Nudi
di notte arrancano in salita gridando "viva sant'Alfiu"
Tra
le feste più popolari tradizionali siciliane, quelle di S.Alfio,
che si svolge neiprimì dieci giorni di maggio, è rimasta
tra le più vive e seguite della Sicilia orientale. In passato era
una delle più attese dell'anno e coinvolgeva anche ceti popolari
della città. Ne presentiamo una ricostruzione tratta da un classico
dello studio delle tradizioni popolari siciliane, (Pitrè "Feste
patronali in Sicilia" 1899). Nei primi del III secolo viveaìn
Profetta, città della Guascogna nell'antica Aquitania, un certo
Vitale, marito di una donna di alti natali, a nome Benedetta, e padre
di tre figliuoli: Alfio, Filadelfo e Cirino, tutti cristiani. Un giorno
la Benedetta rimproverò al prefetto della sua provincia per l'imperatore
massimino il culto pagano, e fu condannata nel capo. I figlioli ne trassero
ragione a ritemprarsi nella fede; e quando, salito all'impero Decio, e
giunto commissario in quella regione un certo Nigallione, furono in cento
guise tormentati acciò abbandonassero il cristianesimo, persistettero
imperterriti, e perchè di illustre casato, mandate a Roma a di
sposizione dell'imperatore. Valeriano, compagno di Decio nell'impero,
non risparmiò loro battiture a sangue e ceppi per indurli ad abbandonare
la religione di Cristo; ma anche lui dovette abbandonarli per incorreggibili
contentandosi di inviarli a persona più abile di lui in siffatta
bisogna, Diomede, preside della provincia di Cuma; il quale non osando,
per gli ordini ricevuti, finirli, alla sua volta, li rinviò in
Sicilia, al preside Tertullo. Costui non potendo vincerli per paura, cerco
dapprimatirarli dalla sua con lusinghe; ma anche lui dovvette rinunziarvi;
se non che, più efferrato che i suoi compagni, non fu supplizio
che non infligesse ai tre guasconi: dalle fustigazioni a nudo al versamento
di pece bollente sul corpo. Poi li fece appaiare a caricare d'una pesante
trave sulle spalle in un viaggio da Taormina a Lentini: e l'immane sacrificio
sarebbe stato del tutto compiutio se giunti essi nella contrada ov'è
ora la borgata di S. Alfio di Mascali, un turbine non avesse portato via
di netto la trave, disperdendola per aria. Riavuti dallo sbalordimento,
i soldati si avviarono verso Catanìa attraversando coi prigionieri
le contrade che ora sono Milo, Zafferana e Trecastagni. Qui, dove ora
sorge la chiesa in onore dei tre Santi, si fermarono a prendere ristoro:
e proseguiro per Lentini; dove il crudele Tertullo li fece finire: Alfio
con lostrappo della lingua, Filadelfo bruciato sulla graticola, Cirino,
il minore dei fratelli, in una caldai bollente di pece e bitume. Ciò
sarebbe avvenuto il 10 Maggio del 253. I tre martiri furono presi a compatroni
di Trecastagne ed onorati con tre giorni di festa annuale. Questa incomincia
dal 10 Maggio. E già si entra clamorosamente nelle feste, le quali
sono così popolari che nel rione della Civita di Catania nessuna
donna che abbia una figlia da maritare ne concederà la mano adun
giovane che non le prometta di condurla tutti gli anni alla festa di Sant'Alfio;
e quello è un buon figliuoloche sibito aderisce, e indizio di buon
partito quello dove questa condizione non manca. In Trecastagne le cose
si fanno alla grande. Basta dire che alle 4 p.m. si ha contemporaneamente
lo scampanio di tutte le chiese, lo sparo di migliaia di mortaretti, il
tuono di non so quanti cannono posti sul colle della "Torre mulìno
a vento", il suono di quattro bande musicali chiamate dai paesi vicini
e le grida di emozione degli intervenuti. Questa entrata delle bande iin
Trecastagne è ritenuta di quella gente una delle più belle
cose dei mondo. Percorse le vìe principali del paese, le bande
si riducono da ultimo nel piano S.Alfio, donde partono i cavalli per le
corse, le quali si ripetono il dì seguente, come pure si ripetono
gli scampanii, le salve ed i concerti musicali, che precedono, accompagnano
e coronano la processione delle reliquie dei santi e che, al rientrare
di queste in chiesa, vanno ad accompagnare una frotta di giovani cantanti,
incaricati di eseguire un inno in onore dei santi martiri. Dalla mattina
dell'8 alla notte del 9 è un giungere incessante, crescente, sbalorditorio
di gente da Pedara, Viagrande, S.Giovanni la Punta e da tutti i comuni
circonvicini. Le strade sono affollate; e curiosi e devoti giungon sempre
per trovarsi presenti almeno all'arrivo dei nudi. Qui lasciamo un istante
Trecastagne e scendiamo a Catania. Non solo nella Civita ma anche in tutti
gli altri rioni della città la notte che precede la festa di S.Alfio
è un armeggio, un movimento
continuo di persone che, a piedi, sopra carrette tirate da asini, da muli,
da strozze d'ogni maniera, sopra carrozze, con banderuole, lesioni, nastri,
trine, fiori a profusione si avviano a Trecastagne. Non c'è veicolo,
per isciupato che possa essere, il quale non sia messo a profitto per
quella gita. Dalla mezzanotte all'alba Catania e molti paesi dell'Etna
si spopolano, e Trecastagne pur non avendo un metro di spazio - accoglie
tutta quella gente, che si pigia, s'incalza meccanicamente e come per
forza esterna. Ma mentre tutti giungono parati a festa e con violini,
chitarre, pifferi, tamburelli, scacciapensieri, un genere di devoti più
morti che vivi sguisciano in mezzo a loro ignudi affatto e con una sola
benda per coprire ciò che la decenza vuol coperto. Solo dei Catanesi
che in quel costume adamitico e con dei ceri in mano, per voto fatto,
son partiti la notte al grido di Viva Sant'Alfiu! che han ripetuto abrevi
intervalli nella lunga faticosa salita. Giungono a gruppi coi visi paonazzi,
coi capelli arruffati, con gli occhi di bragia, e trafelati di sudore:
ragione di ammirazione e di pietà per alcuni, di ripugnanza e disgusto
per altri. Simile scena si vede a Melilli per la festa di S. Sebastiano.
"Nel gran piano della fiera - ove più affluisce la popolazione,
alle 7 a.m. un palmo di spazio libero non vi è più: esso
è ingombro, oltrechè all'immenso popolo, da animali destinati
a vendita, da banche e logge di venditori ambulanti, da giocolieri, da
ciarlatani e da tutto quel ben di Dio che porta seco una festa popolare
di questa specie. E' indescrivibile lo strepito, il bisbiglio, il rombo
e il clamore di questo popolo briaco, che, sformato e calcatissimo, cantando,
suonando, ballando e ridendo sempra un mare ondeggiante e tempestoso".
Alle 2 finalmente i santi si scoprono;e ad un tempo strimpellano le bande,
le campane martellano, rimbombano i cannoni, urlano uomini, donne, fanciulli.
Sopra un ricco fercolo le tre statue son portate fuori la chiesa; nella
gran piazza del Comune e le strida si raddoppiano, e si agitano pezzuole
e si lanciano in aria cappelli e berretti. Chi è fortunato di poter
godere con l'occhio tutta la scena, vede cose incredibili. Vede bambini
e fanciulli con tanto di ernia guarir al solo sedersi nella macchina o
baciare le statue, e sente le lacrime di gioia dei genitori; e la disperazione
di altri che han pregato invano per il loro figlioletto sciancato, o muto,
o contraffatto: Sente strilli di bambini esterefatti a quello spettacolo.
Vede divoti saltare in mezzo alla folla e gesticolare gridando il miracolo
o i miracoli avvenuti; e più in là, un movimento animato
di forestieri, che già visti i santi si dispongono, senza più,
a partire. E che cosa resta loro vedere quando già han visto i
santi tanto belli, tanto desiderati? Questi faranno il giro del paese,
operando miracoli a centinaia con particolar predilezione pei bambini
erniosi, dè quali S.Alfio è protettore; ma essi, i forestieri
specialmente, i Catanesi soprattutto, non potranno attenderli fino alla
mezzanotte, nè avranno voglia di veder bruciare i fuochi già
preparati; molto meno poi sogneranno di rimanere fino a domani per godersi
la festa di li paisani, appendice della festa sontuosa già passata
a godimento dei forestieri. Lasciamoli dunque partire e, mentre essi quasi
loro malgrado sono spinti per le strade che conducono ai ridenti comuni
dell'Etna, confondiamoci tra i curiosi di Catania, che si procurano il
piacere di vedere la
calata d' 'i'mbriachi. Questi ubriachi sono appunto i reduci di Trecastagne,
che si reggono appena dalle larghe libazioni onde hanno innaffiata la
carne di pecora al forno mangiata per divozione di S.Alfio.Vedete quanti
ce n'entra in un carro tirato da un povero asinello o da un mulo bolso!
Vedete come suonano, cantano, gridano, picchiando cembali, urtando piattini
di latta, straziando violini e chitarre, soffiando contro fischietti ed
orciuoli! Gli uomini si sdilinquiscono dal vino e dal sonno; le donne
più di loro: e tutti con certi visi da spiritati, cascanti e moventisi
solo per annaspare in aria o per strascicar parole senza costrutto e senza
significato.
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