
Alle
spalle ha una grande tradizione, antica e nobile e la cui origine risale
ad alcuni secoli prima di Cristo, prima ancora della colonizzazione greca
della Sicilia! Sono i resti di una fornace, scoperta per caso, che hanno
consentito agli studiosi di affermare con sicurezza che la lavorazione
della ceramica di Caltagirone non solo non si è mai arrestata, ma si sempre
di più migliorata, abbellita, sfiorando e cullando persino l'arte. Caltagirone
è per questo città d'arte e ben lo sanno i suoi ceramisti che plasmano
l'argilla, modificano la materia e danno ad essa "compostezza di
significato", di parola e di forma, di messaggio e di cultura. E
il fuoco alita, nel segno impresso e nella traccia incisa da sapienti
mani nei millenni, il soffio epico che narra di una civiltà che nel significante
dell'oggetto si ritrova, si riconosce e dà impulso ad essa per continuare,
rivivendo il passato nel progetto del futuro. Questo futuro, per il forestiero
ignaro della sicilitudine sciasciana, "...s'adagia sulle ultime propaggini
dei Monti Erei, là dove essi si uniscono, attraverso l'ampio altopiano
di Santo Pietro, nel sistema montuoso degli
Iblei" che collegano, quasi idealmente, questa straordinaria città
ad Aretusa, all'Anapo scandito dalle mille infiorescenze del papiro, ma
pure ad i tremori del terreno che una faglia trasmette in questa parte
d'Isola serena, con abulica ferocia ed impeto sinistro. Civiltà montana,
le sue chiese barocche guardano compite pure i torrioni orgogliosi, ma
ormai cadenti, di Ducezio e la vasta pianura fino a Gela, il cui mare
contende a sera il luccichio opposto del vulcano, dell'Etna maestoso e
tormentato. Così questa città s'inorgoglisce e, anche nel suo passato
più recente, si scopre culla del pensiero democratico di Sturzo, nonché
capoluogo di un comprensorio che a lui si richiama nella speranza di essere
eletta sede del Parlamento provinciale. Se viene meno questa vampata di
immaginazione, non si perde però nella città la speranza antica che molti
scrittori hanno cantato e che i ceramisti hanno raccolto e poi traslato
nelle immagini policrome dei vasi, dei pupi e delle suppellettili. E su
questa prospettiva i suoi artigiani lanciarono la sfida, forte per molti
versi e per l'impegno enorme: il rivestimento dei 142 gradini della Scala
Maria SS del Monte con maioliche di pregio! In esse la storia della città
rivive i fasti della ceramica caltagironese con i suoi decori, i suoi
colori, i suoi ornati, i suoi ritratti,
le sue immagini che in ogni alzata variano, come la campagna e il vasto
promontorio dagli Erei e come la fantasia ambiziosa e calda di un artista
innamorato della creazione.
E su quella scala Caltagirone canta il suo passato ma anche l’avvenire
e narra al forestiero di passioni levantine trasportate dai clangori guerrieri
di Ruggero tra i Mori che le graste di basilico ricordano, sui davanzali
barocchi e sui viali.

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