e di un forte spagnolo, in parte restaurato, ubicato sull'isola di Capo Passero. Di grande rilievo il patrimonio ambientale, costituito, soprattutto, da uno splendido litorale e dalle isole di "Capo Passero" e delle "Correnti", inserite, queste ultime, nel piano delle riserve naturali della Regione, in corso di definizione. Sotto il profilo economico, l'attività principale è costituita dalla pesca, con una flotta di oltre 150 imbarcazioni assistite in loco da una " Delegazione di spiaggia" dipendente dalla Capitaneria di porto di Siracusa.

Il Castello Tafuri
L'attività peschereccia ha stimolato un discreto movimento cooperativistico nel settore produttivo (presenti delle cooperative armatoriali) ed in quello dei servizi (fomiture per la pesca). Di qualche rilievo il contributo dell'artigianato collegato alla pesca, che conta la presenza di un cantiere navale, di due fabbriche di ghiaccio e di alcune fabbriche di cassette. Significativo l'apporto del settore agricolo, caratterizzato dalla coltivazione della vite che tuttavia comincia a lasciare il posto a colture di maggior valore quali quelle ortofrutticole.

L'attività agricola risulta esercitata prevalentemente da piccole aziende cui sono collegate alcune cooperative di servizio, il livello tecnico delle attività è complessivamente adeguato, anche se si lamenta l'assenza in loco della sezione periferica di assistenza tecnica. Un certo rilievo è da attribuire al turismo che conta nel periodo estivo circa 16. 000 presenze e dispone di una struttura ricettiva costituita da 4 alberghi, 1 villaggio, 1 residence e 2 campeggi. Buona, infine, l'incidenza sull'economia locale delle attività commerciali, soprattutto quelle collegate al turismo.

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Capo Passero sud d'Europa

Da Pachino dopo aver attraversato la borgata di Marzamemi, seguendo il litorale, dietro una curva a picco sul mare si apre Capo Passero: appaiono insieme l'isola, il castello, la tonnara in basso, il faro. Poco più avanti si distingue una fila di piccole case di pescatori, sugli scogli di Scalo Mandria, a pochi metri dai reperti storici portati alla luce da recenti scavi archeologici.

La Tonnara di Marzamemi
Il centro del paese rivela subito la sua caratteristica di vecchio borgo marinaro, addossato com'è al porto peschereccio con l'antistante mercato ittico.E' il più importante della Sicilia orientale con centinaia di imbarcazioni grandi e piccole che ogni giorno riversano sul mercato una gran quantità di pesce fresco. Dirigendosi verso sud-ovest si giunge dopo qualche chilometro all'Isola delle Correnti, l'estema punta sud dell'Europa. Su questo promontorio, un tempo chiamato Pachys, approdarono alcuni superstiti della città fenicia di Mozia che dettero forma al piccolo nucleo urbanizzato.

Il fascino di questa zona è dato da un ambiente in parte ancora intatto nei suoi elementi naturali: fondali ricchi di flora e fauna marina; paesaggio dai colori abbaglianti che con la sua sabbia bianca e sottile, ricorda l'habitat nordafricano; presenza di varie specie animali e vegetali. Infatti su queste terre nasce spontaneo il giglio di mare, la rughetta marina, il finocchio marino, l'asfodelio giallo, il cardo marino, la borraggine, mentre i'fondali marini sono popolati da cernie, spigole, dentici, orate ed altre varietà pregiate. Sempre più raro è imbattersi nelle tartarughe marine (caretta caretta) che una volta popolava indisturbata queste spiagge per deporre le uova.

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Sembrerebbe un eden ma invece...
di Carmelinda Paternò

Per i suoi contenuti ancora attuali, riportiamo una nostra intervista del 1995 con l'allora Sindaco di Portopalo, Salvuccio Nardone,  con Corrado Celeste e con Michele Taccone.


Con i suoi 200 pescherecci Portopalo ha il rapporto abitanti-natanti più alto d'Europa.

Fino al 1975 era una frazione del Comune di Pachino. E fino ad allora lo chiamavano "u paisi re trinchi'' per indicarne il terreno non certo pianeggiante e decisamente brullo. Un'unica strada asfaltata, quella principale, senza acquedotto, senza fognatura, una economia basata su un pò di pesca e su una agricoltura tanto sudata quanto improduttiva.

Poi lo sviluppo a grandi passi fino ad oggi, fino a far divenire il paese la seconda marineria della Sicilia, dopo Mazzara del Vallo, con il rapporto natanti abitanti, più alto d'Europa, con una agricoltura specializzata in serra all'avanguardia nel settore. Salvuccio Nardone, sindaco e politico di spicco della cittadina, va fiero della laboriosità dei suoi concittadini: "Su 900 famiglie vi sono a Portopalo circa     200 pescherecci di piccolo e medio cabotaggio, anche se il nostro paese è classificato come rifugio per pescatori e non come porto.

La nostra flotta pratica una pesca costiera ravvicinata, garantendo pesce sempre fresco, il chè lo rende particolarmente ricercato dai mercati della Sicilia Orientale. Con il 70% della popolazione impiegata nella pesca ed il 20% impiegata in agricoltura a Portopalo si sente poco il problema della disoccupazione. Esiste solo quella di tipo "intellettuale" che comunque la stessa pesca e l'agricoltura tendono via via ad assorbire visto che il giovane disoccupato non trova altro".

Sembrerebbe un eden, e invece anche qui non mancano i problemi che scaturiscono da gravi inadempienze della Regione siciliana, che ancora si ostina con interventi di chiaro stampo assistenziale e clientelare, come il fermo biologico. Prosegue infatti il Sindaco Nardone: "Il fermo biologico non ha senso se non viene rispettato in maniera unitaria da tutte le flotte. Capita che alcune delle barche non vanno in mare, proprio perchè fruiscono del fermo biologico, mentre altre barche continuano a pescare, e non solo barche della nostra marineria, ma, e sopratutto, barche di altre marineria".

Il Sindaco Nardone esprime con sicurezza le sue valutazioni sul paese, sembra non tenere conto delle voci che invece lo vogliono a capo di una amministrazione che non ha brillato certo per operosità nell'affrontare i problemi della piccola comunità. Tra queste voci contro spicca quella di Corrado Celeste, trent'anni, aspetto e rabbia da postsessantottino, che ti trasmette subito la piena convinzione in ciò che dice, e ti racconta la "sua" Portopalo.

"Una cittadina dove l'arroganza e la prepotenza la fanno da padroni, dove gli interessi di pochi prevalgono sugli interessi della collettività. Dove l'attuale amministrazione trascura allegramente settori come il turismo, costringendo privati ed associazioni ad intervenire direttamente per dare un volto turistico al paese".

E a dire che le idee non mancano. Michele Taccone, presidente della Pro Loco li elenca con facilità: "Realizzazione del Museo dei mare, valorizzazione della vocazione turistica di Portopalo, rafforzamento ed organizzazione dei comparti della pesca e dei l'agricoltura, completamento e rilancio delle grandi infrastrutture per il paese". Allontanandoti da Portopalo non puoi non avere la sensazione che in occasione delle amministrative di Maggio si profilano scontri epici per questo lembo incantevole della Sicilia. E non puoi non augurare che vinca il migliore.

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