E' il nome ciò che sicuramente colpisce chi non ha mai sentito parlare di questo sorprendente paesino; la sua etimologia è stata oggetto di ricerche e di studio da parte di storiografi italiani e stranieri, soprattutto per la somiglianza col nome Italia. La versione più suggestiva ci rimanda ad Omero che nel suo libro dell' Odissea ci narra come tutti i compagni di Ulisse morirono per aver mangiato i vitelli sacri al Sole allevati nella "Vitulia". Era così chiamata una parte della Sicilia, e precisamente il litorale jonico che va da Taormina verso Messina, da lì questo nome, varcando lo stretto e mutandosi in Italia, risalì la Penisola e le diede il nuovo nome dopo quello di Esperia, Ausonia, Vulcania, Nettunia, Saturnia ed Enotria. Nella ricerca delle vicende storiche di Itala non è stato possibile reperire, per quanto concerne le origini, elementi certi e storicamente attendibili; qualche notizia ci da modo di ricomporre, come in un mosaico, una storia del paese che dai Siculi all'Unità d'Italia si incastra nella generale storia della Sicilia passando dallo splendore greco-romano prima arabo-normanno poi, fino ad arrivare alla decadenza borbonica. Il centro, insediato ancor prima dell' occupazione normanna, probabilmente in seguito all' esplosione demografica tra il 1548 e il 1662 (quando gli abitanti passarono da 145 a 1662 ) ha distribuito il proprio sito sulle pendici del Monte Scuderi in tre quartieri oltre al nucleo originale di Itala: Borgo, Mannello e Quartarello, separati l'uno dall' altro dalle Fiumare Franco e Mucari che confluiscono nella fiumara d' Itala. li paese possiede ben dodici Chiese e due Monasteri e, perla fra tutte, la più preziosa è la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo con annesso Monastero Basiliano. Costruita nel 1093 dal Conte Ruggero nel posto dove la tradizione locale dice che sia avvenuta la battaglia tra Arabi e Normanni, riuscita vittoriosa per questi ultimi, è splendida per fattura e ubicazione topologica. La costruzione della Chiesa venne effettuata da maestranze locali, le quali per l'esecuzione materiale si servirono anche degli artigiani arabi. La copertura è a tetto, ma il suo profilo esterno è rialzato in corrispondenza dell' altare mediante una struttura torreggiante coronata da una cupola emisferica. La cupola è impostata su un tamburo molto alto che all'esterno appare inglobato in due dadi sovrapposti, squadrati come semplici solidi geometrici. Va rilevato che, dall' interno, solo nelle immediate vicinanze dell' altare si percepisce l'esistenza della cupola librata molto in alto sul pavimento; essa invece non è avvertita ponendosi tra le navette, prova che l'apparecchiatura della torre cupolata è predisposta, si direbbe esclusivamente, per la vista esterna della Chiesa. La facciata è animata da una policromia di mattoni, ora minuti, ora molto grandi, a contrasto con blocchetti di pietra naturale di vario colore; il parametro è movimentato da arcature a uno o più incassi. Ancora più ricchi e scanditi verticalmente sono i fianchi delle navate laterali, dove l' intreccio degli archi si complica geometricamente in forme tribolate. L'interno,a pianta basilicale a tre navate, presenta il transetto rialzato rispetto all' aula e triabsidato, sul transetto, in asse con la navata centrale, si alza la cupola retta da un tamburo a sezione quadrata, aperto da quattro finestre ogivali, una per lato. Alcuni frammenti rinvenuti, facenti probabilmente parte di una tomba, lasciano supporre che all' interno della Chiesa, o quantomeno nelle sue vicinanze, dovessero esserci altri monumenti dello stesso genere. Quel che è ancora oggi visibile raffigura un combattimento tra un guerriero normanno, riconosciuto dall' armatura a maglie fitte e due arabi anch' essi con l'armatura però a maglie più larghe, che rimasto da solo si difende eroicamente dai suoi assalitori.
Moltissimi
dei pezzi d' arte furono trafugati utilizzati come materiale da costruzione
durante il seicento, nella Chiesa vi erano anche delle reliquie preziosissime
un frammento di legno della Croce, un frammento dell' osso di un braccio
di S. Stefano Protomartire, il muscolo di un dito di Sant' Eustachio,
l'osso di un braccio di San Giovanni Elemosiniere. Tra i reperti conservati
sono da segnalare una Croce dipinta da ignoto polidoresco (sec. XVI
), e diverse tele settecentesche, fra cui tre di Paolo Parisi ( 1796
) raffiguranti la Pietà, San Basi ho e la Madonna del Rosario. |