Castiglione e Francavilla di Sicilia

Francavilla: agricoltura e ambiente naturale

Dai ruderi del Castello alla archiltettura religiosa

Nuove scoperte archeologiche per ridisegnare la storia

Le Gole dell' Alcantara ed altre curiosità per visitatori attenti

Folklore e tradizione esistono ancora

Vino nocciole e belle donne

Castiglione oggi problemi e prospettive

Le Chiese


Prima che l'Alcantara incontri il mare, s'inabissa per un letto scavato nelle rocce in mezzo agli ultimi rilievi collinari prospicenti la costa dove sorse Naxos prima colonia greca di Sicilia. A questi luoghi, turisticamente noti, fanno da comice due trai più suggestivi comuni della Valle: Castiglione e Francavilla di Sicilia. Vicinissimi ma amministrativamente distanti (in mezzo infatti passa la linea di confine tra la provincia di Catania e quella di Messina), essi pur condividendo problematiche comuni relativamente all'ambiente ed alle risorse naturali, sono caratterizzati da un certo campani lismo.Più ricco del fascino che deriva dalla sua storia e dalla sua monumental ità Castiglione, più inserito in processi di modernizzazione urbana Francavilla.

Entrambi sono corredati da vaste zone collinari e montane (oggi inserite in progetti di Riserva Naturale) dominate da noccioleti, uliveti e vigne. Alla loro potenzialità di sviluppo si adattano benissimo l'agriturismo e il turismo rurale sia per le condizioni ambientali che per la vicinanza con la costa. Finora poco o nullaè stato fatto se si eccettuano un albergo a Francavilla, un progetto di albergo (che dopo aver deturpato una parte del centro storico è rimasto incompiuto) e un campo da golf nel territorio di Castiglione. Abbiamo visitato all'interno del territorio di Francavilla alcuni villaggi costruiti a partire dagli anni trenta dagli enti di Riforma agraria per sviluppare gli insediamenti agricoli, ormai in uno stato di abbandono che confina con la distruzione. Ebbene, se ripristinati (operazione ancora possibile a costi non elevati) essi potrebbero costituire degli importanti poli di sviluppo attraverso forme innovative di turismo rurale ed offrire opportunità occupazionali non indifferenti. Numerosi sono gli scritti dedicati ai comuni della valle dell'Alcantara.

Abbiamo scelto di riportare alcune parti del volume che lo scrittore Federico De Roberto pubblicò per la collana "Italia Artistica" dell' Istituto Italiano di Arti Grafiche di Bergamo nel 1909 dal titolo "Randazzo e la Valle dell'Alcantara", nel quale la ricostruzione storico ambientale è corredata da un notevole apparato fotografico illustrativo,di cui è in gran parte autore, che ci fanno scoprire, oltre allo scrittore, un fotografo di buon livello. Lungo le balze di Randazzo, dove comincia a meritare il nome di fiume, esso scorre per un letto arido, angusto ed ìncassato; ma a poco a poco, accrescìuto dai torrenti che vi si gettano, sì schiude una strada più ampia e maestosa, solca intorno al Mojo una vasta pianura dove la vite, il frumento ed il lino si alternano; precipita poscia e par che ristagni alla Gorga dell'Imperatore, dove la tradizione vuole che Carlo V uccidesse un'anitra; ma si affretta ancora una volta tra Castiglione e Francavilla che ne segnano il bacino centrale.

Qui la bellezza del paesaggio è propriamente singolare. Castiglìone sorge sopra un'enorme rupe, che si sporge, staccandosi dai contrafforti etnei, come un promontorio verso la pianura di Francavilla somigliante per la pompa della vegetazione ad un verde lago. Oltre quelle dei fiume, le copiose acque che sgorgano in questa gran conca da tutte le parti, vi alimentano vasti e folti giardini d'aranci e di limoni, e noccioleti fitti come boschi e fruttuosi come in pochi altri luoghi. Francavilla, in mezzo a tutto questo verde, sembra una città lacustre; il monticello sul quale sorgono le rovine della fortezza, e l'altro ancora più piccolo dove l'antico convento dei Cappuccini è stato trasformato in cimitero, sembrano due isolette. In fondo alla pianura le Madonie si stendono come una cortina, dalle cime dei Polverello e del Castellazzo, per lo Scibbi e le Tre Finaite, fino al la Montagna Grande ed a Monte Pandolfo.

La vista, mirabile dal Castello di Castiglione, è più grandiosa dall'opposto lato dei fiume, dal Belvedere dì Motta Camastra: donde l'Etna par che schiacci la valle, i monti, i contrafforti, torreggiando fumante sul tutto. Ai piedi della rupe castiglionese l'Alcantara passa sotto un ponte e aprendosi la via a furia di cascatelle in mezzo a una gran quantità di massi e di sassi, si lascia sulla sinistra l'antica archiacuta chiesetta di San Nicola, lambisce le falde meridionali dei monticino sul quale sorge il castello di Francavilla, e passa sotto Motta Camastra per la valle del Petrolo e per le gole di Larderia: strettissime, profondissime, serpeggianti gole formate di basalti prismatici che sembrano fasci di enormi verghe lapidee violentemente contorti e spezzati. Fra queste strette e scure pareti le acque scorrenti tacite e lente si tingono di livide tinte, e non occorre molto sforzo di fantasia allo spettatore per credersi trasportato dinanzi a qualche paesaggio dell'inferno dantesco...

... I nomi di questi luoghi ne rivelano un poco la storia. Kaggi serba ancora in parte l'ortografia araba; Calatabiano, se l'ha perduta, dice ancora chiaramente la sua origine: fortezza di Bian. Capitano saraceno. Motta Camastra, derivando dalla radice fenicìa mot - rifugio, abitazione - e da 'Am Ashtart, Kamastrat, che nella stessa lingua vale popolo di Astarte, resta ad attestare una più remota e tenebrosa età, il culto dell'Afrodite orientale. U n'altra etimologia, facendo derivare Camastra dal greco cremastè, sospesa - e il borgo appare infatti appollaìato sulle falde del monte - attesta l'introduzione dell'elemento ellenico, come l'attesta il nome Cremisaportato da una regione limitrofa. Nel nome dei capo Schisò l'elemento ellenico ed il musulmano sono insieme confusi: l'antica voce greca Naxos si trasformò al tempo degli Arabi in quella che ancor oggi si ode ripetere.

Il villaggio dei Moio parla della conquista latina col suo nome di Modium, che gli Arabi più tardi dissero 'Al Mudd, quando tutto il fiume, già chiamato Akesinesdai Greci, fu denominato nella loro lingua Al Quantarah, il ponte. Altri ponti, in Sicilia, si chiamano con voce araba Cantara - uno passa sull'altro gran fiume isolano, il Simeto - ma non perciò il nome della parte si è esteso, come qui, al tutto. Secondo una leggenda popolare, il ponte dell'Alcantara, sotto Calatabiano, fu eretto dal diavolo in una notte. Una tradizione meno fantastica, riferita dal geografo arabo Edrisi, dice che l'opera "di meravigliosa struttura" fu ordinata da un gran Sultano di cui attestò la potenza.

Leggenda e tradizione escluderebbero che i Romani gettassero un gran ponte sull'Akesines, o Acesines, o Asines, all'incrocio con la via da Messina a Lilibeo, denominata Valeria dal nome del console Marco Valerio Messala. Probabilmente, secondo un'ipotesi enunziata dal professor Pietro Rizzo, ai loro tempi il lettto del fiume era più ristretto, ed un solo arco gettatovi sopra bastò a farlo traversare. Quest'arco romano esisterebbe ancora, e sarebbe il terzo di quelli che formano il ponte moderno.

Nella età di mezzo, eroso dalle acque il terreno circostante, il passaggio fu reso malagevole, finché gli Arabi non costrussero il ponte loro, che per essere opera ingente e lungamente desiderata, impressionò la fantasia delle popolazioni del territorio, in modo tale che ne nacquero la leggenda e la sineddoche: Al Quantarah, Alcantara, il Ponte, fu detto tutto il fiume sul quale si vide gettato il gran ponte. E Sicani, e Sicoli, e Greci, e Cartaginesi, e Siracusaní, e Mamertini, e Bizantini, e Arabi, eNormanni, e Spagnuoli, e Francesi, e Tedeschi ne insanguinarono le acque e se ne contesero la valle.

In posizione quasi centrale nella Valle Alcantara, nonché n'spetto ai parchi naturali dei Nebrodi e dell'Etna, il territorio di Francavilla di Sicilia è ricco di attrattive storiche e paesaggistiche.

I territorio comunale, esteso per circa 8.200 ettari, presenta due classi altimetriche prevalenti, quella collinare (alta e bassa collina) e quella montana: partendo, infatti da una quota minima 250 metri s. I. m. arriva fino a 1.300 metri, mentre l'abitato si trova in media a circa 300 metri. La presenza, in tutta- la Valle, di antiche testimonianze storiche, le caratteristiche altimetriche e del contesto idrogeologico, riferendosi soprattutto al bacino dell'Alcantara di cui fa parte il territorio comunale, rendono questo Comune ricco di attrattive storico-paesaggistiche, per cui sicuramente non lascerà deluso anche il visitatore più esigente.

A questo proposito è utile ricordare che tutta la Valle è inserita nel progetto della Riserva Naturale e che il Comune di Francavilla si trova in una posizione centrale rispetto ad altri due parchi naturali: quello dei Nebrodi e quello dell'Etna. Dal punto di vista agricolo questo territorio si può dividere in tre zone a seconda dell'altitudine e del tipo di terreno presente. La zona montana comprende i terreni che vanno da un'altitudine compresa fra i 1.300 metri e gli 800 metri, dove è presente il pascolo, il seminativo e sporadici impianti di uliveti e di noccioleti.

La zona di alta collina è compresa tra gli 800 metri e i 400 metri ed in essa si trovano ampiamente rappresentati l'ulivo e la vite. La zona valliva, compresa fra i 400 metri e i 250 metri, è caratterizzata dall'agrumeto e dalle colture ortalizie in genere, sia in coltura specializzata che in coltura promiscua con gli agrumi. Poco rappresentati sono gli impianti di frutteti specializzati, essendo la frutti coltura di questo territorio caratterizzata dalla consociazione con gli agrumi. Degni di notasono i prodotti ottenuti da alcune delle colture suddette, con particolare riferimento al vino locale, ricavato da varietà di uve nere e soprattutto dal "Nerello Mascalese"con metodi ancora tradizionali di pigiatura e di maturazione in botti di legno.

Gli stessi metodi vengono usati nella produzione dell'olio, ottenuto dalla spremitura di olive delle varietà "S. Benedetto", Nocellara Etnea" e "Randazzese": ottimo per le qualità organolettiche e per la leggerezza, si presta a tutti gli usi ma è particolarmente apprezzabile a crudo. Diffusa è ancora la conservazione delle olive in salamoia. Particolare rilievo rivestono le colture ortalizie, essendo queste, con la crisi che investe l'agrumicoltura sia in campo locale che nazionale, ormai diventate fonte di reddito primario per tutte le famiglie contadine di Francavilla; l'elevata vocazionalità del terreno e la presenza di acqua consentono un'alta intensità colturale con ottime produzioni sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.

Gli ortaggi vengono principalmente venduti dal produttore, direttamente, nei mercati di Catania, Messina, Giarre ed ultimamente anche al minuto, in azienda, soprattutto se ricadente lungo S.S. 185, con reciproci, conseguenti vantaggi: economico per l'imprenditore-coltivatore, in termini di freschezza e genuinità del prodotto per il consumatore. Le colture maggiormente diffuse sono: il cavolfiore, il cavolo, il finocchio, la lattuga, la zucca, il cetriolo, il pomodoro, la melanzana, la cipolla e l'aglio. Per quanto riguarda l'agrumicoltura, la specie più rappresentativa è l'arancio con le varietà: Tarocco, e in misura minore, Moro, Biondo e Sanguinello. Queste varietà non trovano più riscontro nel mercato sia da un punto di vista organolettico che qualitativo, pertanto negli ultimi anni stanno man mano lasciando spazio a qualche impianto di Navelina e Valencia Late.

Distribuite sui fondi soprattutto in consociazione con gli agrumi si trovano delle piante da frutto quali: il nespolo (Eriobotrya Japonica), il fico, il susino, il fico d'india e il pero. Il pesco si trova anche in coltura specializzata. La vegetazione autoctona, negli ambienti naturali prevalenti, è data da alcune forme forestali dell'area mediterranea, da diverse formazioni erbacee xerofile ed eliofile e dalla vegetazione tipica degli ambienti fluviali. Le specie forestali più rappresentative sono: la quercia (Quercus Robur), la roverella (Quercus Pubescens) e il mandorlo (Prunus Communis).

Come specie minori, insieme alle essenze boschive, troviamo: il Carpino Nero, il Ligustro, la Coronilla, l'Helleborus Niger, il Prunus Spinosa, il Biancospino, il Cotoneaster Tormentosae C. Vulgaris, il Viburno; sono inoltre daricordare le specie proprie da rimboschimento: l'abete (Picea Excelsa), il pino (nelle varietà Pinus Nigra, P. Pinea e P. Halepensis), il castagno (CastaneaSativa), l'eucalipto (Eucalyptus Globulus), ecc. Tali ampi e vari aspetti floristici rendono questo territorio molto interessante dal punto di vista naturalistico: la presenza in epoche non molto remote del l'uomo in queste aree oggi non più appetibi li ai fini della produzione agraria, ha lasciato da un lato forme di degradazione degli ambienti naturali quali la "macchia" e la "gariga" in seguito ai disboscamenti, ad incendi ed all' uso dei pascoli, dal l'altro una fitta rete di sentieri che, opportunamente segnati e ripristinati, interessando l'intero territorio, possono favorire la fruizione di un turismo di tipo ambientale.

Allo scopo è utile ricordare che una cooperativa giovanile sta attuando la segnatura di due sentieri: il primo da Piazza Annunziata porta alle rovine dei Castello, l'altro dal fiume Zavianni porta alla c/da "Bandino". Particolari aspetti floristici assume in tutta la zona la macchia, insieme di essenze vegetali, con la prevalenza di latifoglie arboree ed arbustive, nella quale alla quercia e al mandorlo si affiancano il lentisco, l'euforbia, lo smilace, il mirto, le eriche, la ginestra, l'asparago, l'edera, la pervinca, con un inaspettato impatto cromatico. Anche ai lati dei torrenti e del fiume Alcantara popolazioni vegetali igrofile, formate da salici, da platani, da sambuchi, da pioppi (soprattutto il pioppo nero) e da oleandri, da tamerici e da rovi offrono al visitatore uno spettacolo quasi selvatico. Inoltre, inseriti in questo contesto troviamo alcuni villaggi costruiti in passato per favorire l'insediamento agricolo nei terreni montani, dei quali Borgo Schisina è il più grande e panoramico, che, opportunamente ristrutturati e valorizzati, potrebbero essere sfruttati ai fini agrituristici.

Numerose sono le testimonianze del passato esistenti nel territorio di Francavilla grazie anche alla presenza sin dai tempi più antichi di diversi ordini religiosi.

Convento e chiesa dei benedettini. Il Convento è del secolo XVI (1570), fatto edificare dal Visconte Antonio Balsamo e arricchito successivamente dalla munificenza dei Ruffo. Sul colle preesisteva una Chiesa intitolata a S. Maria delle Preci che, in seguito alla costruzione del Convento, fu in parte demolita e in parte incorporata nel Convento stesso, assumendo funzione di cappella funeraria per la famiglia del Visconte. E' rimasto nella sua forma originaria con le finestre delle celle a "bocca di forno" e secondo le indicazioni delle più antiche costruzioni cappuccine. Gli stipiti delle finestre e delle porte sono in pietra arenaria.

Si visitano i locali della cucina con il forno e la vera di acqua della sottostante cisterna, il refettorio, nei cui locali è stato allestito un piccolo museo etnografico. Nel 1600 si costruì il piano rialzato e nel riposo della scala venne dipinto un affresco: angelo custode al naturale che possiamo attribuire a frà Feliciano Guarcena da Messina. Dal Convento si accede alla Chiesa ricca di opere d'arte. L'altare maggiore la cui macchinetta è in legno, imitazione marmo, dei 1600, in alto un dipinto raffigurante il Padre Eterno creatore del mondo, ai lati tele raffiguranti S. Barbarae S. Lucia sempre del 1600, al centro statua lignea dell'Immacolata, alta più di 2,50 metri, del 1700, altare e paliotto in legno di noce, squisita fattura di Giuseppe Torrisi di Catania,nel paliotto un S. Francesco a mezzo tondo, sorretto da quattro angeli.

Il Tabernacolo in legno di noce lavorato nei più minuti particolari, opera presti giosa di Frà Felice Costanzo da Bronte, vissuto tra il 1600 ed il 1700, concepito quasi un'architettura barocca, con colonnine dai capitelli corinzi, arricchito da sculture raffiguranti, in alto, S. Antonio da Padova con in braccio il Bambino vestito come nobile spagnolo, al centro la Madonna, in basso un pellicano che si squarcia il petto, sìmbolo del Cristo. Dalla Chiesa si accede alla piccola pinacoteca dove sono esposti: tavola sec. XVII raffigurante S. Francesco che riceve le stimmate, opera dipinta a più mani, tela sec. XVII raffigurante santi Cappuccini, tela sec. XVII raffigurante Annunciazione, tela sec. XVII raffigurante Ecce Homo, opera di Frà Sebastiano da Gratteri, pala d'altare sec. XVII raffigurante Madonna con Bambino e angeli, opera dipinta a due mani, tela sec. XVIII raffigurante Cristo al Calvario, due piccole tele raffiguranti S. Giuseppe e Immacolata.

Sul fianco sinistro della Chiesa si apre la cappella gentilizia dei Ruffo, soggetta recentemente a lavori di trasformazione tra cui l'asportazione di due lapidi funerarie del 1725, adesso allocate nel giardino d'ingresso. La cappella reca un'altare riccamente decorato ad intarsi, opera del 1848 di Frà Mariano Tati da Francavilla, sopra l'altare, fra due reliquari in legno dipinto a mò' di marmo, è in una macchinetta lignea tela della seconda metà dei sec. XVI raffigurante Madonna in Trono con Bambino e angeli, ai lati della cappella sono due bracci di balaustre con annessi confessioni li lavorati ad intarsio del sec. XVII. La Sacrestia è il capolavoro di Frà Mariano Tatì da Francavilla.

Architettonicamente perfetta, rifinita nei più minuti particolari (1859). Chiesa dello Spirito Santo. Cappelletta dei primi decenni del sec. XVI ampliata nella seconda metà dello stesso secolo con l'aggiunta di due navate laterali. Nel prospetto si apre il portale maggiore ogivale archivoltato e il portalino architravato su mensoline sagomate, si conserva pure il portone di legno. All'interno si può ancora osservare la pavimentazione in cotto a tessere esagonali irregolari (fine sec. XVI). Chiesa di San Paolo. Riedificata nel sec. XVII. Sul fianco sinistro laterale è visibile un preesistente arco ogivale probabilmente del sec. XVI. Particolare valore artistico ha l' orologio che è in cima alla chiesa, opera di Mariano Tatì da Francavilla.

La piazzetta antistante è ornata da un'antica fontana della seconda metà del '500 di buona mano di influenza toscana; è composta da una vasca quadrilobe in cui domina una figura muliebre che rappresenta Francavi Ila, al di sotto quattro piccoli Tritoni. Chiesa dell'Annunziata. Rimaneggiata più volte. Tra gli elementi cinquecenteschi in prospetto sono alcune parti del poi-tale maggiore quali le colonne scanalate su alto plinto, il portale laterale con arco a tutto sesto archivoltato e architravato su mensoline (nell'architrave è inciso l'anno 1550), l'edicola a nicchia posta lateralmente nella prossimità dell'angolo.

All'interno l'edificio è atre navate, con cinque intercolumni per lato e transetto. Vi si conservano sul fianco destro: tela sec. XVIII raffigurante San Nicola in Cattedra, statua lignea sec. XVII di San Francesco di Paola, tela sec. XVII raffigurante Gesù in croce e anime purganti; nel transetto sono statua lignea sec. XVIII di SantaBarbara, tela raffigurante l'Annunciazione (1909), opera di S. Mandarelli, a fianco custodia marmorea lavorata a bassorilievo opera del 1564 di scultore di influenza toscana; l'altare maggiore è bella opera marmorea secentesca ad intarsi policromi con porticina del tabernacolo in lamina argentea lavorata a sbalzo (sec. XVII); coro ligneo sec. XVIII ad intarsi; tela sec. XVIII raffigurante Madonna della Luce o del Soccorso.

Chiesa del Carmine. E' dei secolo XVII, dal prospetto di gusto neoclassico, reca poste su un alto plinto, quattro colonne con capiltelli corinzi, sopradi essi l'architrave sormontato da un timpano triangolare, il portale è incassato in un'arcata ad inquadramento. Chiesa Matrice. Costruita alle falde del Castello nel quartiere "Contarado" il più vecchio del centro storico. Nel prospetto principale è un portale in pietra arenaria ad arcata ogivale eseguito da esperta maestranza locale.

Sugli stipiti in fine bassorilievo sono raffigurati due tralci di vite con foglie, cirri e grappoli d'uva che sorgono da due vasi baccellati e salgono fino all'architrave sostenuti da due mensolette sagomate che al centro porta scolpito il Triregno Pontificale con le chiavi incrociate e la data "Die XX Undecime indis MCCCCLXXXXIII" (20 Aprile 1493). La fascia ornamentale degli stipiti è incorniciata da quattro colonnine sormontate da capitelli. Soprastante al l'ogiva del l'arco, trovasi un rosone diviso in otto comparti radiali delimitati da otto colonnine convergenti al centro.

All'interno vi sono tre absidi, in quella centrale sorge l'altare maggiore in marmo bianco, con artistico tabernacolo di scuola gaginesca, con porticina fiancheggiata da due angeli inginocchiati a mani giunte; in quella di destra vi è la cappella del Crocifisso; in quella di sinistra, sull'altare vi è un dipinto ad olio, di antica fattura dedicato all'Assunzione in cielo di Maria Vergine, pregevole per l'armoniosa vivezza dei colori e per la proporzione delle sue parti. Sugli altari della navata vi sono statue in legno, di cui pregevole è quella di S. Antonio Abate proveniente dal Castello Feudale.

Sul lato destro esterno, nel 1852, (su progetto dell'Architetto Don Leone Savoia) è stato costruito il campanile opera monumentale con la base in pietra lavica, i due piani sovrastanti e la cella campanaria coperta da cupola, intercalati con elementi di pietra arenaria dura e finestre ovali al centro. Casetta Contarado. Edificio di pregio architettonico costruito intorno alla prima metà del secolo XV, per qualche ricca famiglia, alla sommità della contrada Contarado. Reca nel prospetto un portale ad arcata ogivale archivoltata ed al piano superiore una coppia di finestre con archi a tutto sesto, archivoltate definite e riunite da conci lapidei squadrati. Palazzo Cagnone. Risale al secolo XVI, nel prospetto reca un portale ad arco acuto, due a tutto sesto e finestre rettangolari in arenaria.

Le origini di Francavilla sino a qualche decennio orsono venivano fatte risalire all'epoca medievale quando, intorno al XII sec., sorgeva il castello feudale, edificato su di un colle isolato posto al centro della confluenza dei tre corsi d'acqua, S Paolo, Zavianni ed Alcantara. Tuttalpíù veniva accreditata un'origine extraurbana, solo di qualche decennio antecedente, nei pressi del monastero basiliano di S. Salvatore di Placa non distante dall'attuale centro di Francavilla. Tali semplicistiche deduzioni si basavano sulla frettolosa datazione di quelle che sembravano le sue testimonianze storiche più antiche presenti nel territorio. D'altro canto la non conservazione della "memoria storica ", caratteristica comune nei centri del meridione operata con sistematica distruzione del patrimonio storico-artistico, architettonico ed archivistico, ha determinato una carenza pressoché totale di fonti da cui attingere preziose informazioni.

Ma recenti campagne di scavo effettuate nel centro urbano di Francavilla, di cui alcune ancora in corso, adopera della Soprintendenza Archeologica di Siracusa e Messina hanno dato alla luce notevolissimo materiale archeologico, ora custodito in una sezione dedicata nel museo "Paolo Orsi " di Siracusa, e, recentemente, resti di un tessuto urbano databile intorno al VI/V sec. a. C. di cui non si conosce ancora il nome sovrapposto a stratificazioni più antiche, La materia è ancora allo studio degli specialisti quindi negli anni a venire è lecito aspettarsi quegli interessanti sviluppi che, forse, riusciranno a chiarire la questione delle origini.

Nell'attesa, riferendoci alla storia certa possiamo dire che il nome Francavilla nasce in epoca medievale dal suo "status " di terra demaniale e dall'essere dunque 'franca", libera cioè dal pagamento di tasse e balzelli. Infatti, fino al 1535, anno in cui Antonio Balsamo la acquista con il titolo di Visconte in feudo dall'Imperatore Carlo V la città era riuscita, pur se con alterne vicende, per lunghi periodi a scongiurare il giogo baronale e a far valere le antiche "consuetudines " ed i privilegi ad essa concessi e sempre riconfermati dai regnanti sin dall'epoca della conquista Normanna. Con Antonio Balsamo e soprattutto col nipote Jacopo Ruffo Francavilla raggiunge il proprio splendore. Si costruiscono chiese, si ampliano vie, si adorna di statue e si arricchisce di abbeveratoi. Jacopo Ruffo fu veramente l'uomo illuminato dei suo tempi.

Seppe guardare lontano ed il testamento che lasciò è un documento della sua lungimiranza. Con il fratello Carlo Ruffo, confermalo Visconte nel 1674, e con le mutate condizioni politiche, Francavilla conosce un periodo di stasi nello sviluppo. Gli Oneto che, in seguito, la comprarono e se la tramandarono sino al Mortillaro, non seppero eguagliare lo splendore dei Ruffo. Celebre la battaglia che si combatté sui campì di Francavilla, il 21 giugno 1719, tra Spagnoli e Austriaci. Migliaia furono i morti, più di 400 ì feriti.

La Sicilia cambia padrone; dalla Spagna va all'Austria che la dona a Vittorio Amedeo di Savoia, che la baratta, a sua volta, con la Sardegna. Numerose sono le testimonianze del passato presenti nel territorio di Francavilla a partire dai ruderi, che versano in stato di abbandono, del già citato monastero basiliano di S, Salvatore di Placa fondato da San Cremete per concessione del Gran Conte Ruggero, una delle istituzioni monastiche più importanti del Valdemone, che operando "sui iuris " per oltre 500 anni fu potente grazie ai privilegi ricevuti. Ma a Francavilla vi erano anche altri ordini religiosi oltre i basiliani: gli Agostiniani, di cui non sì conserva più né il convento né la chiesa, i Cappuccini, i Carmelitani e le Clarisse, la cui Badia è oggi la sede del Comune.

E' molto interessante addentrarsi tra i vicoli del paese, alcuni dei quali caratteristici per le rare ed intatte immagini che offrono: antichi quartieri concepiti dall'aggregazione del tipo edilizio tradizionale del luogo, cioè quello della casa a schiera con piano terra adibito a stalla e collegato da scala esterna in muratura, il primo piano ad abitazione, servito da un ballatoio ricco di vasi traboccanti di gerani d'ogni colore; dove le v i uzze s i allargano fino a formare delle corti, in qualche quartiere, si possono trovare antichi palazzi come quello settecentesco dei Prescimone, il seicentesco degli Sgroi, il cinquecentesco dei Cagnone; ancora, proseguendo la passeggiata, sul lato est, ai piedi del Castello si incontra una delle zone paesaggistiche più belle offerte dal fiume Alcantara, che qui si articola in piccole cascate, che anticipano quasi la maestosa bellezza delle vicine Gole (raggiungibili su strada a 5 km).

Agli amanti delle vette il territorio offre la possibilità di suggestive passeggiate ecologiche sul monte Mandrazzi, sulle cui falde è curato un folto bosco di conifere e latifoglie. Agli amanti della buona cucina invece, segnaliamo uno dei piatti tipici più gustosi: maccheroni casarecci al sugo, quest'ultimo preparato, in pentoloni di terracotta, secondo una tradizionale ricetta, con pezzi di carne, cute di maiale e salsa di pomidoro aromatizzata da foglie di alloro, messi al fuoco per una intera mattinata. Un' appuntamento importante della settimana è il venerdì mattina, nella zona che comprende Via della Libertà, Via Frà Cremente e Via Gramsci, con il mercato che richiama motti acquirenti dai paesi limitrofi.

RICORRENZE SACRE: Da ricordare la Sacra Rappresentazione del Venerdì Santo che trae origine da una prima embrionale manifestazione di fanciulli ideata verso il 1790 dal sacerdote Don Antonio Silvestro, le scene rimasero a lungo molto semplici, finché nel 1865 il Sac. Don Gaetano Calabrese decise di imbastire e completare i quadri seguendo fedelmente la narrazione del Vangelo, dall'ingresso di Gesù in Gerusalemme fino alla Crocifissione.

La rappresentazione in un primo tempo veniva effettuata ogni sette anni ed in seguito ogni quattro. Dopo un'interruzione di venticinque anni nel 1985 si è ritenuto opportuno riprendere la antica tradizione. Il Venerdì Santo lungo le vie del paese sfila un corteo costituito dall'insieme di venti scene. Alla cura della Sacra Rappresentazione partecipa con fervore tutta la popolazione sia nell'allestimento delle scene sia nell'interpretazione dei ruoli. I Santi Patroni di Francavilla sono S. Euplio e S, Barbara, sono festeggiati rispettivamente l'ultima domenica di Agosto ed il 4 Dicembre.

Durante i festeggiamenti, che si protraggono per una settimana, nei Pressi del campo sportivo si organizza una caratteristica fiera del bestiame. Mollo suggestiva è la processione per le vie del paese, in onore del Santo, alla quale partecipa devotamente tutta la popolazione. Sono molto sentite anche le ricorrenze del "Crocifisso", del "Corpus Domini ", e dell' "Addolorata".

IL CARNEVALE: A merito considerato "il più bel Carnevale della Valle dell'Alcantara ", si svolge per pìù di una settimana con giochi, burle di ogni genere e balli in maschera per le vie del paese. Allietano le serate durante t cosiddetti "Veglioni", gruppi musicali locali con tarantelle siciliane e la tradizionale ed originale "Fasuledda", che coinvolge la folla in una vorticosa danza che rappresenta il culmine della serata. Molto caratteristica e particolarmente farsesca è la serata conclusiva, durante la quale sì svolge "a cianciuta du re Carnalivari " su di un carro seguito da piagnoni e da gruppi in maschera che sfilano.

A Castigghiuni su li fimmini beddi ca notti e ghiomu scaccianu nuciddi

I turista, che si avventura nella valle dell'Alcantara e per caso o volontariamente si spinge fino a Castiglione, rimane entusiasta di questo splendido paese, posto su una collina, tra boschi di castagni e noccioleti, quasi non intaccato dalla speculazione edilizia, tanto che qualcuno l'ha definito una l'una bomboniera". Vino e nocciole. Nocciole e vino. Castiglione, come tanti altri paesi siciliani, vive di agricoltura. Il vino ha una lunga tradizione di qualità e la cantina sociale Torrepalino di Solicchiata produce un Doc. che esporta in tutto il mondo. In questo settore c'è un continuo mutamento di usanze, tradizioni e tecniche: a vigneti coltivati ad alberello si sostituiscono impianti modernissirni. Intanto i vecchi palmenti, i vecchi torchi in legno ('a chianca) e le vecchie botti di castagno o rovere vengono abbandonati.

Accanto all'agricoltura fiorente è l'artigianato. Il punto ago è nello stesso tempo l'orgoglio e la passione di ogni donna castiglionese. Dalle sue mirabili mani escono lavori bellissimi: arazzi, coperte, lenzuola, tovaglie, ricami che sembrano ispirarsi alle guglie dei campanili o alle decorazioni delle splendide chiese. Si tratta di manufatti, frutto di un innato senso artistico affiancato ad una pazienza certosina, che impegnano per mesi, se non per anni. Il territorio comunale è molto esteso e perciò offre una grande varietà paesaggistica: dall'Etna, che domina l'intera Sicilia orientale, ai boschi che ornano le basse falde del vulcano, dalle grotte a scorrimento lavico alle profonde e lunghissime gole dei fiume Alcantara: scenario incantevole che nello stesso tempo incute paura e riverenza.

Perfettamente integrato con l'ambiente e anche il campo da golf a 18 buche' II Picciolò, sorto negli ultimi anni nella zona del "Parco dell' Etna", nei pressi di Rovitello. I Fratelli Leonardi di Acireale hanno trasformato un infruttuoso terreno in un complesso di colline coperte da prati frammezzati da chiazze di bosco (querce, bagolari, noccioli. Ma Castiglione non è solo bellezze naturali e tradizionali, Castiglione e soprattutto storia. Scavi archeologicí fatti da recente in una grotta in contrada San Nicola, numerosi sporadici rinvenimenti e le grotte di Orgale e del Castello, dimostrano che il territorio era popolato già dal Neolitico. Le origini della città sì perdono perciò nella notte dei tempi, anche se numerosi studiosi hanno fissato la sua fondazione al 403 a.C. quando i Nassi, sconfitti da Dionisio di Siracusa, risalirono l'Alcantara, l'Akesine dei greci.

Nella tarda epoca greca, comunque e in epoca romana sembra che gli abitanti si siano trasferiti in pianura, come confermano alcuni cocci casualmente reperiti. Palese testimonianza invece del dominio bizantino è il tempietto rustico a croce greca di S.. Domenica, detto Cuba, risalente al VIII - IX secolo e diviso in tre navate, di cui la centrale è soprattutto da una cupola. L'attuale struttura urbana di Castiglione e di chiara origine medievale (sec. XII). Il nome deriva dal latino medievale 'castellum', in seguito volgarizzato in 'Castellone'. Furono i Normanni a costruire sulle impervie rocce un castello, ingrandito man mano con una serie di fortezze.

Per la città fu questo un periodo florido tanto che Federico II di Svezia le concesse nel 1233 l'appellativo di Civitas "Animosa" e le confermò il privilegio di battere moneta. In seguito Ruggero di Lauria, ammiraglio al servizio degli aragonesi, la scelse come residenza estiva, ma quando nel 1297 passò dalla parte di Giacomo d'Aragona contro il legittimo crede, vi si trincerò, venne assediato e quindi sconfitto dal futuro re di Sicilia, Federico. Nel 1373, Castiglione perse la caratteristica di città demaniale e venne concessa in baronia a Pirrone Gioeni e d'allora inesorabilmente si avviò verso una lenta decadenza, finché nel 1612 attraverso l'orgoglio e l' intraprendenza dei suoi cittadini insofferenti al dominio feudale ed alla conseguente sottomissione giuridica, pagando un riscatto di 4.150 onze riacquistò le sue libertà civiche, attraverso il riscatto dei "mero e misto impero" (cioè il diritto da parte dei Baroni di esercitare la giurisdizione civile e criminale).

La maggiore libertà permise la formazione di una borghesia terriera e un apprezzabile sviluppo urbanistico, come attestano alcuni palazzi sparsi lungo la via Regina Margherita, in piazza Lauria e in piazza S. Antonio. Nel 1860 viva fu la partecipazione alla causa dell'unità d'Italia. Si aspettava anche qui da parte dei contadini una divisione delle terre. Sorsero vari tumulti, un manifestante venne ucciso e Nino Bixio ordinò al maggiore Dezza: "Vi dò piena facoltà arrestate e tenete prigionieri i rivoltosi". Grande fu il tributo di sangue offerto dei castiglionesi durante la grande guerra, ma ancora più grande fu durante l'ultima, quando il 12 agosto 1943 qui si perpetrò la prima strage nazista, avendo i tedeschi massacrato 16 inermi cittadini, mentre altri 200 circa vennero presi in ostaggio.

La superficie del territorio comunale si estende per 12036 ettari, distribuiti rispetto al livello del mare su altezze diverse, che vanno da un minimo di 62 metri nei pressi di Calatabiano al massimo di 3323 metri, dei cratere centrale dell'Etna. In questo ampio territorio sono dislocate sette frazioni, che distano tra di loro parecchi chilometri, le falde del vulcano sono rivestite da boschi di pini e castagni. Il vigneto, occupa buona parte del territorio agricolo; dopo un periodo di lento degrado c'è una certa ripresa produttiva.

Il prodotto stenta comunque ad inserirsi in un circuito commerciale, anche se attive sono alcune cantine sociali. Il noccioleto, che nel corso dei secoli non ha subito variazioni di coltivazione, benché sia uno dei prodotti base dell'economia del comune, si trova in gravi difficoltà, perchè come altri settori, forse più degli altri, è stato coinvolto dalla crisi agricola. L'uliveto in rapida espansione è dislocato soprattutto nella parte media del comune, ma non esiste al riguardo una commercializzazione razionale.

L'agrumeto,che si estende nella parte più bassa, ha impianti moderni e buone rese produttive, ma la crisi agrumicola non per questo l'ha lasciato fuori. Causa di un certo deterioramento dell'agricoltura è forse l'eccessivo frazionamento della proprietà. Lo dimostra il fatto che le grandi estensioni di terreno vengono più facilmente bonificate e migliorate: e sono in grado di produrre meglio e di più. Gli addetti all'artigianato diminuiscono progressivamente. Alcune aziende artigianali, o piccole industrie, sono sorte a Solicchiata o a Castiglione (plastica, radiatori, abbigliamento).

Pur esistendo diverse attività commerciali, che coprono tutto il territorio comunale comprese le frazioni, questo settore è in crisi. Non esistono grossi negozi e non esiste un supermercato, tanto che spesso la gente è costretta a fare le grosse spese, sia alimentari che di abbigliamento, nei paesi vicini. I negozi legati al l'edilizia hanno un maggiore giro d'affari, dato che questo settore negli ultimi anni si è maggiormente sviluppato. In generale le varie aziende che operano in questo campo, sono piuttosto marginali in un sistema economico estremamente fragile.

Di contro la lavorazione della carta, della plastica, di accessori per auto (radiatori), della stoffa rappresentano delle interessanti realtà a cavallo tra la piccola industria e l'artigianato che hanno creato un discreto numero di posti di lavoro. La lavorazione della plastica e della carta comunque sono alla ricerca di sempre nuovi mercati. Vi sono circa una decina di servizi di patronato sindacale, sia al centro sia nelle frazioni più grosse. Questo permette in tal senso di servire, bene o male, quasi tutta la popolazione. Ma esistono pochissimi studi professionali (un commercialista, due studi tecnici, un'agenzia turistica). Il problema maggiore resta quello occupazionale determinato dalla crisi agricola con la conseguente diffusione di logiche e mentalità assistenzialistiche. La principale risorsa potrebbe essere quella turistica da affiancare all'artigianato e alla rimodernizzazione del l'agricoltura. I beni ambientali fruibili sono numerosi.

Tra quelli naturali, oltre l'Etna, i suoi percorsi e le sue grotte, sono da annoverare le gole, alcune grotte rupestri d'epoca preistorica, alcuni vecchi mulini disposti lungo il fiume Alcantara, alcune chiesette rurali antichissime come la Cuba del IX sec. e la chiesa di San Nicola del secolo successivo. Una nuova e giovane classe di amministratori locali sta tentando di armonizzare e coordinare seri programmi di sviluppo economico e turistico (accordo di programma in atto tra i comuni di Francavilla di Sicilia, Castiglione di Sicilia, Motta Camastra, Gaggi, con possibilità di estensione a tutti i comuni della valle dell'Alcantara), con una nuova ed interessante sensibilità alla sovracomunalità, che proietta in una nuova ottica di responsabilità promozionale gli enti locali interessati al proprio futuro.

La basilica della Madonna della Catena, costruita nella prima metà del XVIII secolo, in stìle barocco, è uno dei simboli della fede religiosa dei castiglionesi. Ogni anno, infatti, in essa si svolge, la prima domenica di maggio, una sontuosa festa con affluenza di molta gente. Tratti michelangioleschi contraddistinguono la statua della Madonna della Catena, costituita da un unico blocco di marmo bianco e creata intorno alla metà del XVI secolo da uno dei Gagini, probabilmente Giacomo. Pregevoli sono anche gli stucchi, eseguiti nel 1886-87dalPannucci, il crocifisso ligneo del secolo XVI, attribuito da alcuni a frà Umile Pintorno, le tele della Pentecoste e di S. Marco Evangelista, attribuite al Gramignani, e infine la tela di S Margherita Maria alacoque di Pietro Vanni.

Chiesa di Antonio Abate: La costruzione iniziale risale al 1601, ma solo nel secolo successivo fu arricchita di facciata campanile e marmi. All' interno un interessante gioco dì colori, tra ombre e luci, viene prodotto dai marmi musaicati, eseguiti nel 1712 da Tommaso Amato: l'altare centrale, le lesene laterali, l'arco dell'abside, gli architravi, le due mensole raffiguranti, la prima, una scena di caccia e, la seconda, un pappagallo che divora dei frutti, e il medaglione in marmo intarsiato, che raffigura Sant'Antonio.

D' un certo interesse sono anche la statua in legno del Santo, eseguita da Nicolò Bagnano nel 1818, il confessionale in stile barocco, che ingloba il pulpito, e infine le tele del Tuccari, che raffigurano Sant'Antonio e San Paolo Eremita San Michele Arcangelo che sconfigge Satana e Sant'Antonio tentato dal diavolo sottoforma di donna. La chiesa di San Pietro, sede dell'arcipretura, secondo alcuni fu fondata dal Conte Ruggero nel 1105.

Essa è stata da sempre la matrice e il centro dell' attività religiosa. Fra le sue opere d'arte ricordiamo il seicentesco Crocifisso in legno d'arancio, i ritratti degli arcipreti, alcune tele, fra cui quella di Sant'Anna dovuta al Tuccari, e infine la meridiana, costruita dall'astronomo palermitano Temistocle Zona nel 1882. La lunga tradizione storica, artistica e culturale, ma soprattutto la buona conservazione dei beni ambientali, stanno negli ultimi tempi suscitando un rinnovato interesse a Castiglione, paese scontratosi come tanti altri con grossi . problemi, quali l'emigrazione e l'occupazione.