In un'area di periferia ormai fagocitata dal cemento

Acquisizione della coscienza collettiva degli italiani e particolarmente dei Siciliani è il dato che vede il nostro territorio interessato da un travaglio millenario di storia e di vicende e come un esauribile contenitore di reperti antichi e di beni artistici. Pochi, tuttavia, forse proprio per copia di materiali e monumenti, hanno una conoscenza, se pur limitata, di questo patrimonio, nemmeno quando vetusti resti si pongono spontaneamente sotto gli occhi di tutti, resistendo agli attacchi più oltraggiosi.

Questo è il caso della struttura antica che sorge nel comune di Misterbianco, in località Erbebianche, un'area periferica sino a pochi decenni fa, attualmente investita dal tessuto urbano in crescente avanzamento. I ruderi in oggetto sono oggi visibili al centro di Piazza della Resistenza, circondata su tutti i lati dai moderni palazzi che non hanno risparmiato, purtroppo, nulla dell'articolato contesto in cui certamente era inserito il documento.

Questo, tra l'altro, è preservato solo da una recinzione metallica, mentre nulla garantisce la struttura dagli attacchi di agenti ambientali ed atmosferici. I resti di cui stiamo dando notizia sono quelli di un notevole edificio termale tardo romano. A questo punto la maggior parte dei lettori non potrà fare a meno di sorprendersi: un edificio termale a Misterbianco? Possibile? Conosciamo le Terme Antoniane o Traiane a Roma, o, tuttalpiù, per sentito dire (dato che in genere visitiamo le località più remote tralasciando quelle che sono dietro l'angolo di casa) le Terme dell'Indirizzo e della Rotonda a Catania; ma edifici termali romani in zone periferiche del nostro territorio non siamo avvezzi a conoscerne.

Invece tutta l'area adicente all'Etna, proprio perchè naturalmente predisposta per il suo carattere vulcanico, ad ospitare strutture che sfruttino emissioni di gas endogeni e di acque termiche, ricche in minerali, è ambiente ottimale all'impianto di bagni curativi sia nel passato che oggi (si vedano le Terme di Acireale, sorte anch'esse in epoca romana, riutilizzate dagli Arabi, oggi dislocate a qualche chilometro dalle antiche ma ancora bene attive). Se si tiene conto, poi, della intensa urbanizzazione che interessò il versante sud dei vulcano a partire dalla ricolonizzazione messa in atto da Augusto nel l'isola, non sorprenderà di individuare e rinvenire in continuazione nuovi insediamenti, villaggi, "villae" signorili, sparsi nel nostro territorio.

Purtroppo un fattore che ha radicalmente modificato l'ambiente e spesso per sempre cancellato queste tracce è costituito dall'eruzione dell'Etna che, con il frequente sgorgare di fluidi correnti di lava, hanno coperto di una coltre solidissima ampie plaghe. Nonostante tutto, nonostante anche l'aggressione insensata operata dall'uomo nei confronti dei resti antichi che faticosamente contrastano l'avanzata di torrenti di asfalto e di cemento tentando con flebile voce di far vivere un sottile legame col passato, ancora ci imbattiamo in monconi di vetusti edifici al centro di piazze cittadine o in reprti sparsi un pò dovunque per le campagne.

Così è per l'annesso termale di Misterbianco. La struttura appare già esaminata e rilevata nell'opera e negli acquerelli del viaggiatore settecentesco J. Houel che con sensibilità e maestria ha saputo rappresentare le vestigia antiche più significative sparse per l'Isola conservandocele, almeno, nelle spledide raffigurazioni dei suoi disegni. Della terma di Misterbianco Houel ci ha lasciato, tra l'altro, la sezione dell'ambiente riscaldato ed una planimetria dell'intera struttura conservatasi.

Successivamente anche l'aristocratico Ignazio Paternò Castello Principe di Biscari, studioso locale appurato e perspicace, ha preso in esame l'edificio e così pure ha fatto, con interesse da erudito e da curioso, in pieno Ottocento il tedesco Adolf Holm. Solo di recente, tuttavia, il complesso termale è stato esaminato con la scientificità e la serietà necessaria da specialisti del settore. Così oggi possiamo far riferimento allo studio completo ed esaustivo compiuto dal professor F: Tomasello, archeologo ed architetto dell'Università di Catania, che ci offre anche dei rilievi degli ambienti ed un'ipotesi di ricostruzione magistralmente eseguiti.

Da parte mia ho avuto modo di studiare la struttura conte stual i zzandol a in un panorama più ampio che vede la presenza, come accennavo, di numerosi edifici della stessa tipologia nel settore meridionale dell'Etna. Gli edifici termali, infatti, hanno destato in me particolare curiosità ed interesse; studiando l'architettura dei Romani ho avuto modo di apprezzarne non solo l'eleganza e l'originalità ma soprattutto la funzionalità di cui i "balnea" sono appunto espressione somma.

Nel mondo romano imperiale questa classe di edifici trova enorme diffusione, sorgono così terme pubbliche grandiose nella Capitale e nelle città più importanti dell'Impero, ma esistono anche bagni più piccoli ma bene attrezzati anche nei centri meno significativi. Al piacere di prendere la sauna, di fare abluzioni, di praticare ginnastica non rinunciava nessuno, così anche nei piccoli villaggi o nelle singole abitazioni si provvedeva ad edificare un "balneurn".

Le piccole terme erano improntate a criteri di massima funzionalità ed in genere la successione degli ambienti era quella che vedeva seguire all'apoditerium (ingresso) dove si lasciavano in apposite nicche gli indumenti, uno o più frigidaria (stanze non riscaldate), il Tepidariurn (stanza parzialmente riscaldata), il calidarium (stanza calda). Il calidarium è certamente l'ambiente più interessante, era infatti fornito di un accurato sistema di riscaldamento: intercapedini nelle pareti permettevano la circolazione di aria calda, aria che passava anche sotto il pavimento rialzato o ipocausto.

L'ipocausto era un accorgimento speciale, infatti il piano di calpestio del calidario non era il piano di campagna ma un pavimento sostenuto, da una quarantina di centimetri da terra, da apposite colorinine di mattoni, le suspensurae. L'aria calda prodotta da una fornace estema alla stanza ed un livello più basso rispetto ad essa, il praefurnium, entrava in circolazione nello spazio lasciato dal pavimento rialzato, rendendo caldissima la stanza. Regolatori termici erano offerti da apposite vasce dette Iabra" da cui traboccava l'acqua e raffreddava il piano di calpestio.

Nei calidaria erano anche vasche per abluzioni dove l'acqua giungeva ben calda grazie a veri e propri scaldabagni metallici, le "testuggini" connesi al praefurnium. All'esterno degli edifici sorgevano ampie palestre all'aperto, per lo più porticate che fornivano oltre all'opportunità di pratiche sportive anche accoglienti luoghi d'incontro. Tutto questo, in iscala differente, offrivan tutti gli edifici termali romani, tra cui il nostro di Misterbianco.

Valendosi delle planimetrie di Houel e di Tomasello, non sarà difficile anche all'occhio più inesperto individuare, durante un sopralluogo, un ampio vano esterno, che serviva probabilmente da palestra con due annessi autonomi, ed un nucleo principale costituito da ambienti freddi e da un calidarium. Tutto l'impianto murario utilzza la pietra lavica locale che veniva apparecchiata secondo criteri confrontabilí a quelli di altri edifici romani imperiali catanesi come l'Odeon e l'Anfiteatro. Ancora le pareti conservano, inoltre, tracce di "opus signinum", un conglomerato cementizio che i Romani utilizzavano per coprire ed impermeabilizzare particolari murature.

Al di là, comunque, di considerazioni tecniche più o meno accurate, è ovvio che questo e simili monumenti costituiscano un patrimonio ineguagliabile innanzitutto per la ricostruzione della nostra storia, poi per una comprensione più ampia di tutta una cultura (in questo caso quella romana) infine, se debitamente valorizzati, darebbero modo alla nostra terra, istituendo una rete razionale di legami e di itinerari ambientali- artistico- culturali, di utilizzare anche a fini turistici una risorsa che spontaneamente ci si offre.