Dalla greca Bidi all'odierna Vizzini Una grande ricchezza di monumenti da scoprire Economia: come tutte le aree interne..... anzi peggio L'Archeoclub per la scoperta dell'eredità storica Un notevole reperto di archeologia industriale La cunziria Gli appuntamenti estivi coi teatro verghiano
Breve storia di una delle più antiche città demaniali della Sicilia serbatoio di cultura e tradizioni. Vizzini sorge, a circa 600 m. s.l.m., su tre colli dei monti Iblei (colle Castello, Maddalena e Calvario) presso le sorgenti del fiume Dirillo o Acate. Il suo territorio è di circa 125,83 Kg e la sua popolazione ammonta, attualmente, a circa 8000 ab. Da Catania è facilmente raggiungibile in automobile dopo un viaggio di circa 50 min. verso sud -ovest in direzione di Ragusa. Le numerose grotte presenti nel territorio fanno pensare ad una città trogloditica, anche se non si è attualmente in possesso di notizie più precise a riguardo. Delle sue origine greche, invece, si è quasi certi, essendone prova, in primo luogo, lo stesso nome. Andando a ritroso nel tempo, infatti, la città ebbe come nome "Bizzini" o meglio ''Bizini'' (il mutamento della "B" in 'V' è probabilmente dovuto agli spagnoli), Bidini e Bidi, quest'ultimo dal greco "Be" (aoristo secondo di "Baino" = vado) e "dis"(due volte), quindi "andò due volte" e riferito al fiume il quale si biforca a nord- ovest e a sud dell'antico nucleo cittadino che sorgeva sul monte Castello. Tucidide scrivendo della guerra tra Siracusa e Lentini del V sec. a. c. narra di un certo ambasciatore Feace inviato dagli ateniesi in Sicilia per procurare nelle varie colonie ioniche alleati a favore dei "leontinesi". Ebbene il Mauròlico per ciò che riguarda i socii che risposero all'appello parla anche di Vizzini. Questo significa che Vizzini già nel V sec. a. c. non solo esisteva, ma aveva raggiunto uno sviluppo tale da possedere una milizia propria di tale entità da interessare Feace. Del periodo della dominazione Romana abbiamo notizie frammentarie: Plinio la comprende fra le città stipendiarie di Roma, mentre Cicerone la cita come "libera" nelle sue "Verrine". Ad ogni modo l'attuale città ha origini medievali e fu edificata attorno ad un castello che alcuni secoli più tardi i Borboni utilizzarono come prigione. Nonostante la presenza del castello faccia pensare ad una sorta di potentato feudale Vizzini fu per la maggior parte della sua storia città demaniale, avendo sempre riscattato, nel corso delle varie dominazioni, la propria libertà con ingenti quantità di denaro. Molto probabilmente la città era circondata da alte mura, smantellate poi completamente, secondo alcune testimonianze storiche, nel XV sec. e delle quali rimane forse una torretta di fortificazioni a nord-ovest della città adiacente alla chiesetta di S. Antonio Abate. Dal punto di vista architettonico quasi nulla ci rimane della città antica, danneggiata dai violenti terremoti del 1542 e del 1693. L'attuale abitato
risale alla costruzione effettuata tra la fine del '600 e l'inizio del
'700, ricostruzione che si sovrappone alla città vecchia lasciando
ancora oggi intravedere ruderi e frammenti degli antichi fasti. Vizzini
nei secoli ebbe modo di conoscere varie dominazioni: saraceni, normanni,
svevi, spagnoli, tutti hanno lasciato nella città un patrimonio
di cultura di cui si ritrova traccia nell'architettura oltre che in quell'immenso
serbatoio di storia e di tradizioni che è il dialetto. Una grande ricchezza di monumenti da scoprire L'habitat urbano di taglio medievale nasconde un grande patrimonio di beni culturali da rivalorizzare con interventi urgenti. Vizzini possiede un ricco e prezioso patrimonio artistico ed architettonico - predomina lo stile barocco - fatto di numerose chiese (nel 1925 ne possedeva 22), conventi (ne possedeva più di 10), palazzi nobiliari, dipinti, sculture, arredi e tantissimi altri oggetti di pregevole fattura. Tra le opere più significative è degna di menzione la Chiesa Madre intitolata a S. Gregorio Magno patrono della città - sorta sulle rovine dell'antico palazzo senatoriale e del vecchio monastero benedettino, la chiesa accosta diversi stili architettonici: è arricchita da uno splendido portale gotico-catalano appartenente forse al palazzo senatoriale, mentre la facciata principale è tardo-barocca. L'interno è a tre navate ed evidenzia una struttura a colonne ottagonali ed archi a sesto acuto. Vi si possono ammirare due splendidi dipinti del maestro fiorentino Filippo Paladino (del 1610 e del 1611) e un pregevole battistero del 1614, la cappella, tardo-barocca, della navata sinistra e il soffitto scolpito del Bonajuto ( 1786 ). Vicinissima alla chiesa Madre troneggia la Basilica di S. Vito sotto il titolo di Spirito Santo. Occulto oratorio ai tempi della persecuzione degli antichi cristiani, il cui culto si svolgeva nelle sottostanti grotte, divenne chiesa dopo l'editto di Costantino (313 d.c.). L'attuale chiesa in stile neoclassico è edificata nel luogo dove si trovavano due chiese: S. Vito o Spirito Santo, altrimenti detta chiesa d'oro per le ricche dorature che la impreziosivano, e Madonna dell'Itria, di cui ancora oggi si celebra il culto. Al suo interno si trovano: un altare di scuola Gaginesca (appartenente forse alla soppressa chiesa di S. Ippolito della Compagnia di Gesù); uno splendito crocefisso in legno scolpito erroneamente attribuito a frate Umile (appartenuto alla sopracitata chiesa); una piccola statua del 1400 in legno scolpito raffigurante S. Michele Arcangelo della omonima chiesa ormai semidistrutta e di cui rimangono le mura perimetrali e parte del campanile. La chiesa della SS. Annunziata è annessa ad un antichissimo convento già esistente ai tempi del pellegrinaggio di S. Antonio di Padova nel 1225. Tale convento, distrutto nel terremoto del 1693, fu riedificato e collegato ad una chiesa preesistente: S. Caterina, diventata poi SS. Annunziata. All'intemo di essa si trovano nelle volte pregevolissimi affreschi barocchi, una statua di S. Lucia in singolare posa ed un raro esemplare di organo positivo. Nel chiostro sono ancora visibili il pozzo e i basamenti delle colonne dell'antico convento oltre ad una grotta detta di S. Antonio - dove si intravedono i resti di un'antichissima pavimentazione in ceramica policroma. In S. Agata trovano posto una grande pala del Bonino raffigurante il martirio della santa cui la chiesa è dedicata, un singolare crocifisso in stile Bizantino e la cappella del sacramento in splendido stile barocco, davanti la quale Giovanni Verga lo scrittore immaginò il matrimonio tra Bianca Trao e Maestro Don Gesualdo. S. Maria dei Greci, chiesa e convento, sorgono su antichissime grotte e cunicoli non ancora esplorati e facenti parte, secondo alcune teorie, dei sotterranei del castello. La chiesa possiede (attualmente in restauro) uno splendido trittico del XV sec. raffigurante la Madonna col Bambino ed altre figure sacre. La chiesetta di S. Elena, meglio conosciuta come Madonna SS. del Pericolo, contiene al suo interno la grotta in cui si rinvenne un pregevole dipinto del V sec. raffigurante una Madonna. Il territorio in cui sorge la chiesetta è infatti ricco di ingrottamenti nei quali si esercitavano occultamente i riti cristiani prima dell'editto di Costantino. Dopo l'emanazione di tale editto, fu appunto edificata la chiesa in onore della madre di Costantino, Elena. L'altro nome è collegato ad una leggenda: si narra infatti che il dipinto, conservato nella grotta per sfuggire alla furia iconoclasta, sia stato rinvenuto da una donna moribonda, guarita istantaneamente dalla Madonna miracolosa. Qui si dice abbia celebrato messa S. Gregorio Magno, come si leggeva in un'iscrizione posta all'ingresso. La chiesa è meta di pellegrinaggi tutti i sabati per l'immagine della Madonna SS. del Pericolo ritenuta prodigiosa. La chiesa e il convento di S. Maria del Gesù fu fondata nel 1469 da una famiglia di Francescani detta dei Minori Osservanti. Alle spese per la erezione della chiesa contribuì un illustre vizzinese già precettore dei re di Spagna, Lucio Marineo. Lo stesso diede incarico al Gagini per la realizzazione della splendida Madonna Bianca (1528), scultura che ancora oggi è possibile ammirare all'interno della sacra costruzione. La Basilica di S. Giovanni Battista è la chiesa più imponente della città, ingrandita e ricostruita in stile barocco nel tardo '700 sul luogo ove già esisteva col nome di S. Giovanni delle Vigne, essa domina la zona sudest di Vizzini. La basilica fu opera voluta dalla ricca borghesia che aveva cominciato a costruire in questa zona (già prima del sisma del 1693) imponenti palazzi in contrasto con i ceti nobiliari più antichi arroccati attorno all'antico nucleo della città ed alla Chiesa Madre. La chiesa ebbe concessi molti privilegi, fra i quali quello di poter festeggiare il suo Santo 3 volte l'anno all'insecondo un rescritto di Papa Paolo 111 del 1537 e di poter fare 8 giorni di fiera per privilegio di Carlo V nel 1538. In essa si distinguono gli altari laterali in stile rococò, un prezioso organo baroccorococò ed una statua del Santo (153 0) dello scultore don Vincenzo Architofel (o quanto meno della sua scuola). Nei pressi di S. Giovanni sorge l' antica chiesa di S. Barbara annessa al convento dei Padri Cappuccini. Il convento originariamente sorgeva in luogo distante dall'abitato, poi, soffrendo i frati per tale allocazione come dice il Pirro: "Cappuccini a loco hodie nuncupati extramigraverunt anno 1604 intra civitatem". La chiesa fu arricchita di stucchi e decorazioni, oltre che di pregevoli opere: l'altare maggiore in legno Scolpito e intarsiato, una splendida deposizione attribuita al Paladino, un pregevole simulacro raffigurante S. Barbara (XVII sec.). Per quanto riguarda la chiesa di S. Agostino, l'ordine Agostiniano fu portato a Vizzini da Fra Natale Ferrante nel 1585. Poco dopo fu costruito il convento nel centro abitato del Colle Calvario (sulla cui sommità è sita l'omonima chiesetta) e fu legato alla chiesa di S. Giacomo già esistente sin dal 1615. La costruzione del convento fu completata nel 1660. All'intemo di S. Agostino ritroviamo una singolare acquasantiera, parte integrante di una colonna sicuramente molto antica. La chiesa di S. Giovanni Evangelista (o anche Madonna SS. delle Grazie) sorge all'estremità sud-occidentale di Vizzini, nel caratteristico quartiere del "cucco". La tradizione vuole che sul luogo ove sorge la chiesa esistessero i templi di Bacco e Minerva e che gli abitanti della zona, saraceni della giudaica, continuassero a praticare il culto pagano in contrapposizione con i greci cristianizzati del quartiere più alto che si raccoglievano attorno alla citata chiesa di Maria SS. Assunta, denominata dei Greci. A proposito del quartiere del "cucco", la civetta è il simbolo di Vizzini e pare in onore dell'alleanza tra quest'ultima e Atene mediata da Feacnel nel V sec. a.C. La civetta era infatti, animale caro alla dea Minerva, protettrice e patrona dell'antica città di Atene. La chiesa di S. Teresa viene soprattutto ricordata perchè eletta da Giovanni Verga come teatro della "Cavalleria Rusticana". Anticamente era dedicata alle anime SS. del Purgatorio (da cui prende ancora oggi nome la zona), indi divenne, per il periodo in cui vi officiarono i PP. Gesuiti (163 5), Maria SS. della Consolazione. Nel 1645 fu invece adibita a Conservatorio delle Vergini e nel 1705 divenne monastero regolare dell'ordine Carmelitano. La devozione a S. Teresa fu introdotta dalle Teresiane. Ricordiamo inoltre, anche se non più esistente, il grande convento dei Gesuiti, annesso alla chiesa di S. Ippolito che si affacciava sulla Piazza Municipale, prima P.zza S. Ippolito, ora P.zza Umberto I. Detto convento ha subito le sorti di molti conventi Gesuitici siciliani: trasformato in scuola prima ed in ospedale poi, con la distruzione totale della chiesa in anni che vanno dalla fine dell' 800 agli inizi dell'900, malgrado questa fosse inserita (come da documentazione esistente presso l'archivio storico comunale) in un elenco di BB. monumentali da salvaguardare. Stessa sorte subita dal teatro comunale ancora oggi rimpianto da tutti i vizzinesi opera ottocentesca di notevole pregio architettonico costruito al Il piano del palazzo municipale e distrutto nel 1962 per far posto agli uffici del comune (SIC!). Del convento dei Gesuiti rimane parte dei chiostro e la preziosa Biblioteca (adesso comunale) con i suoi arredi settecenteschi e i preziosi incunaboli quattrocenteschi e cinquecenteschi. Fra le opere architettoniche di notevole pregio, inoltre Vizzini può annoverare: il Palazzo Municipale la cui iscrizione S.P.Q. B (senatus populusque bidiniensis) ricorda che Vizzini possedeva un senato ed era regolata da leggi proprie - costruito in stile composito nel 1800 circa da un architetto di Noto, certo don Corrado Mazza; palazzo Cafici; palazzo Catalano; palazzo Trao; la casa della famiglia di G. Verga e gli altri splendidi palazzi che si snodano lungo l'attuale via Roma, sul Colle Maddalena (la chiesa della Maddalena è attualmente parte di abitazione privata, parte panificio!), in cui impera un caratteristico ed imponente torrione impreziosito da inferriate in ferro battuto e da splendidi pezzi in pietra d'intaglio risalenti - come i palazzi in cima al torrione e in basso nella strada - al settecento. La strada - come si rileva nelle planimetrie esistenti presso l'archivio comunale e redatte nel 1887 dall'arch. Fichera - è stata allargata ed abbassata e di conseguenza anche i palazzi ivi esistenti ne portano le tracce visibili nelle finestre, trasformate in magazzini, e nei portoni, sproporzionatamente alti. I palazzi nobiliari di questa zona portano i nomi delle più importanti e prestigiose famiglie della storia vizzinese: Manduca, Gaudioso, Cafici,Verga, Caffarelli e Marchese nella parte alta; Passanisi, Rinaldi, La Pira, Cannizzaro e ancora Verga nella parte bassa. Lungo la via S. Maria dei Greci ci piace ricordare ancora Palazzo Ventimiglia, in stile settecentesco con ancora le inferriate barocche. Ricordiamo ancora le ville di campagna: villa Cafici, col suo splendido parco; villa Ventimiglia e villa Giulia anch' esse dotate di eccezíonali parchi. Un ultimo importante accenno va fatto all'archivio comunale, più volte citato, ricchissimo di faldoni e documenti a partire dal 15 00 e di cui si sta tentando una sistemazione da parte di un gruppo di giovani impiegati in un progetto di utilità collettiva. Vizzini e Verga In questa cornice succede una cosa strana si entra "dentro" le novelle verghiane e non ci si meraviglierebbe di incontrare 'gira Pigna la Lupa, Santuzza, Turiddu, mastro don Gesualdo..... Vizzini nella sua lunghissima storia ha dato i natali a molti personaggi illustri fra cui ricordiamo il padre del Verismo G. Verga. Riguardo alla disputa fra Vízzini e Catania circa i natali dell'illustre scrittore diciamo subito che la sua nascita risulta agli atti del Comune di Catania, ma secondo una tesi avvalorata da molti studiosi verghíani e dal Verga stesso, spesso non esita ad autodefinirsi - come leggiamo nelle numerose raccolte epistolari con De Roberto, Rapísarda, Capuana, ecc - Vizzinese, in particolare, una lettera a Capuana porta la dicitura "da un villano di Vizzini a un villano di Mineo''. Per chiudere il discorso circa la sua nascita diciamo che pare sia nato in una zona di Campagna in territorio di Vizzini (Tiepidi) dove la famiglia si era rifugiata per sfuggire al colera che infuriava a Catania: detta casa esiste ancora ed è in discrete condizioni. La parte più significativa della sua produzione verista egli la ambientò a Vizzini anche se non fa quasi mai il nome della città, forse per una forma contrastante di attaccamento/distacco caratteristico dell'uomo -scrittore nei confronti della sua terra. Le sensazioni che scaturiscono da una distensiva passeggiata per le viuzze del paese, quelle vie di anonimi vinti di cui non rimane nessuno stemma a testimoniare i sudori e le fatiche (quegli stessi anonimi sui quali si è posta invece l'attenzione dello scrittore), caratteristiche e suggestive si accavallano con i sentimenti suscitati dai personaggi verghiani le cui vicende palpitano ancora tra le piccole case basse. A questo punto nelle caratteristiche viuzze che seguono i declivi naturali del territorio e si adagiano ad esso senza traumi, alcune delle quali assolutamente (e felicemente) inaccessibili a moto e automobili, succede una cosa strana, il tempo si ferma e l'occhio vaga quasi indisturbato tra le piccole case, le tegole grigie usate ora nei tetti ora somiglianti a scanalature, secondo un uso caratteristico della zona, usate nelle pareti esterne come isolante dalle intemperie. Da qualsiasi punto si gode una splendida vista sulla campagna circostante e non è raro sentire un rumore di zoccoli e vedere sbucare da un angolo un mulo od un asino bardati secondo la foggia antica, con un carico di legna, guidato da un contadino con il basco e il viso bruciato dal sole. E in questa cornice succede una cosa strana, si entra "dentro " le novelle verghiane ed esse non sono più parole ma vita reale e non ci si meraviglierebbe di incontrare la 'gna Pina di ritorno dai campi con il suo volto affaticato e acceso di "Lupa" che le comari seguono con lo sguardo da dietro le imposte fino a che è possibile facendosi il segno della croce. Oppure Ieli di ritorno il sabato a casa dai campi alla sua Mara. 0 ancora Mazzarò con il volto preoccupato per la sua "Roba" con la giacca e il cappello liso ma che in tutti quelli che lo vedono (anche nei signori che un tempo lo prendevano a calci) suscita riverenza e timore. La folla dei vari Turiddu, Alfio, massaro Cola ecc. e delle varie Lola, Santuzza, Mara, Diodata vive ancora e le loro ragioni sono condivise dai più. Nella Piazzetta di S. Teresa sembra di assistere al bacio della sfida, dentro l'osteria della gna' Nunzia, dalle scale della chiesa sembra di udire la maledizione di Santuzza e tra i fichidindia della cunziria sembra di rivedere il duello di Alfio e Turiddu. Tra le "imposte" del settecentesco palazzo Trao quasi diroccato, come nel 1889 sembra ancora intravedersi il volto di Bianca. Mentre nella viuzza denominata Ventimiglia sembra di veder rientrare a notte fonda, stanco, Mastro don Gesualdo perennemente curvo sotto sacchi immensi di grano. Ed ancora ricordiamo i palazzi La Gurnia, Sganci (Pal.La Rocca) e Rubiera ed ancora, nella campagna vicina, il ponte sul fiume grande. Tutti i luoghi elencati ed altri ancora ci fanno rivivere le emozioni provate leggendo oltre alle opere citate tante altre come il Mistero, Pane Nero, Don Licciu Papa, Pentolaccia, Gli Orfani, Guerre dei Santi, ecc. Economia: come tutte le aree interne... anzi peggio
Importanti le possibilità
offerte dal territorio peruna utilizzazione agrituristica, attraverso
la valorizzazione delle costruzioni rurali e delle memorie letterarie
verghiane L'assenza o le marginalità dell'investimento finanziario privato è stata sostituita da un intervento pubblico che ha messo in campo mezzi finanziari insufficenti rispetto ai fabbisogni, spesso indirizzati verso forme improduttive e assistenziali che non hanno determinato una crescita del settore agricolo e in generale non hanno innescato neanche parziali processi di sviluppo. Il settore agricolo, tuttora dominante, ha prodotto un reddito che si è attestato su valori mediamente più bassi di quelli ottenuti in Sicilia (poco meno di 16 milioni, contro i 18,5 dell'intera Sicilia e i 21 milioni dell'Italia). Tale cristallizzazione se da una parte è da ricondursì all'endemica carenza di infrastrutture dall'altro pone allarmanti questioni intorno alla difficoltà degli operatori agricoli ad adeguarsi all'evoluzione del sistema produttivo. L'agricoltura infatti, che resta l'asse primario di sviluppo locale, manca di un necessario e costante rilancio produttivo, e resta ferma a forme di conduzione di tipo tradizionale (anche se il 9,3% delle aziende ha un'ampiezza superiore ai 20 ettari e controlla il 71,6% delle superfici, mentre sul 70,9% dei casi le aziende sono comprese sulle classi di superficie fino a 5 ettari e controllano appena il 12,4 della superficie). La forma di conduzione più diffusa è rappresentata dalla proprietà coltivatrice che intercetta i 2/3 delle aziende, seguita per il rimanente terzo dalla proprietà capitalistica con salariati. Le coltivazioni sono prevalentemente cerealicole (92,7), firuttifera (36,4), seguite a breve distanza da quelle interessate alla coltivazione della vite (31,9) dell'olivo (26,7%) e degli agrumeti (5%). La zootecnia e l'allevamento conta su 111 aziende la cui forma di conduzione prevalente è quella diretta, pur rappresentando un settore portante per l'economia locale, questo settore non ha fatto registrare negli ultimi anni significativi migliorarnenti per quanto riguarda strutture produttive e le tecniche di allevamento. La staticità dei comparti produttivi tradizionali, e la mancanza di colture emergenti, di riconversioni colturali, condiziona e determina, insieme alla grave carenza di infrastrutture territoriali (specialmente nel campo dei trasporti, dell'irrigazione e dell'energia), oltre che un isolamento sociale, il degrado economico ed ambientale di questa zona. Le problematiche irrisolte dei comparti presenti nel comune continuano a riguardare in misura maggiore gli aspetti connessi con la produzione per le difficoltà riguardanti da un lato l'economicità dei processi produttivi e dall'altro la commercíalizzazione con la lavorazione e trasformazione dei prodotti. Importanti le possibilità offerte dal territorio per una valida utilizzazione agrituristica (pur in mancanza di una legge quadro regionale), vuoi per il recupero e la valorizzazione delle costruzioni rurali presenti nel territorio, vuoi per le attrazioni esercitate dai luoghi di Mastro don Gesualdo di verghiana memoria. A questo proposito, un' importanza significativa e strategica può assumere l'abitazione e l'azienda di famiglia dello scrittore, quale luogo di attrazione e di valorizzazione dell'intero territorio, anche attraverso l'allestimento di una mostra con opere e testimonianze di un autore tanto caro ai siciliani. Un'altra zona di sicura attrattiva è quella di "Cunziria" dove il regista Zeffirelli ha girato molte scene del film "la cavalleria rusticana", e dove pare che realmente avvenne il duello fra "don Alfio e cumpari Turiddu". Si tratta di antichissime costruzioni, un tempo adibite a concerie, di grande fascino ed oramai in avanzato stato di abbandono; l'amministrazione pubblica dovrebbe, in questo caso, farsi carico di recuperare e ristrutturare tale zona, per altro di proprietà comunale, che costituisce un patrimonio culturale, oltrechè architettonico, di grande interesse ed importanza per il comune di Vizzini. In questo caso, l'attività
agrituristica organizzata e gestita per conto dell'amministrazione pubblica,
potrebbe rappresentare una valida e stimolante alternativa all'abbandono
ed al degrado, riconoscendo al recupero della cultura contadina, oltre
alla funzione produttiva, quella paesaggística e ricreativa e quella
di tutela della qualità dell'ambiente e del patrimonio di risorse E' evidente che in questo caso gli sforzi maggiori dovranno essere rivolti alla costituzione di un "prodotto" che tenga adeguatamente conto dei servizi e delle infi-astrutture necessarie a valorizzare al meglio l'iniziativa, e degli impatti che determinati interventi possono avere nel medio e nel lungo periodo, affinchè l'agriturismo svolga un ruolo stabilizzante e non destabilizzante nei confronti del tessuto economico sociale del territorio. L'Archeoclub per la scoperta dell'eredità storica La sede vizzinese dell'Archeoclub è stata fondata nel 1984 sull'onda dell'entusiasmo e grazie all'esperienza sviluppatesi i . n seno alla Pro-Loco nel campo del turismo e della ricerca di una più attenta e metodica valorizzazione del patrimonio storico-culturale offerto dal paese. La storia di Vizzini, ricchissima e densa di spunti di notevole interesse per quanti operano nel settore della ricerca, le sue tradizioni, le sue monumentali chiese, conventi e monasteri ognuno dei quali - e se ne contano a decine - è un piccolo museo ricco di affreschi, dipinti e sculture a volte di incredibile valore, la sua cultura a dir sol parte della quale il verismo di Giovanni Verga la rende di un'autentica città-teatro, gli altri suoi notevoli e riguardevoli monumenti, il suo centro storico dalle caratteristiche architettoniche tali da mandare in visibilio quanti hanno la fortuna di visitarlo, la sua "cunziria ", un villaggio industriale satellite sorto nel XVIII secolo è certamente unico nel suo genere e, non ultima, la sua collocazione nell'ambito di un territorio straordinariamente suggestivo, costituiscono dei forti poli d'attrazione per quanti credono nella cultura, nell'arte e nel recupero delle tradizioni come importanti strumenti per la tutela della memoria storica e della nostra identità. Per tutti questi motivi, sin dall'epoca della sua fondazione, l'Archeoclub a Vizzini si è voluto caratterizzare come associazione di volontariato con lo scopo specifico di stimolare la vita culturale del paese facendolo, soprattutto, conoscere ed apprezzare agli stessi vizzinesi. Le sue attività sono state importanti e molteplici: dai concerti di musica classica, seguitissimi ed apprezzati, eseguiti all'interno delle chiese durante le stagioni invernali, alle conferenze di alta caratura scientifica sui temi dei beni culturali e della storia locale; dalle proiezioni di video cassette e contenuto archeologico e di diapositive, a manifestazioni meno impegnate come i mercatini dell'antiquariato, i presepi viventi o i cineforum estivi; dalla ricerca effettuata sia su testi storici e documenti, sia sul campo, e mirata all'approfondimento delle conoscenze sulle origini di Vizzini e dei collegamenti di esse con la letteratura verghiana, alle visite guidate lungo percorsi ed itinerari sintesi di tale studio e di tali ricerche; dalle escursioni e dalle gite in visita a musei, al coinvolgimento delle scolaresche nelle attività della associazione; dalle mostre, all'attività teatrale mirata; dall'aero fotografia, alla normale documentazione fotografica; dalla pubblicizzazione di Vizzini tramite i mass-media, alla realizzazione di pieghevoli informativi. I momenti più alti di tale intensissima attività, nell'arco del primo decennio della sua vita, sono stati raggiunti dall'archeoclub di Vizzini con l'inaugurazione, prima, di un deposito-museo etnoantropologico e di storia delle tradizioni contadine, con pezzi estremamente rari, che vanta migliaia di visitatori da tutte le parti della Sicilia e che, purtroppo, attualmente è "congelato " in attesa di nuovi locali, e con lo svolgimento, dopo, del I convegno internazionale verghiano che ha visto la partecipazione di illustri professori universitari giunti appositamente da tutte le parti del mondo per discutere sulle problematiche concernenti la difficoltà della traduzione dei testi del Verga all'estero e sul linguaggio dello scrittore verista. Tale convegno, che nel 1989 onorava il I centenario della pubblicazione del "Mastro Don Gesualdo ", è stato vivacizzato dalla continua presenza, nelle sue sessioni antimeridiane - il convegno è durato tre giorni - di numerose scolaresche. L'azione dell'archeoclub di Vizzini ha vivacizzato, in questi dieci anni, in maniera continua e determinante la vita culturale del paese e l'interesse dei giovani verso il nostro ricco patrimonio culturale. Si può affermare, inoltre non senza una punta d'orgoglio da parte nostra, che molte esperienze culturali, anche se non organizzate dall'A.C. stesso, sono nate grazie allo stimolo dato dall'associazione in questo senso a Vizzini. Un notevole reperto di archeologia industriale La cunziria La concia della pelli a Vizzini è un'attività molto antica infatti se ne ha notizia già in epoca Romana. La concia artigianale in questa zona è legata alla tipologia del territorio, poiché per questo genere di attività era necessaria molta acqua e il territorio ne è particolarmente ricco: esistono ancora (malgrado l'invasamento del lago Dirillo che ha ridotto notevolmente la quantità d'acqua del fiume), moltissime sorgenti sotterranee i . n grado di erogare un'acqua priva di qualsiasi impurità che avrebbe potuto nuocere alla qualità del prodotto. Esiste inoltre una sorgente su cui in epoca molto antica è stata costruita una fontana detta di S. Angelo dal nome di una chiesetta che sorgeva poco distante e (che esiste ancora oggi) da cui sgorga un'ottima acqua oligominerale. I ruderi della chiesa sono ancora visibili nel sentiero che porta alla fontana. Ma torniamo alla "Cunziria ".Era un vero e proprio villaggio industriale "aute litteram ". Un ciclo di concia era un procedimento abbastanza complesso e durava un mese circa e, aveva bisogno, appunto, di grandi quantità d'acqua, Sommacco (piccolo arbusto che cresce spontaneamente in queste zone da cui si ricava una sostanza lattiginosa chiamata tannino utilissima nella concia) e grosse quantità di gesso. La concia fu un'attività fiorente fino alla fine del secolo scorso. Essere "cunzuriuotu " (conciatore) a Vizzini voleva dire essere persona benestante. I progressi dell'industria in questo settore hanno ovviamente spezzato il cielo produttivo di questa secolare tradizione artigianale, infatti nel giro di trent'anni (dal 1950 al 82) le vecchie CONCERIE sono state totalmente abbandonate. Ma la fonte di ricchezza più grande è sempre stata l'acqua che in passato veniva sfruttata al massimo, e la zona delle concerie veniva anche detta: valle dei mulini. Ancora oggi se ne possono ammirare due ancora in discrete condizioni. Attualmente il villaggio versa in pessime condizioni ma la visita di questi luoghi è ancora suggestiva. Al centro del villaggio sorgeva anche una piccola Chiesa dedicata a S. Eligio sul cui portale sono ancora visibili i simboli papali poiché S. Eligio fu vescovo. Il suo interno purtroppo è utilizzato come rifugio per i maiali. Fino ai primi decenni del nostro secolo si festeggiava S. Eligio con fuochi artificiali e per finire con grandi mangiate di cavati e salsiccia. Si auspicano urgenti interventi di recupero per salvare un importante zona di archeologia industriale con annesso immaginario letterario. Gli appuntamenti estivi coi teatro verghiano Si racconta che il Verga nei lunghi periodi in cui dimorava a Vizzini, soleva passeggiare per le viuzze, andare per i viottoli e sostare nei campi. In queste solitarie passeggiate, lo scrittore incontrava e parlava direttamente con i suoi personaggi: chi con il viso emaciato aspettava dietro l'uscio con rassegnazione; chi nei viottoli, mentre ritornava in paese, imprecava contro la malannata che s'era mangiata tutta la sua roba e il lavoro di un anno; chi con la schiena curva da dieci ore zappava o falciava. L'incontro con questo mondo di miseria, di stenti e di fatica, permise al Verga di consacrare al sacro altare della letteratura la condizione umana di una società, la tradizione e la cultura di un popolo: i vinti. Il linguaggio del Verga, che conosciamo attraverso i libri, lo si può assaporare nella sua drammatica realtà con una passeggiata nel suo mondo di viuzze caratteristiche e suggestive e di paesaggi pittoreschi, ora riposati, ora arsi e selvaggi, che si confondono con i monumentali palazzi. Ogni anno Vizzini rende omaggio al suo illustre figlio Giovanni Verga facendo rivivere nei vari rioni e quartieri gli stessi luoghi in cui lo scrittore li immortalò, i suoi personaggi. Le novelle del Verga, con tutte le passioni di cui sono depositarie, vengono trasportate nel mondo delle tre dimensioni ove si materializzano dando vita al "teatro di reviviscenza ". L'appuntamento annuale con la manifestazione è il frutto del lavoro di Alfredo Mazzone, il quale ha ridotto e diretto numerosi testi verghiani (l'amante di Gramigna, Pentolaccia, Libertà, Jeli il pastore, Don Lìccu Papa, La Roba, Cavalleria Rusticana, Nanni Volpe, Il peccato di Donna Santa, Pane nero, I galantuomini, ecc.). Feste e folklore vizzinesi "A 15 Giugno 1622. Per la festa di S. Vito spararo otto giorni innanzi 23 maschi e per la vigilia 40. Ci furono 10 tamburini nella vigilia e la luminaria di 155 cavalcature. Il giorno di detta vigilia si fece la mascarata e vi furono 14 torcie di cera Rossa: vi fu il palio il giorno di S. Vito e il gioco del fuoco nella raccolta del Santo. Vi furono otto vari; cioè una dei bottigari, una delli mercieri, una dei mulinari, una dei vascellari, una dei carpentieri, una delli consariati, una dei custurieri, e una delli barbieri, e in ognuna, secondo l'arti loro, vi era la demostrazione di Pupi. Vi furono concerti di tamburini, di pifferi e il tamburinello di Lentini. PER LA FESTA DI SAN GIOVANNI BATTISTA Novi iorni innanti incominciano a sparare pe 4 giorni 36 maschi, e dopu sino a 50 ed ogni . sera si . faceva la luminaria al Campanaro e ci furono 9 tamburi. La luminaria a cavallo fu di 400 persone in circa di gentiluomini con torce. Vi furono 3 partite di piffare, due partite di Tamburelli, tre concerti di strumenti bassi e il tamburello di Lentini. La matina di la festa uscirono 12 vare, tutti di ligname belle dentro cioè delli vascillari, muratori, carpinteri, mascari, zappunari, li finmini, barberi, custurieri, pastori, conziriati, mircieri e parrini. Vi furono più di 30 torci fra li quali vi n'erano 8 bianchi. Lu TRABICCU di S. Micheli fici li 7 piccati murtali in personaggi in terra. La sira si usciu lu santu di la Matri Chiesa e cu li propri vari. Usciu di più la vita di S. Giovanni Battista supra baiardì. La vigilia nilli vespri cantau Monsignori ecc. ecc. (. ) Tra le usanze già soppresse nel 1925 sono da ricordare: L'USCITA di S. GIOVANNI in penitenza, la sfilata di numerosi croci astili negli accompagnamenti funebri e la festa di S. Michele Arcangelo. In tempi di siccità per implorare dal cielo la pioggia necessaria ai campi, i cittadini animati da fede vivissima organizzavano una imponente processione di penitenza. Il simulacro di S. GIOVANNI spoglio degli ornamenti in oro e argentopreceduto da una lunghissima processione di uomini portanti, in penitenza, una corona di Sermento in testa e una rozza fune al collo, con grande devozione veniva portato per le vie della città mentre da tutti lamentosamente si cantava: " SAN GIOVANNI CHIUVITI CHIUVITI CA LI LAVURI SU MORTI DI SITI E CHIUVITI PI CARITA' MISERICORDIA E PIETA". Altra usanza soppressa negli anni 20 perchè ritenuta contraria ai sacri canoni era quella di far precedere i cortei funebri da una sfilata di numerose croci astili portate dai Sacristi delle varie Chiese. Altra usanza che ricorda le tradizioni pagane e le feste bacchiche è quella collegata all'antica FESTA DI SAN MICHELE (soppressa già a fine 800): ".... alle 5 grande sparo di Mortaretti, scampanio e colpi di tamburo... Il Santo usciva dalla Chiesa infondo al paese dalla parte di ponente, seguito dalla folla. La banda suonava e col Santo usciva pure un S. Michele in carne ed ossa con due diavoli dai calzoni rossi affibbiati, giubbone rosso, mascherone cornuto e relativa coda rossa che scatenavano un vero inferno. La facevano da demoni TURI CARACO e NANNI detto 'u diavulu. E la processione, si muoveva: davanti agli angioletti a due a due poi il S. Michele vivo con un magnifico paio di robuste ali e la spada fiammeggiante che teneva al guinzaglio per due lunghe catene i 2 demoni, poi il Santo portato a spalla dai validi giovinetti del contado e poi la folla di devoti che continuamente facevano scongiuri segnandosi: liberanos domine. Nella Piazza ad un dato cenno i diavoli scappavano infuriatí trascinando le catene, saltando, sgambettando facendo mille smorfie e mille inchini. S. Michele inseguiva per ributtarli nell' inferno. C'era uno scappa scappa generale di donne e di ragazzi. Ora una volta Nanni corse incontro a una contadinetta per farle paura e la malcapitata che era incinta si prese uno spavento tale che abortì. Non è da dire che sulla groppa di Nanni e dei suoi amici le legnate caddero come la grandine (..). Se ne fece un gran parlare e da allora (circa 110 anni orsono) la barbara e comi . causanza fu proibita. Fra le usanze che ancora si conservano è da ricordare la celebre "cugnunta" " che si fa per Pasqua. Nel dì di festa dalla chiesa del Calvario si escono i simulacri di Gesù risorto e di S. GIOVANNI EVANGELISTA e della chiesa di S. AGATA quello della Madonna ammantata in velo bruno. Arrivati in piazza i primi due vengono lasciati all'imboccatura della via S. Maddalena (via Roma) e l'altro alla parte opposta, sulla via del Rosario (att. Via G. Verga). All'ora stabilita, in mezzo alla piazza gremita di folla, l'evangelista, correndo, va in cerca della madonna, e, trovatala le fa un profondo inchino e annunzia, secondo la fantasia popolare, il Cristo risorto. Questa sua ambasciata viene ripetuta per ben tre volte, perché, come immagina il popolino, la Madonna stenta a credere quanto le si annunzia ripetutamente dall' E VANGELISTA. Dopo la terza ambasceria i due simulacri del Gesù risorto e della Madonna partono dai loro posti e si avanzano verso il centro della piazza. Appena si incontrano, dalle spalle della Madonna, cade il manto nero, e mentre la musica parte la folla prorompe in esclamazioni di gioia. La sagra della ricotta La tradizione del lavoro a Vizzini si basa fondamentalmente sull'agricoltura e, data la configurazione geografica del luogo, soprattutto sulla pastorizia. Anche in un recente passato, quando il problema dell'emigrazíone non aveva impoverito di validi cittadini il paese, il prodotto locale era la ricotta rinomata nel circondario e specialmente a Catania. Qui le migliori pasticcerie
preferivano la ricotta di Vizzini per la confezione delle loro specialità e in particolare modo dei "Cannoli Siciliani ".
Anche oggi i prodotti Forte di questo primato, l'Amministrazione Comunale, nel 1971, organizzava la Prima Sagra della ricotta e del formaggio. Su proposta dell'Assessore alla P.I. e turismo, si . varò l'iniziativa che poté concretizzarsi soprattutto per l'entusiastica collaborazione del locale gruppo giovanile, che, nello stesso anno, diede vita anche ai festeggiamenti per il Carnevale vizzinese. La manifestazione richiamò parecchia gente da tutta la provincia. I1progamma della Sagra fu arricchito dalla partecipazione di gruppi folkloristicí. Dopo il felice esito del primo anno, l'iniziativa della Sagra fece intuire l'importanza che essa avrebbe potuto assumere per un effettivo rilancio della produzione locale della ricotta contribuendo al contempo a suscitare nuovi momenti di rilancio commerciale e turistico. Fu per questo che l'esperienza venne ripetuta negli anni successivi, anche se non sempre trovò la collaborazione e l'entusiasmo del primo anno. Ma è negli anni 1978 e 19 79 che la Sagra ha raggiunto il tono di manifestazione a carattere regionale, non solo per la partecipazione di pubblico e di autorità locali, provinciali e regionali ma soprattutto per l'impulso dato dall'organizzazione, entusiastica e oltremodo fattiva, dei componenti della "Pro Loco ". |