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Tratto dalla Monografia Storica del 1875 di Salvatore Mirone
La principal festa, la sola che sia rimasta fra le tante ch'erano qui in vigore, è quella di San Mauro. Il quale venne scelto or sono 200 anni per opera di un tale di Grasso sofferente di gotta, come tutelare e patrono di questo comune; in cui
è tenuto in voce di guarire non solo chi è affetto di reuma, ma di chi ha avuto anche la sventura di rompersi, o di aver rotte le gambe, la testa e che so io.
E questa credenza s'estende nei paesi attorno, e sin'anco nell'interno dell'isola.
E vuolsi che oggi questa potenza miracolosa il Santo l'abbia estesa a tutti coloro i quali sono soggetti alla coscrizione militare, credendosi dal nostro popolo la coscrizione una vera calamità, un infortunio, e non un dovere di servire la patria, gli si rivolgono affinché li liberi da tanto male. Ed è curioso davvero che i più infervorati a tale credenza, non sono i giovani sani e robusti, ma chi ha avuto la mala ventura di essersi allentato, un qualche nano, o chi ha le gambe a sghembo, infine chi è inabile davvero a quel servizio. Andate a far ricredere questi maliziosi e tutta quella caterva di credenzoni ch'è una bella invenzione loro, e tutta per nascondere i loro difetti, c'è da buscarsi un brutto nome!
Mauro apparteneva, narra la leggenda, ad una famiglia patrizia di Roma per nome Anicia. Il padre suo per nome Eutichio nel 535 lo offre, allora giovanetto di soli 12 anni, a Benedetto, e questi seco sel condusse a Monte Cassino, alle cui falde giaceva allora la villa Marco Varrone, e di là lo destinava a condursi in Francia per ivi introdurre quella nuova monastica regola.
La sua festa ricorre in ogni 15 di gennaio e dura due giorni.
La sera della vigilia, dopo le corse dei barberi, verso le sette della sera esce dalla chiesa madre (un tempo dalla chiesa dell'Annunziata) la reliquia del Santo incastonata in un bel braccio di argento grande al vero, e sostenuto da un prete pontificalmente vestito. Il quale viene preceduto e sino al 1866 da tutti i frati del convento di Trecastagni; da due fila interminabili di operai, e di braccianti messe in bell'ordinanza con ceri accesi in mano, alla testa delle quali stanno un gran stendardo bianco a frange d'oro, due tamburi, e molte bandiere a vari colori, che processionalmente a suon di banda musicale compiono il giro del paese. Terminata questa cerimonia dal quartiere di Santa Caterina, e da quello di Scalatelli, esce uno stuolo di giovani, che comunemente si chiama il partito dei cantanti,con bandiere in mano e torce a vento, seguito ognun di questo dalla banda musicale, e da molto popolo: e tra gli evviva e lo sparo dei mortaretti s'avviano per la piazza maggiore, ove giungendo accendono una miriade di fuochi di Bengala che dimenandoli in aria fanno un magico effetto: indi ciascuno di quei partiti preso il loro posto, dopo lo sparo di una infinità di bombe, di razzie di giuoco di artifizio, alla lor volta intuonano un inno in lode del Santo: inno che viene accompagnato con apposita musica delle rispettive bande musicali: e che viene ripetuto poi dinanzi la casa del Sindaco, del cassiere maestro della festa, ed in qualche individuo del paese: e sì in quelli che in questo vengono serviti di dolci, di rosolii e di vini squisiti.
Il domani giorno della festa, all'una e mezza dopo mezzogiorno, gremita la piazza di panche di venditori, che offrono gridando con quanto fiato hanno in gola, le loro mercanzie, di un popolo immenso, fra gli evviva, gli spari, il continuo scampanio, ed il suon delle bandi musicali; esce la statua del Santo posta su di una grande barella tutto ad oro di zecchino impellicciata. Indi
percorre le principali strade, fra lo schioppettare a riprese di petardi, di mortaretti, di bombe, e di cannoni; fra il suono di tamburi e di bande musicali, e di evviva, alle cinque pomeridiane si trova sul sacrato, dove non appena giunge, che il fochista con la miccia accesa appicca il fuoco ad una interminabile filare di piccioli petardi (volgarmente chiamato batteria) il quale dura non meno di trenta minuti: nuove evviva, ed il Santo vien condotto in chiesa.
Questa festa, ch'è una delle più popolari dei paesi attorno, ed in cui la gente, che vi concorre dai dintorni, è stragrande, si chiude con la corsa dei barberi, bella, curiosa come ovunque nell'isola nostra, e con una solenne spanciata di anguille, delle quali nella vigilia e nel giorno festivo i Viagrandesi e tutti quelli che vi concorrono sono divotamente ghiotti.
Le foto sono di Salvo Moroni.
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