I "pricantozzi" sono composizioni poetiche con una introduzione sovente a carattere religioso che si giovano, metricamente, dell'uso ora della rima alternata ora di quella baciata. "Pricantare", letteralmente, è il verbo che indica il connubio fra l'azione gestuale compiuta con le mani dalla "pricantatrice" sul corpo dell'ammalato e la contemporanea recita di una particolare formula detta "orazione". Nei pricantozzi si mescolano religione, medicina popolare e ritualità arcaiche. Anche se fino a pochi decenni fa erano praticati su larga scala, i pricantozzi venivano considerati dai cosiddetti "ben pensanti" come espressioni retrograde di una mentalità tribale. Eppure svariate sono le testimonianze di guarigioni avvenute grazie al rito dei pricantozzi ed alta la considerazione sociale di cui godevano le pricantatrici presso il popolo. Oggi, alla luce delle nuove teorie mediche, si può senz'altro affermare che le guarigioni grazie all'ausilio dei pricantozzi erano possibili essendo molte malattie di origine psicosomatica: bastava che l'ammalato credesse ciecamente nella formula perché subentrasse in lui una sorta di fiducia psicologica che predisponeva il corpo alla guarigione. I pricantozzi, di origine antichissima, sono stati trasmessi oralmente da generazione a generazione e, a seconda della malattia trattata, erano accompagnati dall'uso di erbe o di prodotti naturali e oggettistica contadina. I pricantozzi e le ritualità similari non soltanto erano dirette contro le malattie degli uomini e degli animali ma anche contro varie forme di malocchio, di mavaria o di corna che la gente superstiziosa credeva condizionassero la vita dell'individuo per colpa dell'influsso malefico. I pricantozzi, oltre che come testimonianza demologica, sono preziosi anche dal punto di vista linguistico perché dall'analisi dei versi traspare, talvolta, un linguaggio con termini antichissimi. Le
formule per avere efficacia nel tempo, dovevano essere ripetute e insegnate
ai novizi la notte della vigilia di Natale come ancora si usa in qualche
zona. Ogni pricantozzo, qualunque fosse la malattia trattata, finiva
con questi versi:
'RAZIONI DI CANNARINI (Contro le affezioni della gola) La pricantatrice diceva l'orazione contro le varie malattie della gola infilando nella bocca dell'ammalato i pollici e strofinando poi, sempre col pollice impregnato della propria saliva, il polso dell'ammalato, in corrispondenza delle vene. La formula doveva essere ripetuta tre volte. Tuli,
tuleddi, i novi fratelli
La
pricantatrice con le mani stringeva la testa dolente e recitava questa
orazione:
Questa
orazione veniva recitata dalla pricantatrice facendo roteare un dito
nell'ombelico del sofferente. Il testo è improntato su una leggenda
popolare su "quannu 'u signuri caminava" e si trovò
a passare, per chiedere da mangiare, da una famiglia che lo trattò
male dandogli, tra l'altro, focaccia non impastata (cuzzola senza cirnuta)
e gallina con le penne.
La
pricantatrice diceva questo pricantozzo passando dietro il collo del
sofferente un fuso di legno per filare. |