Caltagirone ripercorse qualche anno fa l'arte popolare del fischietto e affidò alle bellissime stanze del Palazzo Libertini di San Marco il compito di trasmettere questa straordinaria cultura ai tanti visitatori della città della ceramica. Oltre cinquecento i pezzi che furono raccolti dentro preziose vetrinette, annunciate da pannelli esplicativi in cui alle tecniche di lavorazione si univano le forme, le tipologie e i temi ricorrenti nella sua produzione: il gioco, l'ironia, la religiosità, la natura, le ispirazioni antiche insomma da dove nasceva, e nasce, questo semplicissimo strumento che l’infanzia soprattutto usa. Sapemmo così che tutte le civiltà hanno col suono provocato dal fischietto un rapporto singolare, il cui sibilo, se da un lato richiama paure ancestrali, dall'altro tenta l'imitazione degli aspetti più cupi della Natura e pure dei più rigogliosi: il vento e il serpente, ma anche gli uccelli e la cicala. Non a caso infatti il trillio del fischietto esplode a primavera, quando quegli animali, di cui si imita il suono, si riaffacciano sulla terra, rigenerata nel frattempo dalla Pasqua: e a Pasqua ai bambini si regalavano questi oggetti, un tempo quando le stagioni erano scandite dal lavoro e dall' attesa. Caltagirone non ha perduto questa memoria, accesa anzi dai suoi artigiani che espongono ancora oggi, nel terzo millennio, orgogliosi i loro manufatti insieme ad altri più ricercati e altri ancora che rimandano a tradizioni antiche ma poetiche, semplici ma suggestive. L'Azienda Autonoma di Soggiorno della città si face all’ora carico di raccogliere la passione per il fischietto dei suoi ceramisti e unirla, in un confronto quasi di tipo antropologico, con quella del "resto del mondo", dove un identico amore aveva esaltato altri artisti, altri "amanuensi" della creta. Quell’anno la mostra voleva parlare al pubblico la lingua dell' Est, quella che la "cortina di ferro" ci aveva fatto dimenticare e celare sull' eco tirannica del silenzio e propose "Fischietti e Libertà", in cui quel sibilo, che richiama il vento e il serpente, si insinua ammiccante sulle note dello sberleffo, della "fischiata" alla dittatura cieca e ottusa. Cecoslovacchia, Bulgaria, Germania, ex Iugoslavia, Polonia, Romania, Ungheria, alcune Repubbliche dell' ex URSS narravano alla gente il lavoro semplice ma prezioso, naif ma erudito di questi popoli che hanno trovato, anche nella custodia della cultura del fischietto, un simbolo per riscattarsi, un'arte per tramandare idealità antiche ma che appartengono comunque all’umanità e al futuro. Ma un'altra importante esposizione era quell’anno possibile godere a Palazzo Libertini: la "Collezione Brunetti" che, acquistata dalla Cassa San Giacomo, fu donata all' Azienda di soggiorno per arricchire il costituendo "Museo delle Arti e Tradizioni Popolari", di cui una sezione era appunto dedicata alla produzione del fischietto in terracotta. Ancora di rilievo ci appariva la presenza alla mostra dei fischietti che partecipavano al Concorso Nazionale "Andrea Parini" (artista calatino scomparso nel 1975 che realizzò bellissimi fischietti in terracotta) sul tema "La libertà". Alle migliori produzioni in terracotta, che rispecchiavano il tema, nonché la tradizione figula, fu dato un montepremi di dieci milioni.