Beni culturali chiese e devozioni popolari Realtà produttive e occupazione La lenta estinzione di arti e mestieri Grammichele, ovvero "U paisi de società"
Un cristallo posto nell'assolata pianura siciliana: questo è Grammichele, straordinario borgo agricolo del principio del '700, costruito secondo una struttura perfettamente esagonale, per ospitare gli abitanti superstiti del vicino centro di Occhiolà distrutto dal catastrofico terremoto dell'undici gennaio 1693. Da oltre due secoli, architetti, urbanisti e nobili dalle idee modernizzatici stavano studiando i modelli della "città ideale": il recupero della cultura classica suggeriva forme elaborate ma regolari, piante complesse ma rigorose. Nascevano progetti di città geometriche con strade parallele o tagliate perpendicolarmente ad angolo retto e fortificazioni anulari ritmate da bastioni a intervalli regolari. Il tutto per inseguire l'ideale classicheggiante della perfezione formale, cui doveva corrispondere l'ordine sociale, in una rinnovata armonia tra l'uomo e la natura. Dovendo ricostruire un paese, il principe Carafa di Butera, appassionato della trattatistica architettonica rinascimentale, decise di tradurre in mattoni il suo ideale di città, aiutato dal frate-architetto Fra Michele Da Ferla e influenzato dal modello della cittadina militare di Palmanova, ideata esattamente un secolo prima. Lo scopo era quello di radunare in un unico insediamento tutta la popolazione agricola della zona, anziché disperderla in piccoli borghi sul territorio. Inoltre, si mirava alla costituzione di una comunità organica, relativamente autonoma e aperta. A tal fine, l'esagono era suscettibile di ampliamenti su cinque lati, mentre nel sesto era prevista la costruzione, mai realizzata, del palazzo del principe Carafa, che aveva deciso di insediarsi in una posizione perimetrale, da dove il palazzo poteva espandersi prospetticamente nella campagna. La pianta esagonale a orditura concentrica, incisa su ardesia dal monaco architetto Fra Michele da Ferla fiduciario del principe, è divisa da tre strade, che si incrociano nella piazza principale, in 6 sestieri dedicati a S.Michele, S. Carlo, Santa Caterina, l'Annunziata, S. Rocco, l'Angelo Custode. Al centro della piazza centrale era stata costruita una croce-meridiana alla quale si doveva poter guardare da ogni punto delle vie radiali e delle sei piazze quadrangolari attorno a cui si snodavano sei borghi: Spirito Santo, Madonna di Valverde, Sant'Anna, San. Giuseppe dove doveva sorgere il Casino del Principe, Calvario, Canali. Questa concezione spaziale verrà banalizzata quando, per consentire una migliore veduta al re Ferdinando Il che doveva fare una visita poi annullata alla cittadina a pianta esagonale, si abbatterà la croce-meridiana che doveva segnare il tempo e convogliare i percorsi in un moto centripeto costituendo il luogo eminente della città costruita sul modello campanellino della Città del Sole, che prevedeva al centro un tempio osservatorio astronomico. L'interesse del paese risiede ancora oggi nella eccezionalità dell'impianto esagonale, con una piazza centrale pure a sei lati, dove sorgono gli edifici principali: la chiesa Madre, tardo esempio barocco (1765), e il Municipio, che è stato ristrutturato nel 1800, quando ha assunto dimensioni sproporzionate rispetto all'insieme originale. L'abitato composto di edifici modesti e omogenei di carattere agricolo, è suddiviso in sei quartieri, che da ciascun lato della piazza principale si estendono a forma di piramide tronca. Nel mezzo di ogni quartiere sta una piazza quadrata, collegata alle altre da una strada che corre ad anello attorno all'esagono.
Trattando delle chiese e delle devozioni popolari di Grammichele non ci si può non riallacciare alla cittadina di Occhiolà distrutta dal terremoto del 1693 e non più ricostruita. Fra le rovine esistono i ruderi di alcune delle chiese: la matrice dedicata a San Nicola nel poggio omonimo nei pressi del castello, le chiese di San Leonardo, dello Spirito Santo e di S. Venera. L'unico edificio attualmente rimasto è l'eremitorio di S. Maria Maggiore del Piano situato a nord-est fuori dell'abitato costruito nei pressi di un tempio pagano dedicato a una dea seduta, la cui statua si conserva presso il museo archeologico di Siracusa. L'eremitorio era abitato da eremiti laici che vi si dedicavano alla preghiera, al lavoro agricolo e all'ospitalità ai viandanti di passaggio. Attualmente il Santuario della Madonna del Piano è con affreschi di stile che oggi potremmo chiamare naif della vita della Madonna all'interno della Chiesa, è una specie di cordone ombelicale che lega i fedeli di Grammichele ai padri di Occhiolà ed è un punto di riferimento importante non solo per Grammichele ma per tutto il Calatino per i pellegrinaggi che vi si svolgono nel mese di settembre e in altri periodi dell'anno. Tra i pellegrinaggi sono caratteristici quelli delle cosiddette "virgineddi", ragazze invitate da famiglie che hanno fatto questo particolare voto per le grazie ricevute, che percorrono la strada a piedi cantando filastrocche in dialetto siciliano e sventolando fazzoletti multicolori. Ad esse dopo il pellegrinaggio votivo viene offerto un pranzo che una volta era a base di fave. 1 festeggiamenti culminano con una suggestiva processione notturna al lume di migliaia di candele che si snoda per la pianura antistante al Santuario l'otto settembre festa della Nascita della Madonna, mentre nella zona circostante si tengono un'importante fiera del bestiame, la sagra della salsiccia ed altre manifestazioni artistiche e folkloristiche tese a recuperare le tradizioni locali e la cultura contadina. Numerosi sano gli edifici sacri e le opere d'arte sia nella fondazione della città, sia nella sua struttura urbanistica che nello scandire del tempo emerge una vita civile ispirata da una visione religiosa e caratterizzata dalla laboriosità dei suoi abitanti in maggior parte contadini ed artigiani. A Grammichele attorno alle prime baracche sorse la prima chiesa intitolata a S. Rocco che si affaccia nell'omonimo largo recentemente ristrutturato. La chiesa "matrice" con la sua maestosa cupola è in stile barocco semplice ed elegante e si affaccia sulla piazza principale recentemente intitolata al fondatore della città. L'interno è a croce latina con tre navate divise da cinque arcate e ornate con stucchi. La costruzione iniziata nel 1724 su un progetto dell'arch. Andrea Amato fu completata nell'ottocento dall'architetto milanese Carlo Sada. All'interno oltre che il fercolo settecentesco con i santi patroni S. Michele e S. Caterina ci sono vari dipinti del '600 e del '700, alcuni dei quali provenienti da Occhiolà. Unita alla chiesa madre c'è quella di S. Leonardo di forma rettangolare con la facciata ancora al rustico che le dà un tocco particolare di antichità. In essa, che è sede della confraternita delle Anime Purganti, è custodito un pregevole Crocifisso in legno a grandezza naturale attribuito a Fra Umile di Petralia Soprana oggetto di venerazione soprattutto durante i venerdì del mese di marzo. Nella stessa chiesa si conservano alcune tele che documentano la devozione locale per alcuni santi molto venerati dai contadini fra cui Sant'Eligio e Sant'Antonio Abate. Un'altra chiesa imponente costruita dal 1720 è quella dello Spirito Santo, sede della confraternita del SS. Sacramento, il cui interno a croce latina è ornato da stucchi artistici dei fratelli Fantuzzi. In essa si conserva un'artistica statua in cartapesta del Cristo alla colonna. Nella chiesa del Calvario si conserva una Deposizione del '700, in quella dell'Immacolata annessa al Convento dei Minori osservanti una Madonna del Vaccaro da Caltagirone, che è autore anche del quadro attualmente venerato nel Santuario della Madonna del Piano. Nella chiesa di S. Anna di stile barocco manierato, oltre una tela della Madonna dell'Itria che ricorda la tradizione bizantina, c'è un medaglione affrescato raffigurante l'Incoronazione di S. Anna, tra le opere più riuscite del pittore palermitano Bernardo Bongiovanni. Altre opere d'arte si conservano nelle chiese di San Giuseppe e di San Raffaele Arcangelo. In questi ultimi decenni sono state costruite le chiese della Madonna di Lourdes e di Gesù Adolescente. Numerose sono le feste religiose che ancora, come in passato, sono ricche di fenomeni di devozione popolare e di solidarietà. Quasi ogni mese c'è una festa religiosa che una volta comprendeva la processione con la banda musicale e gli immancabili fuochi pirotecnici e alcuni giochi campestri. A dare maggiore solennità alle principali feste religiose contribuiscono le due confraternite tuttora esistenti con i loro abiti tradizionali e i grandi stendardi ricamati in oro. L'importanza
delle feste religiose risulta dal fatto che nei secoli scorsi più
di un quarto del bilancio comunale era destinato a queste manifestazioni
assieme religiose e civili. A Durante il Natale in molte chiese oltre che nelle case private viene allestito il presepio che viene ornato con aranci e mandarini tipici prodotti dell'agricoltura locale. Tra le strofe della "Nuvena di Natali" comune anche ad altri paesi c'è ne una legata alla coltivazione degli agrumi che è propria di Grammichele: " E lu poviri jardinaru/non avia chi ci purtari/ci purtau 'na arancitieddu/ 'pi jucari 'u bamminieddu". Da alcuni anni viene organizzato un presepio vivente con la partecipazione di tutte le parrocchie e i gruppi ecclesiali. Una pia devozione diffusa fino a quarant'anni fa si svolgeva ogni giovedì: due ore dopo l'avemaria al suono delle campane della Matrice nelle case si recitava la visita del SS. Sacramento a ricordo dell'istituzione dell'Eucaristia e si metteva un lume acceso fuori dal balcone. Alcune di queste feste rivestono ancora un alto significato di solidarietà. Tra queste soprattutto la festa di S. Giuseppe durante la quale tre poveri (un anziano, un bambino e una ragazza generalmente orfani) rivestiti dei panni dei personaggi della Sacra Famiglia partecipano ad una sacra rappresentazione che si conclude con la lavanda dei piedi e il pranzo in piazza. Segue un'asta di doni il cui ricavato viene devoluto per queste persone bisognose. Fino agli anni sessanta, quando non tutti gli anziani usufruivano della pensione, il vecchio che interpretava S. Giuseppe indossava l'abito del personaggio biblico per tutto l'anno e veniva invitato a pranzo a turno dalle famiglie del paese mentre l'Ente comunale di assistenza provvedeva al suo alloggio e al suo mantenimento. Altri pranzi peri poveri vengono offerti perla festa dell'Annunziata e in onore di S. Arcangelo e della Madonna del Piano. In occasione di alcune feste religiose una parte delle offerte vengono dedicate ad opere di carità.
Un tessuto produttivo di artigianato e piccola industria che riesce a sopperire solo in parte alla crisi occupazionale generale e dell'agricoltura in particolare Grammichele- Paese di 14.500 anime posto quasi ai confini fra le province di Catania e Ragusa, ha avuto da sempre una vocazione agricola ma, da un ventennio a questa parte e forse per la crisi che attraversa questo settore, ha sviluppato una forte imprenditorialità artigianale ed industriale che ha rilanciato l'economia locale. Ad onor del vero, almeno stando alle cifre, l'economia locale non è stata mai in crisi in quanto nei tre istituti di credito presenti in paese e nell'ufficio postale sono depositati 13 miliardi; ciò, se la dice lunga sull' abitudine del grammichelese a risparmiare, fa nutrire seri dubbi sulle capacità imprenditoriali e questa enorme ricchezza è concentrata nelle mani, anzi nelle tasche, di pochi possidenti che intendono tesaurizzare le loro riserve affidandole alla tranquillità dell'investimento finanziario di tipo bancario. Immaginate un po' cosa sarebbe di Grammichele se questa massa di denaro venisse investita in attività produttive. Centinaia di nuovi posti di lavoro e maggior rendita per gli investitori ma, purtroppo così non è perchè nessuna delle tante amministrazioni che si sono succedute al governo della città ha cercato di incoraggiare gli investimenti e, così, al rischio la gente ha preferito la banca. Per fortuna, da un po' di tempo a questa parte, un gruppo di giovani imprenditori, con molto coraggio e sfidando alcuni vecchi tabù, ha invertito la rotta e pur non disponendo di idonei locali (è delittuoso non dotare la città di una adeguata zona artigianale e non recepire le istanze degli imprenditori che vorrebbero ampliare la propria attività) ha intrapreso attività artigianali riuscendo ad imporre nuovi prodotti in importanti e qualificati mercati nazionali ed esteri. Strana e per certi versi particolare la storia di questo paese nato dalle ceneri di un catastrofico terremoto che l'undici gennaio 1693 vide perire fra le macerie quasi metà degli abitanti di Occhiolà. I pochi superstiti, con il determinante aiuto del principe Carlo Maria Carafa, si trasferirono nel più sicuro Poggio delle Porrazze e da lì, il 18 aprile dello stesso anno, disegnarono con l'ausilio di Fra' Michele da Ferla quella che in futuro avrebbe rappresentato il fiore all'occhiello del l'urbanistica pianificata. La città esagonale, come orinai universalmente è riconosciuta, ha trasmesso ai suoi abitanti questa sua poliedricità tanto che Grammichele vanta una classe artigianale di prim'ordine. Piccoli artigiani, formatisi alla scuola di vecchi maestri, o all'estero, esplicano la loro attività con professionalità e capacità tanto da invadere con i propri prodotti mercati nazionali ed esteri al pari dei coloni industriali del Nord Italia e d'Europa. Non è smanceria o vanagloria ma la capacità imprenditoriale dei fratelli Damigella, per l'imported exportdei marmi, graniti e pietre pregiate, la fabbrica dei dischi diamantati Sicildiamond, la costruzione e l'ideazione delle macchine per la lavorazione del manno del cav. Antonino Mantello, sono sinonimo della professionalità e della capacità lavorativa di Grammichele nel mondo. Oltre a queste due imprese industriali operano in città delle ditte artigianali che esportano in tutta l'Italia e ci riferiamo ai serbatoi in acciao inox di Nunzio Cucuzza, alla lavorazione del legno (mobili, infissi, arredamenti per negozi) di ARCA arredi di Attaguile e Corallo, alla costruzione di macchine di alta precisione di Manganaro Giuseppe, alla Sicilcima dei fratelli Fragapane che lavorano, con vera maestria, l'alluminio per la costruzione di infissi, alla computeristica elettronica, alla costruzione di vasche per la refrigerazione del latte ed ai lavori in ferro ed in acciaio di Totò Calì, e la lavorazione del vetro con macchinari di evoluta avanguardia dei fratelli Medico ed ai tanti altri artigiani locali che magari, lavorando in angusti ed insufficienti locali dimostrano come, partendo anche da una piccola realtà di un piccolo paese posto all'estremo sud della penisola si può conquistare uno spazio di mercato impensabile fino a poco tempo fa. Questo piccolo miracolo è quello che mantiene su l'economia paesana ed occupa centinaia di lavoratori, che riesce a sopperire, almeno in parte, alla preoccupante crisi occupazionale in generale e di quella dell' agricoltura in particolare. Eppure, questi artigiani ed industriali, non hanno avuto e non hanno vita facile in quanto, la mancanza di spazi, per loro vitali, li costringe a ridimensionare i propri programmi di espansione, a non assumere ancora manodopera e, quel che è più grave, a rinunziare a tante commesse che significherebbero nuova ricchezza per la città. Sarebbe opportuno che si verificasse in questo campo una salutare inversione di tendenza e si approntassero zone artigianali capaci di soddisfare le esigenze degli imprenditori e di intraprendere iniziative, quali ad esempio le fiere mercato, che costituirebbero un'ottima vetrina di espansione per i prodotti locali ed un ottimo viatico per l'asfittica economia. Ci si augura che presto le forze politiche incoraggino quanti vogliono intraprendere o espandere le attività artigianali perchè questo significherebbe nuovi posti di lavoro e meno giovani che poltriscono nei bar o agli angoli delle piazze e delle strade,Se ciò si verificherà il merito andrà ascritto a chi queste cose ha promosso ed i vantaggi saranno per tutti e magari quelli che oggi sono un peso per la società (i disoccupati) domani diventeranno il presupposto primo perla ricchezza di questa cíttà che, disegnata e voluta dal principe, ha trasmesso ai suoi abitanti questa poliedricità.
A canto a notevoli esempi di tecnologia avanzata che consentono di soddisfare le richieste dell'utenza nei vari campi e settori si assiste, purtroppo, alla scomparsa di arti e mestieri che furono patrimonio dei nostri avi ed hanno costituito fino a non molto tempo fa l'occupazione principale per molti artigiani locali. Scomparsi del tutto i genai, i ciaramitari (fornaciai); sono in via di estinsione i " quadarari (calderai), stagníni, consambrella e scutiddari" che richiamavano stuoli di ragazzini al loro passare per le strade per il loro curioso armamentario che portavano sulle spalle e che gli consentiva di riparare davanti le porte di casa dei cliente i grossi pentoloni per far cuocere i pomodori per il confezionamento della salsa, o gli ombrelli che i contadini usavano portare in campagna per ripararsi dalla pioggia o i grossi tegami in terracotta che servivano per contenere la cena per le famiglie numerose o per far asciugare al sole il condensato di pomodoro che poi diventerà il gustoso e piccante "astrattu", oggi è la volta del ciabattino, del fabbro ferraio, del bastio e dei carrettieri, e, a Grammichele quando non eserciteranno più i vari don Vicinzinu Saltaleggio, Michele De firancisci, Limoli e don Ciccinu Gandolfò, nessuno saprà più come nasceva una scopa, come usare la forgia per fare una falce, un vomero, un coltello o il bastio di una cavalcatura che con gli "annici" che solo i maestri bastai sapevano fare, costituivano l'orgoglio dei carrettieri che nelle ricorrenze solenni bardavano i cavalli ed i carri con i variopinti "panzeri e collari" con i quali sfilavano per le vie del centro. Ricordi dei tempi che furono ma, è un vero peccato che ciò scompaia senza lasciar traccia specie nelle nuove generazioni che, al contrario di noi, non hanno mai conosciuto questi mestieri e visto all'opera questi valenti artigiani che trasformavano in veri capolavori d'arte legno, pietre e metalli. Nessuno saprà come si lavorava la pietra (un valido esempio è ancora Totò Pirrotta che modellala pietra) per farne mensole e stipiti dei balconi che oggi ammiriamo e compriamo a peso d'oro e sarebbe opportuno che l'Amministrazione comunale incoraggiasse i giovani, specie quelli dell'istituto d'arte, ad intraprendere alcuni di questi vecchi mestieri approfittando magari dei pochi artigiani rimasti i quali, magari con modica spesa, potrebbero essere invitati, con corsi serali, a far da guida ai giovani allievi. Sarebbe opportuno infine e con il consenso degli stessi, che venissero filmate alcune delle "operazioni quotidiane" di questi vecchi artigiani che rappresentano gli ultimi esempi di tecniche ormai in estinzione.
Grammichele - 14.500 abitanti, 512 s.l.m. posizione geografica invídiabile inserita naturalmente in un itinerario turistico - Siracusa - Piazza Armerina, un impianto urbanistico unico al mondo (un esempio simile c'è solo a Palmanova) e citato in tutti i testi di urbanistica, un patrimonio archeologico invidiabile, attività commerciali ed artigianali fiorenti eppure Grammichele, stranamente, resta tagliato fuori dal flusso turistico e ciò chiaramente non depone a favore della città che, al contrario, potrebbe trarre grossi vantaggi da un notevole apporto di visitatori. Quali le cause? A sommario avviso dello scrivente la mancata valorizzazione delle risorse esistenti che vede Occhiolà, l'antico borgo distrutto dal terremoto del 1693, in deplorevole abbandono, reperti archeologici giacenti negli scantinati del Museo Orsi di Siracusa, un antiquarium comunale che non riesce ad aprirsi al pubblico, niente sagre e manifestazioni, capaci di attirare il pubblico e nessuna attività promozionale presso i tour-operatours e agenzie di viaggi. Risultato, passano, specie nella buona stagione, pulmann carichi di turisti ma in città neanche una sosta. Eppure, Grammichele, per la suesposte ragioni potrebbe vantare, ed a pieno titolo, un notevole flusso turistico che avrebbe positive ricadute sull'asfittica economia locale, basterebbe soltanto che ]'Amministrazione riservasse maggiore attenzione a tutto ciò che potrebbe attirare i turisti. Vi immaginate un po' se Grammichele cominciasse a portare alla luce i resti di Occhiolà, se rendesse accessibile la necropoli di Ektla, i ritrovamenti archeologici della casa cantomera, se potesse disporre di un museo aperto al pubblico? Se poi accanto a tutto ciò l'istituto d'arte potesse cominciare ad esporre prima e vendere dopo i lavori che le tre sezioni , tessitura, ceramica e legno producono, se le tante botteghe d'arte degli studenti del detto istituto fossero opportunamente pubblicizzate, se i commercianti e gli artigiani locali cominciassero ad abbellire le proprie vetrine e promuovere attività di incentivazione e se i giovani impegnati magari nei progetti di utilità collettiva si rendessero disponibili per diventare guide turistiche, in un sol colpo e senza tante fatiche. Grammichele non solo diventerebbe meta obbligata per quanti vogliono fare un turismo culturale ma, molte attività commerciali ed artigianali, potrebbero trarre da ciò notevoli fonti di guadagno. E allora cosa fare? Invertire la rotta, dimenticare il passato ed iniziare un processo che veda, sinergicamente, tutte le forze in campo e così, l'amministrazione comunale, le associazioni culturali e di categoria, l'istituto d'arte, gli artigiani, i commercianti, i giovani disoccupati, discutere insieme e portare avanti un progetto capace di evidenziare prima e valorizzare dopo ciò che di buono offre la città. Tutto ciò è utopia? No, basta volerlo e ritengo che ciò che sembra impossibile è semplicissimo da realizzare. Quali i vantaggi? Tanti, a cominciare dall'economia che avrebbe positive ripercussioni sull'occupazione.
Con due associazioni che fanno teatro, in paese non c'é neppure un palcoscenico; con tre associazioni sportive non esiste l'ombra della più elementare infrastruttura sportiva; con il tessuto artigianale più ricco e vitale del calatino, si lamenta una disoccupazione giovanile da fare impallidire i paesi più poveri dell'entroterra siciliano. Strano paese Grammichele, a tratti sembra il paese di bengo dì, a tratti un paese dove l'economia mostra il volto segnato da anni di disamministrazione, nonostante la forte iniziativa privata che a chiara voce rivendica il suo ruolo di soggetto attivo per l'economia delpaese stesso. Ruolo ben espresso da Emanuele Corallo, presidente del CNA, che con orgoglio sottolinea la vivacità produttiva della comunità di Grammichele. E
c'è da crederci, visto che ad ogni passo delle ben squadrate vie
del paese spuntano come funghi capannoni. Con 130 aziende associate al
CNA, operanti nel campo della lavorazione dei marmi e n ella produzione
di macchine per la lavorazione degli stessi, Ma Corallo con altrettanta chiarezza mette a nudo le gravi disattenzioni dell'Ente Locale: buio totale in materia di conoscenza del tessuto produttivo, assenza di servizi reali e di infrastrutture, totale assenza di iniziative promozionali.. Contestazioni recepite e condivise dall'assessore allo sviluppo socio-economico Angelo Barone in rappresentanza di un sindaco, Salvatore Canzoniere, dal sorriso sornione di chi sa il fatto suo, e che, finalmente, è messo in condizione di operare, con una giunta costituita da giovani assessori, e che, a quattro mesi dal suo insediamento, mostra di avere le idee chiare su come operare durante i quattro anni del suo mandato. Angelo Barone, con voce pacata ma martellante, snocciola il programma amministrativo: il primo anno dedicato ad "inventarsi gli strumenti operativi e finanziari, gli altri tre anni per realizzare quanto programmato. Piani di recupero, piani regolatori, agenzia per lo sviluppo socio-economico comprensoriale. Con una forte attenzione alla Comunità Europea, sempre più attenta ad interloquire con gli Enti Locali. Agricoltura, artigianato, servizi, realtà giovanile. Senza preamboli Barone traccia il programma della Amministrazione per ognuno di tali settori. Mercato coperto per raccordare la realtà agricola locale con le varie borse merci, agricoltura di qualità, servizi per la promozíone dei prodotti, trasporti per l'agricoltura. Ente fiera e fiera mercato con presenza costante nei vari mercati e, politica del credito e servizi di promozione per l'artigianato. E in tali processi coinvolgere le decine di giovani, e in particolare quelli impegnati in progetti ex articolo 23, per i quali prevede una azione formativa specifica, finalizzata al duplice obiettivo di valorizzarne le professionalità e di consentirne un inserimento produttivo a fine progetti. Con una attenzione particolare alla valorizzazione di quanto di meglio la cultura di Grammichele riesce ad esprimere: artisti come il prof. Gismondo, il pittore Sammartino, tra i tanti, valorizzando l'Istituto reginale d'Arte, vera fucina di giovani talenti. Ad ascoltare Angelo Barone viene spontaneo chiedersi come è possibile che con amministratori simili Grammichele possa ancora soffrire di drammi del non sviluppo socio-economico. Uno dei tanti paradossi di Grammichele.
Accanto
alle canoniche aggregazioni politiche, di categorie e religiose, la
società grammichelese è caratterizzata dalla presenza
di decine e decine di associazioni culturali e ricreative che per buona
parte hanno la loro sede nell'arcinota piazza principale dedicata, dallo
scorso anno, al fondatore della città, il principe Carlo Maria
Carafa che ha spodestato Umberto I° fino al 18 aprile 1993 titolare
della piazza. A dosa si deve questo desiderio dei cittadini di aggregarsi
in tante comunità dove quotidianamente, dopo il lavoro, ci si
riunisce per imbastire dialoghi, discussioni, interminabíli partite
a carte, al biliardo, agli scacchi e a dama? Al fatto che il grammichelese
per natura è portato alla società e al dialogo con tutti
e tanto meglio se si ha un comune interesse. Nella piazza, ovunque il guardo volgi, vedi insegne che indicano il club degli amici, il circolo cacciatori, il circolo degli agricoltori, degli autisti, degli ex emigrati, dello sporting club, di cultura (aperto anche alle donne), cattolico, di mutuo soccorso, dei giovani operai (fra ipiù antichi), poi ci sono le società dei mutilati e degli invalidi di guerra (che si dibatte fra mille difficoltà, economiche perchè i pochi soci, quasi tutti combattenti e mutilati, non riescono a pagare l'affitto della sede e la luce) e la associazioni sportive. Tutti i sodalizi nominati ed i tanti altri esistenti costituiscono il luogo d'incontro di centinaia e centinaia di cittadini ed è uno spettacolo vedere come nelle belle giornate i soci dispongano le sedie nei posti strategici della piazza, davanti alla propria sede per godere del sole o dell'ombra a seconda delle stagioni e delle ore del giorno. In tutte le sedi c'è il giornale che, specie fra gli anziani, viene letto da uno dei soci a voce-alta e commentato dagli astanti con discussioni che durano l'intera giornata ed a volte si protraggono fino all'indomani perchè ognuno vuol dire la propria, la televisione per sentire il comunicato (il telegiornale) e giù altri commenti, e di tavoli dove "u partitu " (i quattro abituali amici) si sfidano a briscola o a scopa, dove la posta in palio è simbolica (spesso il caffè o la bibita) ma che in realtà è la supremazia fondata sull'abilità. Tutti i soci dei circoli pagano la "mesata " e una tariffa fissa per fruìre delle carte, del bigliardo e di tutte le altre dotazioni di cui la sede dispone. Annualmente, a bienni o a trienni si svolgono le elezioni per eleggere le rappresentanze e durante i giorni che precedono le elezione si assiste a vere e proprie battaglie elettorali.
Le principali feste religiose dell'anno scandiscono le varie stagioni dell'anno e risentono del legame ad una cultura prevalentemente contadina dando alla vita quotidiana colore con i vestiti nuovi indossati durante la festa e con la coperte ricamate esposte ai balconi, e gusto. Gusto appunto! Perché le varie feste sono legate a dei cibi e soprattutto a dei dolci particolari. La "cuccia " per S. Lucia, i "cuddureddi" di miele e di vino colto e il torrone per Natale, biscotti particolari per S Biagio, le "sfingi per S. Giuseppe, " l' aucedda'cu lova'' e i "cassateddi di ricotta per Pasqua, il pane benedetto per S. Antonio da Padova e in occasione dei pellegrinaggi all'eremo di S. Arcangelo, i cocomeri per S. Rocco, la salsiccia per la Madonna del Piano. Altri cibi e dolci tipici di cui alcuni con nomi fantasiosi che si usano nelle varie feste sono i "nicatuli ", 'V fungi di pagghia ", le "testi di turcu ", i "tumai " di ricotta, i "piduna " a base di spinaci, i "cudduri " e i "cucciddati "farciti dei prodotti tipici della terra: mandorle, fichi secchi, uva passa, noci, pinoli, frutta candita, scorza d'arancio, "cucuzzata". Gli edifici sacri, le confraternite, il culto dei santi, le pratiche di pietà, le feste religiose con i loro colori, con i suoni e sapori manifestano la "religiosa magnificenza" con cui si esprime la fede popolare, che non è apprendimento teoretico di formule ne'solo magia o superstizione, ma fede incarnata nella vita di ogni giorno e legata alla tradizione dei padri che nasce dai bisogni della vita e trova una sua risposta nel cristianesimo, anche se talvolta non esente da incoerenze e da ipocrisie e spesso si impasta fino talvolta a confondersi con problemi terreni di carattere personale, politico, economico.
A partire dal V sec. a. C in qualche parte della Sicilia, si era costituita una "civiltà " (di cui esiste una copiosa quantità di reperti) formata dalla fusione dei Siculi con i Morgeti, una popolazione culturalmente evoluta che si era stabilita in questo territorio. La Valle dei Margi aveva come centro l'odierna Caltagirone e comprendeva i territori e i centri abitati di Mineo (Menai), Piano Casazze (Neai), Altobrando (Trinakie), e Occhiolà,/Grammichele (Eketla o Makella) con unapopolazione di circa 30. 000 abitanti. Durante il periodo delle invasioni greche, gli abitanti della valle, sotto la guida di Ducezio, resistettero oltre 10 anni prima di soccombere completamente alla colonizzazione ellenica. La civiltà greca, indubbiamente, superiore a quella indigena, non soppiantò del tutto le peculiarità di quest'ultima; si formò così una nuova civiltà mista siculo-greca, denominata siceliota, che i reperti archeologici ci fanno immaginare artisticamente e socialmente sviluppata. Riconosciuto il dominio di Siracusa, queste città godettero di un periodo di pace che diede impulso all'economia agricola e commerciale. Anche Ekleta si dotò di importanti strutture civili testimoniate dal ritrovamento di intere reti di tubazioni in terracotta e altre strutture di servizi urbani di pubblica utilità. Testimonianze archeologiche dimostrano che la città fu distrutta tra il 263 e il 241 a.C. dopo la presa e l'incendio di Siracusa da parte dei Romani, subendo la tipica sorte di quelle città che avevano rifiutato la resa e continuato a lottare. Il sito antico si trova in alta collina ad est di Occhiolà e fu scoperto da Paolo Orsi alla fine dell' 800, recenti scavi però stanno riportando alla luce una città greca arcaica, forse del VI sec. a C., sorta a mezza costa tra la Madonna del Piano e la Valle dei Margi e mettendo in discussione la tradizionale impostazione storico-archeologica dell'Orsi. Solo un progetto di scavo di ampio respiro, potrebbe permettere una più esatta rilettura della storia dell'intero territorio. L'abbondanza dei ritrovamento archeologici, che hanno fatto la fortuna di generazioni di scavatori clandastini e di "tombaroli", indicano che il territorio di Grammichele offre tutte le condizioni per avviare, a lungo termine, un progetto di studio e di sistemazione che abbia come finalità l'istituzione di un importante parco archeologico che rilancerebbe la città dal punto di vista turistico -culturale. L'importanza
del territorio nel periodo medievale è testimoniata oltre che
dai "copiosi " resti di Occhiolà (studiati da G. Gianformaggio
nei primi del '900) anche da ritrovamenti, in contrada Favara (a circa
2 km da Grammichele), di frammenti di maioliche medievali misti a cocciame
di varie epoche (bizantina araba e normanna). L'Archeoclub locale collaborando
con le Sovrintendenze di Siracusa e di Catania, con il sostegno dell'amministrazione,
svolge una continua azione di stimolo per la salvaguardia di quel che
resta di questo patrimonio.
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