|
|
|||||||||||||
Nell’ambito del territorio siciliano è presente un certo numero di piante arboree, qualcuna ad habitus arbustivo, definite comunemente “monumentali”. Inserite nel paesaggio agro-forestale solitamente in maniera isolata, fanno bella mostra di sé, quasi a guardia del territorio.
Solitamente ci si accorge della presenza di questi maestosi esemplari
Esiste a cura della Regione Sicilia un
minuzioso
Partendo dalla Sicilia
occidentale, si possono menzionare gli aceri
Altre due piante di roverella di notevoli
dimensioni possono essere osservate nel territorio di Castelbuono, in
contrada “Piano Sempria”, i cui fusti presentano le dimensioni
rispettivamente di 5 metri (circonferenza), e 30 metri (altezza) il primo,
e 8 e 15 metri il secondo. Sempre a Castelbuono, in contrada “Piano Pomo”,
crescono le più belle piante d'agrifoglio (Ilex aquifolium) del
meridione d’Italia, una delle quali raggiunge i 18 metri di altezza ed i
3,7 metri di circonferenza; presente in Sicilia in diverse stazioni,
poiché a vasta distribuzione geografica nei climi freschi, l’agrifoglio
può essere classificato sia come pianta di sottobosco dei querceti e delle
faggete, sia come vera e propria pianta arborea.
A Polizzi Generosa, sempre sulle Madonie, presso il vallone denominato “Madonna degli Angeli”, cresce l’abete dei Nebrodi (Abies nebrodensis) che riveste una certa importanza non tanto per la “monumentalità”, ma perché rappresenta una delle piante più importanti della flora siciliana costituita da pochi esemplari, continuamente oggetto di studi botanici per la sua rarità. Probabilmente essa pervenne in Sicilia nel corso dell’ultima glaciazione, sopravvivendo fino ai nostri giorni per aver subito un processo di naturale adattamento al clima siciliano e delle Madonie in particolare, dove si presenta esclusiva ed endemica.
Nell’hinterland della città di Palermo è
possibile ammirare un po’ ovunque
Anche i Nebrodi racchiudono esemplari
particolari: in contrada “Anghera Tassita”, nel comune di Caronia, sono
presenti un carpino nero (Ostrya carpinifolia) alto 7 metri e largo
4, ed un acero montano (Acer pseudoplatanus) alto 15 metri e con 5
metri e sessanta di circonferenza. Altri due aceri montani sono presenti
nell’ambito dei boschi di Cesarò in località “Lenza Monica” (m 4,8 di
circonferenza con m 10 d'altezza) e presso “Monte Soro” (m 6 di
circonferenza con m 20 di altezza); ad un vetusto esemplare di acero
montano,
L’Etna, o meglio quella porzione di
territorio coltivato a vigneti, non percorso negli ultimi secoli dalla
lava, è l’area che presenta gli esemplari più maestosi e vetusti; a
Zafferana, per esempio, in contrada “Carlino”, vegeta un leccio (Quercus
ilex) dalle dimensioni di 4 metri e sessanta di circonferenza e 20
metri d'altezza. I monumenti per eccellenza sono rappresentati, comunque, Il gigantesco castagno di località “Carpineto”, da secoli chiamato “Castagno dei Cento Cavalli”, farebbe derivare il suo nome da una serie di storie e leggende, tra le quali si ricorda quella legata alla regina Giovanna I d’Angiò (1326-1386) che vi avrebbe trovato riparo con tutto il suo seguito costituito da un centinaio di cavalieri, sorpresi da un temporale durante una battuta di caccia in tali luoghi. Un’altra antica leggenda narra che Giovanna d’Aragona (1502-1575), nel suo viaggio dalla Spagna a Napoli, visitò l’Etna e che tutta la nobiltà di Catania la accompagnò nella sua escursione; essendo sopravvenuto un uragano, la regina ed il suo seguito trovarono riparo sotto il fogliame di quest’albero immenso.
Ubicato alla periferia dell’abitato di Sant’Alfio,
ad un’altitudine di 650 metri, l’esemplare è oggi meta di continue visite
da parte di turisti, studiosi e
I primi atti di tutela relativi a questi enormi castagni risalirebbero addirittura al 1745.
Del “Castagno dei Cento Cavalli”, in
particolare, si hanno notizie nelle opere di alcuni storici siciliani a
partire dal XVII secolo; seguono le descrizioni dei viaggiatori stranieri
del “grand tour” tra Sette ed Ottocento i quali, presi da stupore ed
ammirazione per la maestosità della pianta, ne misero in rilievo le
caratteristiche botaniche, non tralasciando gli aspetti paesaggistici del
territorio in cui l’albero sorge. Tra gli autori che si sono occupati del
castagno è d’obbligo ricordare il barone Johann Hermann von Riedesel, che
visitò l’Isola nel 1767; Patrick Brydone, nel 1770; l’abate Domenico
Sestini che nel 1782 pubblicò il “Resoconto di una gita al Castagno dei
Cento Cavalli”, la cui Nell’immensa cavità di quest’albero i contadini vi costruirono una capanna ed un forno per essiccare e conservare le castagne secondo gli usi della zona. Gli stessi, avendo necessità di legna, inconsapevolmente tagliarono parte della pianta che circondava la casa, danneggiando e deturpando così l’enorme albero. La sua circonferenza, così come descrisse nel 1757 il canonico Giuseppe Recupero, raggiungeva 226 palmi (circa 58 metri), mentre la radice principale, da attente osservazioni effettuate dallo stesso naturalista siciliano, doveva essere una sola. Ancora oggi non è del tutto chiaro se i sette polloni, che si dipartono a poca distanza l’uno dall’altro, siano nati da un unico tronco oggetto di ceduazione o siano stati piantati, in origine, molto ravvicinati, in modo da formare in apparenza un solo albero che, successivamente, gli anni avrebbero rassodato nella colossale grossezza.
In Sicilia, accanto agli esemplari sopra
descritti, veri e propri monumenti vegetali, esistono una serie di piante
arboree non tutte riportate negli elenchi ufficiali del patrimonio
forestale anche se meritevoli di essere salvaguardate. Sono queste
solitamente piante inserite non tanto nell’ambiente forestale ma in quello
prettamente agricolo, poiché ancora coltivate o utilizzate per trarne i
frutti. Si tratta di Ecco che i dati e le notizie sopra esposti fanno della Sicilia una delle regioni d’Italia con il più alto numero di piante monumentali, certamente da salvaguardare poiché patrimonio culturale di una regione ricca di storia e di tradizioni.
|