AMBIENTE
  Piante monumentali
  di Sicilia

  di Nicola Schillaci

Nell’ambito del territorio siciliano è presente un certo numero di piante arboree, qualcuna ad habitus arbustivo, definite comunemente “monumentali”. Inserite nel paesaggio agro-forestale solitamente in maniera isolata, fanno bella mostra di sé, quasi a guardia del territorio.

            Solitamente ci si accorge della presenza di questi maestosi esemplari

Abete dei Nebrodi
quando, forse troppo tardi, eventi naturali o antropici li hanno danneggiati. Eppure tali alberi, oltre a rappresentare un fondamentale elemento del paesaggio, fanno parte della storia e della tradizione di un determinato luogo, possedendo un valore estetico inestimabile, a volte anche religioso e culturale, ma soprattutto scientifico, frutto di una severa selezione che si è perpetuata nei secoli, quando buona parte dei rilievi siciliani era ricoperta da foreste. Il rinnovamento delle piante, avvenuto in maniera naturale, fece sì che gli esemplari di grosse dimensioni rimanessero in numero elevato e quelli che ancora oggi si possono ammirare rappresentano dei veri e propri relitti.

Esiste a cura della Regione Sicilia un minuzioso

Acero Montano
elenco, forse non proprio completo, ma valido ed utile per segnalare la presenza anche nella nostra Isola di un patrimonio arboreo monumentale non indifferente. Sono tre le principali aree naturali interessate alla presenza di circa venticinque esemplari: le Madonie, i Nebrodi e l’Etna; ambienti dove il clima ed il terreno hanno avuto da sempre un ruolo fondamentale nella crescita e nel perpetuarsi della vegetazione forestale.

           

Agrifoglio
Le Madonie, assieme al palermitano, sono rappresentate da circa una ventina di piante cosiddette monumentali; seguono i Nebrodi e la provincia di Messina, con quattro esemplari; infine, l’area etnea con tre. Da menzionare, inoltre, un esemplare segnalato in provincia di Caltanissetta. Questo non significa che in altre parti della Sicilia non esistano piante che rivestono o potrebbero rivestire particolari caratteristiche legate alla “monumentalità”.

            Partendo dalla Sicilia occidentale, si possono menzionare gli aceri

Carpino Nero
(Acer campester) di località “Piano Pomo” in territorio di Petralia Sottana. Due esemplari di tale specie, in particolare, presentano la circonferenza del tronco di oltre 3 metri e mezzo, ed un’altezza di 20 metri. In tale zona è possibile ammirare anche un esemplare di melo selvatico, classificato come Malus sylvestris, alto 12 metri e con 2 metri e mezzo di circonferenza, oltre ad un esemplare di roverella (Quercus pubescens) alto 25 metri e con 5 metri di circonferenza.

Altre due piante di roverella di notevoli dimensioni possono essere osservate nel territorio di Castelbuono, in contrada “Piano Sempria”, i cui fusti presentano le dimensioni rispettivamente di 5 metri (circonferenza), e 30 metri (altezza) il primo, e 8 e 15 metri il secondo. Sempre a Castelbuono, in contrada “Piano Pomo”, crescono le più belle piante d'agrifoglio (Ilex aquifolium) del meridione d’Italia, una delle quali raggiunge i 18 metri di altezza ed i 3,7 metri di circonferenza; presente in Sicilia in diverse stazioni, poiché a vasta distribuzione geografica nei climi freschi, l’agrifoglio può essere classificato sia come pianta di sottobosco dei querceti e delle faggete, sia come vera e propria pianta arborea. 

Carrubo

A Polizzi Generosa, sempre sulle Madonie, presso il vallone denominato “Madonna degli Angeli”, cresce l’abete dei Nebrodi (Abies nebrodensis) che riveste una certa importanza non tanto per la “monumentalità”, ma perché rappresenta una delle piante più importanti della flora siciliana costituita da pochi esemplari, continuamente oggetto di studi botanici per la sua rarità. Probabilmente essa pervenne in Sicilia nel corso dell’ultima glaciazione, sopravvivendo fino ai nostri giorni per aver subito un processo di naturale adattamento al clima siciliano e delle Madonie in particolare, dove si presenta esclusiva ed endemica.

 Nell’hinterland della città di Palermo è possibile ammirare un po’ ovunque

Dracena
alberi d'enorme mole, il più delle volte rappresentati da esemplari naturalizzati, importati in questi ultimi secoli a scopo ornamentale, pertanto estranei alla flora autoctona. Le ville nobiliari, i giardini ed i parchi realizzati a cavallo tra ‘700 ed ‘800 sono i luoghi dove maggiormente si può godere della bellezza e della maestosità di queste piante. Alberi di ficus (Ficus magnilioides), i cui fusti raggiungono i 6 metri di circonferenza ed i 25 metri d'altezza, sono presenti nel belvedere di Monreale, mentre l’orto botanico di Palermo riserva delle autentiche sorprese presentando ficus che superano i 30 metri d’altezza e larghi, addirittura, 13 metri e mezzo in circonferenza. Nelle prime guide del Touring Club, redatte quasi un secolo fa, sono menzionati degli splendidi esemplari di Ficus rubiginosa, uno dei quali riusciva a coprire una superficie di 800 metri quadri. Sempre nell’orto botanico vegeta una noce Pecan (Carya olivaeformis) alta 32 metri e larga 4 in circonferenza, ed un'araucaria della Nuova Caledonia (Araucaria cookii) che raggiunge 35 metri di altezza e più di 3 metri di circonferenza. Ancora più maestosi sono i ficus presenti in Piazza Marina, un esemplare dei quali, raggiungendo i 30 metri d'altezza, presenta una circonferenza di 20 metri.
Ficus Rubiginosa
Infine, presso Villa Malfitano è possibile osservare una dracena (Dracena draco) ed un pino bruzio (Pinus brutia) di dimensioni superiori alla media.

Anche i Nebrodi racchiudono esemplari particolari: in contrada “Anghera Tassita”, nel comune di Caronia, sono presenti un carpino nero (Ostrya carpinifolia) alto 7 metri e largo 4, ed un acero montano (Acer pseudoplatanus) alto 15 metri e con 5 metri e sessanta di circonferenza. Altri due aceri montani sono presenti nell’ambito dei boschi di Cesarò in località “Lenza Monica”  (m 4,8 di circonferenza con m 10 d'altezza) e presso “Monte Soro” (m 6 di circonferenza con m 20 di altezza); ad un vetusto esemplare di acero montano,

Il Castagno dei Cento Cavalli
Incisione di E. Lancelot, pubblicata nel 1877 in
“Le meraviglie della vegetazione” di F. Marion
.
denominato “acerone”, è stata stimata l’età di oltre mille anni. Nelle “Foreste di Troina” vengono segnalati enormi alberi di cerro (Quercus cerris), sfuggiti nei secoli alla ceduazione ed al taglio indiscriminato. Il tasso (Taxus baccata) è ormai presente in pochi popolamenti o nuclei isolati.

L’Etna, o meglio quella porzione di territorio coltivato a vigneti, non percorso negli ultimi secoli dalla lava, è l’area che presenta gli esemplari più maestosi e vetusti; a Zafferana, per esempio, in contrada “Carlino”, vegeta un leccio (Quercus ilex) dalle dimensioni di 4 metri e sessanta di circonferenza e 20 metri d'altezza. I monumenti per eccellenza sono rappresentati, comunque,

Melo selvatico
da due esemplari di castagno (Castanea sativa) censiti in agro di Mascali, località “Taverna”, ed in agro di Sant’Alfio, località “Tre Castagni”, l’antico bosco “Carpineto”. Il primo albero presenta una circonferenza di 20 metri ed un’altezza di 19 metri; il secondo raggiunge una circonferenza ed un’altezza di 22 metri. Sono queste le piante monumentali più ammirate e descritte fin dal passato a motivo della vasta estensione della loro ombra.

Il gigantesco castagno di località “Carpineto”, da secoli chiamato “Castagno dei Cento Cavalli”, farebbe derivare il suo nome da una serie di storie e leggende, tra le quali si ricorda quella legata alla regina Giovanna I d’Angiò (1326-1386) che vi avrebbe trovato riparo con tutto il suo seguito costituito da un centinaio di cavalieri, sorpresi da un temporale durante una battuta di caccia in tali luoghi. Un’altra antica leggenda narra che Giovanna d’Aragona (1502-1575), nel suo viaggio dalla Spagna a Napoli, visitò l’Etna e che tutta la nobiltà di Catania la accompagnò nella sua escursione; essendo sopravvenuto un uragano, la regina ed il suo seguito trovarono riparo sotto il fogliame di quest’albero immenso.

Ubicato alla periferia dell’abitato di Sant’Alfio, ad un’altitudine di 650 metri, l’esemplare è oggi meta di continue visite da parte di turisti, studiosi e

Piano Cervi
semplici curiosi; la sua maestosità ha suscitato fin dal passato l’interesse di poeti, scrittori ed artisti che ne hanno di volta in volta descritto o illustrato le straordinarie caratteristiche. I suoi polloni raggiungono oggi una circonferenza complessiva di circa 50 metri; in zona esistono ancora altri castagni di aspetto gigantesco, quale per esempio il “Castagno della Nave”, mentre non è del tutto chiaro a quale esemplare di castagno viene dato il nome dialettale di “rusbigghia suonnu”.

I primi atti di tutela relativi a questi enormi castagni risalirebbero addirittura al 1745.

Del “Castagno dei Cento Cavalli”, in particolare, si hanno notizie nelle opere di alcuni storici siciliani a partire dal XVII secolo; seguono le descrizioni dei viaggiatori stranieri del “grand tour” tra Sette ed Ottocento i quali, presi da stupore ed ammirazione per la maestosità della pianta, ne misero in rilievo le caratteristiche botaniche, non tralasciando gli aspetti paesaggistici del territorio in cui l’albero sorge. Tra gli autori che si sono occupati del castagno è d’obbligo ricordare il barone Johann Hermann von Riedesel, che visitò l’Isola nel 1767; Patrick Brydone, nel 1770; l’abate Domenico Sestini che nel 1782 pubblicò il “Resoconto di una gita al Castagno dei Cento Cavalli”, la cui

Ulivo Saraceno
escursione era avvenuta cinque anni prima; ed ancora, Jean Houel che ne descrisse l’esemplare nel 1784 ed Eliseo Reclus che nel 1865 ebbe modo di conoscere i luoghi etnei.

Nell’immensa cavità di quest’albero i contadini vi costruirono una capanna ed un forno per essiccare e conservare le castagne secondo gli usi della zona. Gli stessi, avendo necessità di legna, inconsapevolmente tagliarono parte della pianta che circondava la casa, danneggiando e deturpando così l’enorme albero.

La sua circonferenza, così come descrisse nel 1757 il canonico Giuseppe Recupero, raggiungeva 226 palmi (circa 58 metri), mentre la radice principale, da attente osservazioni effettuate dallo stesso naturalista siciliano, doveva essere una sola. Ancora oggi non è del tutto chiaro se i sette polloni, che si dipartono a poca distanza l’uno dall’altro, siano nati da un unico tronco oggetto di ceduazione o siano stati piantati, in origine, molto ravvicinati, in modo da formare in apparenza un solo albero che, successivamente, gli anni avrebbero rassodato nella colossale grossezza.

 

Sughera
Infine, a Niscemi, provincia di Caltanissetta, in località “Valle del Finocchio” è presente una sughera (Quercus suber) che raggiunge i 17 metri di altezza con 5,7 metri di circonferenza.

In Sicilia, accanto agli esemplari sopra descritti, veri e propri monumenti vegetali, esistono una serie di piante arboree non tutte riportate negli elenchi ufficiali del patrimonio forestale anche se meritevoli di essere salvaguardate. Sono queste solitamente piante inserite non tanto nell’ambiente forestale ma in quello prettamente agricolo, poiché ancora coltivate o utilizzate per trarne i frutti. Si tratta di

Tasso
qualche pianta di carrubo (Ceratonia siliqua) posta nelle campagne del ragusano, o di esemplari di ulivi riscontrabili un po’ ovunque, soprattutto lungo la fascia costiera; questi ultimi sono chiamati dai contadini “ulivi saraceni” per la convinzione che la secolarità e la maestosità sia dovuta ai Musulmani che per primi impiantarono in Sicilia tale specie.

Ecco che i dati e le notizie sopra esposti fanno della Sicilia una delle regioni d’Italia con il più alto numero di piante monumentali, certamente da salvaguardare poiché patrimonio culturale di una regione ricca di storia e di tradizioni.